Abuso edilizio

L’abuso edilizio configura un illecito, posto in essere da chi realizza un’opera edilizia in assenza delle prescritte autorizzazioni o su suolo non edificabile, che può assumere sia rilevanza penale che amministrativa. La precisazione è tutt’altro che irrilevante, atteso che mentre l’illecito penale è soggetto a prescrizione, quello amministrativo no.

Con la sentenza n. 9949/2016, la Corte di Cassazione ha infatti chiarito che l’ordine di demolizione del manufatto abusivo non ha finalità punitive, trattandosi di sanzione amministrativa volta a ripristinare lo stato del bene giuridico leso che contiene un obbligo di fare, imposto per ragioni di tutela del territorio. Per questo motivo, a fronte della sua natura amministrativa, l’ordine di demolizione è imprescrittibile.

L’abuso edilizio, ai sensi dell’art. 44 D.P.R. 380/2001 (TU Edilizia), configura un reato contravvenzionale punibile con l’ammenda e/o con l’arresto, allorquando venga realizzata un’opera edilizia:

  • mediante inosservanza delle norme, delle prescrizioni e delle modalità esecutive previste dal Titolo IV del Testo Unico, in quanto applicabili, e di quelle previste dai regolamenti edilizi, dagli strumenti urbanistici e dal permesso di costruire;
  • in totale difformità o assenza del permesso o di prosecuzione degli stessi nonostante l’ordine di sospensione
  • nel caso di lottizzazione abusiva di terreni a scopo edilizio;
  • in zone sottoposte a vincolo storico, artistico, archeologico, paesistico, ambientale, in variazione essenziale, in totale difformità o in assenza di permesso.

Restano ferme, in ogni caso, le sanzioni amministrative. Si prevede, più in particolare, che le sanzioni penali seguano alla conclusione dell’iter amministrativo. Ai sensi dell’art. 45 D.P.R. 380/2001, infatti, “l’azione penale relativa alle violazioni edilizie rimane sospesa finché non siano stati esauriti i procedimenti amministrativi di sanatoria di cui all’art. 36″.

L’art. 27 comma 4 del Dpr 380/2001 stabilisce che gli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria, in caso  di accertata o presunta violazione urbanistico-edilizia, danno immediata comunicazione all’autorità giudiziaria  e al dirigente del competente ufficio comunale, il quale verifica entro trenta giorni la regolarità delle opere e dispone gli atti conseguenti.

Il soggetto che esercita la vigilanza sull’attività urbanistico edilizia è infatti, dall’art. 27 TU edilizia, individuato nel dirigente o nel responsabile del competente ufficio comunale. Sussiste anche la generale competenza del Corpo di Polizia Municipale all’acquisizione dei fatti e di tutti gli altri elementi, la cui conoscenza risulta prodromica e strumentale alla repressione degli abusi edilizi.

Qualora sia accertata l’esecuzione di interventi in assenza di permesso o realizzati in totale difformità dal medesimo o, ancora, con variazioni particolarmente rilevanti, il dirigente o il responsabile dell’ufficio, ordina l’immediata sospensione dei lavori, che ha effetto fino all’adozione dei provvedimenti definitivi, da adottare e notificare entro 45 giorni dall’ordine di sospensione dei lavori. Viene, dunque, compiuta un’attività istruttoria ed acquisito eventualmente il parere della Commissione edilizia. Successivamente sarà emesso il provvedimento conclusivo che potrà consistere nell’ordine di demolizione o nell’irrogazione di una sanzione pecuniaria.

Ove si ingiunga al proprietario e al responsabile dell’abuso  la demolizione dell’opera, e non si provveda al ripristino dello stato dei luoghi nel termine di 90 giorni dall’ingiunzione, il bene, l’area di sedime (la parte del suolo su cui l’opera è stata costruita) e quella necessaria alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive sono acquisiti di diritto gratuitamente al patrimonio del Comune.

