Cass. IV 28187/17: ambito di applicazione del nuovo art. 590 sexies c.p. e questioni di diritto intertemporale

Corte di Cassazione, Sezione Quarta Penale

Sentenza n. 28187 ud. 20/04/2017 – deposito del 07/06/2017

PROFESSIONISTI – MEDICI E CHIRURGHI – LEGGE 8 MARZO 2017, N. 24 – ART. 590-SEXIES C.P. – RESPONSABILITÀ COLPOSA PER MORTE O LESIONI PERSONALI IN AMBITO SANITARIO – CRITERI INTERPRETATIVI – INDIVIDUAZIONE.

La Quarta Sezione ha reso importanti principi in tema di responsabilità penale in ambito sanitario, affermando tra l’altro che il nuovo quadro disciplinare dettato dall’art. 590–sexies cod. pen. (disposizione introdotta dalla legge n. 24 del 2017) non trova applicazione:

– negli ambiti che, per qualunque ragione, non siano governati da linee guida;

– nelle situazioni concrete in cui tali raccomandazioni debbano essere radicalmente disattese per via delle peculiarità della condizione del paziente o per qualunque altra ragione imposta da esigenze scientificamente qualificate;

– nelle condotte che, sebbene poste in essere dell’ambito di approccio terapeutico regolato da linee guida pertinenti e appropriate, non risultino per nulla disciplinate in quel contesto regolativo, come nel caso di errore nell’esecuzione materiale di atto chirurgico pur correttamente impostato secondo le relative linee guida.

Ha inoltre affermato che per i fatti anteriori può trovare ancora applicazione, ai sensi dell’art. 2 cod. pen., la disposizione di cui all’abrogato art. 3, comma 1, della legge n. 189 del 2012 che aveva escluso la rilevanza penale delle condotte lesive connotate da colpa lieve, nei contesti regolati da linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica.


Atteso che il quadro normativo attinente la responsabilità colposa del sanitario è stato interessato da plurimi interventi riformatori negli ultimi anni, la Corte si sofferma sulla portata dell’ultima novellazione – legge n. 24 dell’ 8 marzo 2017 -, anche al fine di dirimere le questioni di diritto intertemporale ad essa conseguenti.

Viene, a tal fine, in rilievo l’art. 6 della citata Legge, che ha introdotto nel codice penale l’art. 590 sexies, “Responsabilità colposa per morte o lesioni personali in ambito sanitario”, il quale recita:

“Se i fatti di cui agli articoli 589 e 590 sono commessi nell’esercizio della professione sanitaria, si applicano le pene ivi previste salvo quanto disposto dal secondo comma.

Qualora l’evento si sia verificato a causa di imperizia, la punibilità è esclusa quando sono rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge ovvero, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico-assistenziali, sempre che le raccomandazioni previste dalle predette linee guida risultino adeguate alle specificità del caso concreto”.

La lettura della norma ha subito messo in luce alti dubbi interpretativi. Non si comprende, innanzitutto, come potrebbe essere chiamato a rispondere di un evento lesivo l’autore che, avendo rispettato le raccomandazioni espresse da linee guida qualificate e pertinenti in un modo che risulti adeguato al caso concreto, sia evidentemente immune da colpa. L’inciso di cui al secondo comma parrebbe affermare l’ovvio, sennonché esso trova applicazione quando l’evento si è verificato a causa di imperizia: si è in colpa per imperizia o non lo si è visto che sono state rispettate le codificate leges artis? L’incompatibilità logica dell’enunciato è lampante e “drammatica”.

Può, tuttavia, ipotizzarsi che il Legislatore abbia voluto escludere la punibilità del sanitario che, pur avendo cagionato un evento lesivo per imperizia, abbia fatto applicazione di direttive qualificate, pur se estranee al momento topico in cui l’imperizia lesiva si era realizzata.

Il tema richiede, allora, chiarificazioni in merito alle linee guida e alla loro utilizzazione. La Corte ha più volte avuto occasione di chiarire che le linee guida costituiscono sapere scientifico e tecnologico codificato e reso disponibile in forma condensata, in modo che possa fungere da guida per orientare efficientemente e in maniera appropriata le decisioni terapeutiche. Si tratta di regole oggettivizzate, uniformate, sì da sottrarle all’arbitrio del terapeuta.

Esse hanno dunque un evidente contenuto orientativo, esprimendo raccomandazioni. Esse vanno distinte dagli strumenti di normazione più rigidi e prescrittivi, quali i c.d. protocolli. Ne deriva che le linee guida, a differenza dei protocolli, vanno applicate senza automatismi, ma rapportandole alle peculiari specificità di ciascun caso clinico, ben potendo il professionista modellarle sulla base delle contingenze che gli si prospettano nel corso del trattamento o addirittura derogarvi radicalmente.

Tale puntualizzazione aiuta meglio a comprendere il senso del comma 2 del neo art. 590 sexies c.p.: affinché sia esclusa la responsabilità del sanitario egli non solo deve aver osservato linee guida accreditate presso la Comunità Scientifica, ma occorre altresì che esse siano appropriate al caso concreto, ovvero che non vi erano ragioni per cui occorreva discostarsene radicalmente.

Qualora le linee guide risultino inappropriate e vanno quindi disattese, non viene in rilievo l’art. 590 sexies, ma trova applicazione la generale disciplina di cui agli artt. 43, 589 e 590 c.p.

Inoltre, il Legislatore – con scelta sovrana, ma con espressione lessicalmente infelice – ha ritenuto di limitare l’effetto innovativo apportato con la riforma alle sole situazioni riconducibili alla sfera dell’imperizia, cioè al profilo della colpa che involge la violazione delle leges artis, manifestando la volontà di chiudere con le discussioni ed incertezze verificatesi nella prassi in ordine all’inosservanza delle linee guida a seguito di negligenza.

Tale ricostruzione ermeneutica della novella evidenza problemi di diritto intertemporale con riferimento ai fatti compiuti in epoca anteriore alla sua entrata in vigore.

La riforma ha infatti comportato l’abrogazione dell’art. 3 della Legge Balduzzi, con ciò implicando la riviviscenza della previgente e più severa normativa che non consentiva distinzioni tra colpa grave e colpa lieve. La novella del 2017 non contiene, infatti, alcun riferimento al grado della colpa. Ai sensi dell’art. 2 c.p., il nuovo regime tuttavia deve applicarsi ai soli fatti commessi in epoca successiva alla riforma.

Per i fatti commessi anteriormente, deve – sempre ai sensi del citato art. 2  – trovare applicazione la normativa del 2012, che appare più favorevole con riguardo alla limitazione della responsabilità ai soli casi di colpa grave.

Scarica il testo integrale della sentenza:

Cass_IV_sentenza_28187_del_2017

Pubblicato da Valeria Citraro

Laureata in Giurisprudenza con 108/110 presso l'Università degli Studi di Catania, con tesi in Diritto Processuale Penale dal titolo "La chiamata in correità. Struttura e Valutazione Probatoria". Abilitata all'esercizio della professione forense il 30/09/2016 con votazione 405/420.