Abnorme il provvedimento con cui il Gip restituisce gli atti al PM per ritenuta tenuità del fatto

Cassazione sezione I, sentenza n. 15272, ud. 21 dicembre 2016 – deposito del 28 marzo 2017 –  NULLITA’ – ATTI ABNORMI – Richiesta di decreto penale di condanna –– Restituzione degli atti al PM – Ragione- Ritenuta sussistenza della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto – Abnormità.

La Prima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha affermato che è abnorme il provvedimento con il quale il G.i.p., investito della richiesta di emissione di decreto penale di condanna, disponga la restituzione degli atti al Pubblico Ministero, ritenendo sussistente la causa di non punibilità prevista dall’art. 131 bis c.p.

Rileva, infatti, la Corte che le ipotesi in cui è prevista la possibilità di restituzione degli atti al Pubblico Ministero da parte del G.i.p., investito di una richiesta di emissione di decreto penale di condanna, riguardano esclusivamente i profili di legittimità del rito, di qualificazione giuridica del fatto o di idoneità e adeguatezza della pena con riferimento al caso concreto. Al di fuori di queste ipotesi, il G.i.p., innanzi ad un’azione penale già esercitata ai sensi dell’art. 459 co. 1 c.p.p., laddove non ritenga di emettere sentenza ex art. 129 c.p.p., è tenuto ad emettere il decreto di condanna richiesto.

Da ciò discende che la restituzione degli atti basata su un’ipotetica valutazione di applicabilità della particolare causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis c.p. non può ritenersi ammessa dal sistema processuale e concretizza un’ipotesi di abnormità. Tale categoria concettuale nasce, infatti, giusto per porre rimedio a comportamenti procedimentali posti in essere dall’organo giudicante, da cui derivano atti non altrimenti impugnabili in virtù del principio di tassatività delle impugnazioni, ed al contempo espressivi, tuttavia, di uno sviamento della funzione giurisdizionale, non corrispondente al modello previsto dalla legge.

La tenuità del disvalore penale del fatto è, infatti, costruita dalla legge come particolare causa di esclusione della punibilità (istituto di diritto sostanziale) e non come causa di improcedibilià (istituto di natura marcatamente processuale). Né può affermarsi che il G.i.p., innanzi alla richiesta di emissione del decreto penale di condanna, possa emettere, per la ritenuta tenuità del fatto, sentenza di proscioglimento ex art. 129 c.p.p.; e ciò non tanto per via della mancata modifica normativa in sede di riforma ex D.lgs. 28/2015 (che non prevede tale ipotesi, pur tuttavia ricompresa in sede di interpretazione giurisprudenziale; cfr. Sez. Un., 25 febbraio 2016, n. 13681), quanto perché il particolare rito monitorio in parola è, per definizione, privo di contraddittorio. Ragion per cui il destinatario, come l’eventuale persona offesa, non avrebbe la possibilità di esercitare la facoltà di opporsi a una tale pronuncia del Giudice, che deve invece senz’altro essergli riconosciuta (si veda il novellato art. 411, co. 1 bis c.p.p. in materia di procedimento d’archiviazione).

Allo stato attuale della normativa, va pertanto ritenuto che la corretta applicazione dell’istituto di cui all’art. 131 bis c.p.p. debba avvenire esclusivamente in sede di formulazione dell’opposizione al decreto penale di condanna già emesso, e dunque dopo l’instaurazione del contraddittorio, nell’ambito delle opzioni processuali spettanti all’opponente.

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Scarica il testo integrale della sentenza: Cassazione sezione I, sentenza n. 15272

Foto Credits: Di Sergio D’Afflitto, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=16021795

Pubblicato da Valeria Citraro

Laureata in Giurisprudenza con 108/110 presso l'Università degli Studi di Catania, con tesi in Diritto Processuale Penale dal titolo "La chiamata in correità. Struttura e Valutazione Probatoria". Abilitata all'esercizio della professione forense il 30/09/2016 con votazione 405/420.