La lottizzazione abusiva ha una potenzialità lesiva più estesa di quella del singolo abuso edilizio, poiché incide sull’interesse pubblico primario alla corretta urbanizzazione del territorio. Essa viene infatti qualificata come un illecito permanente e insanabile, proprio poiché produce una deviazione dagli scopi stabiliti con la pianificazione urbanistica e lede perciò l’essenziale prerogativa comunale della programmazione in materia di governo del territorio. Ne consegue che la fattispecie della lottizzazione abusiva è distinta da quella delle singole costruzioni prive di titolo abilitativo, e non può essere applicata ad essa la disciplina sul condono edilizio.

Per integrare il reato di lottizzazione abusiva, diversamente dal mero abuso edilizio, è dunque necessaria una illegittima trasformazione urbanistica od edilizia del territorio, di consistenza tale da incidere in modo rilevante sull’assetto urbanistico della zona; ne consegue che il giudice deve verificare, nei singoli casi, se le opere ritenute abusive abbiano una valenza autonomamente punibile come mero abuso edilizio ai sensi dell’articolo 44, comma 1, d.P.R. n. 380 del 2001, ovvero se esse siano idonee a conferire all’area un diverso assetto territoriale, con conseguente necessità di predisporre nuove opere di urbanizzazione o di potenziare quelle già esistenti, in tal modo sottraendo le relative scelte di pianificazione urbanistica agli organi competenti.

Il Testo Unico prevede anche che il giudice penale, con la sentenza definitiva con la quale accerta che vi è stata lottizzazione abusiva, debba disporre la confisca dei terreni abusivamente lottizzati e delle opere abusivamente costruite.

La confisca comporta l’acquisizione gratuita e di diritto dei terreni al patrimonio del Comune nel cui territorio è avvenuta la lottizzazione.

La responsabilità della conformità delle opere alla normativa urbanistica e alle previsioni di piano spetta, ai sensi dell’art. 29 D.P.R. n. 380/2001, congiuntamente al titolare del permesso di costruire, al committente e al costruttore. Tali soggetti sono responsabili, insieme al direttore dei lavori, anche della conformità delle opere alle previsioni del permesso e alle modalità esecutive da questo stabilite. I medesimi soggetti, poi, sono chiamati a pagare le sanzioni pecuniarie e a farsi carico in solido delle spese per l’esecuzione in danno, in caso di demolizione di opere realizzate abusivamente.

Nei confronti del direttore dei lavori, è lo stesso Testo Unico a prevedere un’ipotesi di esonero da responsabilità nel caso in cui egli abbia contestato la violazione delle prescrizioni del permesso di costruire agli altri soggetti (ad esclusione delle varianti in corso d’opera) e abbia contemporaneamente comunicato in maniera motivata la violazione stessa al dirigente o al responsabile del competente ufficio comunale. L’esonero da responsabilità, nel caso in cui vi sia totale difformità o variazione essenziale rispetto al permesso di costruire, presuppone anche la rinuncia all’incarico, contestuale alla comunicazione al dirigente.
La natura di reati “propri” degli illeciti previsti dalla normativa edilizia non esclude che soggetti diversi da quelli individuati dall’art. 29, comma 1, possano concorrere nella loro consumazione, in quanto apportino, nella realizzazione dell’evento, un contributo causale rilevante e consapevole (Cass., Sez. III, sent. n. 14558 del 2018; nella specie si trattava degli operai, materiali esecutori dei lavori abusivi).
La comprovata esecuzione dell’opera abusiva in un periodo precedente al subentro nella titolarità dell’immobile da parte del nuovo acquirente non esonera, invece, quest’ultimo da obblighi e responsabilità di tipo amministrativo; mentre in sede penale, egli dovrà adoperarsi per dimostrare la sua effettiva estraneità dall’aver commesso il fatto, per essere assolto dall’accusa formulata contro di lui. Il nuovo proprietario non potrà, dunque, esimersi dalla demolizione e sottrarsi all’ordine addossando la responsabilità a terzi o precedenti proprietari.

L’abuso edilizio configura un reato contravvenzionale di tipo permanente, che ha inizio con l’avvio dell’opera per la realizzazione e termina con la sua cessazione.

Attesa la natura permanente del reato urbanistico, si è affermato che il divieto di un secondo giudizio opera soltanto con riferimento alla condotta posta in essere nel periodo oggetto di contestazione nei capi di imputazione e non riguarda, invece, l’eventuale protrazione o ripresa della condotta in un periodo successivo, rispetto alla quale rimane impregiudicata l’azione penale e la qualificazione conseguente del fatto (Cass., Sez. III, Sent. n. 10486 del 2016).

I termini di prescrizione ai sensi dell’art. 157 c.p. sono fissati a:
  • 4 anni, in assenza di atti interruttivi della prescrizione (ad es. in assenza di procedimento penale, in quanto nessuno si accorga o denunci la relativa violazione);
  • 5 anni, se c’è stato un atto interruttivo (ad esempio in caso di decreto di citazione a giudizio).

Il termine di prescrizione comincia a decorrere dall’accertamento dell’opera abusiva ovvero dal sequestro della stessa, qualora vi sia. In mancanza di iscrizione della notizia nel registro delle notizie di reato, dell’accertamento della stessa e del sequestro, la prescrizione decorre dalla cessazione dell’attività che si ha:

  • con l’ultimazione dei lavori per completamento dell’opera;
  • con la sospensione dei lavori volontaria o imposta (ad esempio mediante sequestro penale);
  • con la sentenza di primo grado, se i lavori continuano dopo l’accertamento del reato e sino alla data del giudizio.

La Suprema Corte (sez. III penale, sent. n. 7044 del 18.2.2015) ha chiarito che il momento di consumazione dei reati edilizi – anche ai fini della prescrizione – debba coincidere con il completamento di tutte le opere necessarie (comprese le rifiniture interne ed esterne), affinché l’immobile risulti funzionale alla sua destinazione.

È possibile porre rimedio ad un abuso edilizio, mediante un accertamento di conformità o più comunemente con una sanatoria. Le norme che disciplinano l’istituto della sanatoria edilizia sono gli artt. 36 e 37 del D.P.R. 380/01.

Tale disposizione prevede che il permesso in sanatoria possa essere concesso solamente ricorrendo la c.d. doppia conformità. Il provvedimento, cioè, può essere rilasciato solamente nel caso in cui l’opera realizzata, pur non autorizzata, sia rispettosa della disciplina urbanistica ed edilizia comunale, con riferimento sia a quella vigente al momento dell’effettuazione dell’intervento, sia a quella vigente al momento della presentazione della richiesta in sanatoria.

Il permesso in sanatoria, pertanto, riguarda solo gli abusi edilizi formali, dovuti alla mera mancanza delle prescritte autorizzazioni o dalla difformità delle opere realizzate rispetto a quelle previste nel progetto approvato, ove l’intervento effettuato, invece, risulta rispettoso dal punto di vista sostanziale della vigente disciplina urbanistico-edilizia.

Con sentenza del 16 aprile 2016, la sentenza n. 15427, le Sezioni Unite, in materia di prescrizione dei reati urbanistici nel caso in cui l’imputato chiede la sospensione del processo in attesa di una sanatoria dell’abuso edilizio, hanno chiarito che la presentazione d’istanza di accertamento di conformità sospende il processo e dunque i cinque anni previsti ai fini della prescrizione non decorrono; la prescrizione decorre se l’ente preposto, non si pronuncia nei 60 giorni (silenzio-rigetto).

L’eliminazione dell’opera abusiva, attraverso la sua demolizione o la rimessione in pristino dello stato dei luoghi determina la cessazione della permanenza dell’illecito penale. In tal caso, è possibile l’applicazione della causa di non punibilità per la particolare tenuità del fatto prevista dall’art. 131 bis c.p., introdotto dal d.lgs. 16 marzo 2015, n. 28.

Pubblicato da Valeria Citraro

Laureata in Giurisprudenza con 108/110 presso l'Università degli Studi di Catania, con tesi in Diritto Processuale Penale dal titolo "La chiamata in correità. Struttura e Valutazione Probatoria". Abilitata all'esercizio della professione forense il 30/09/2016 con votazione 405/420.