Sì alla provvisionale proposta per la prima volta in appello

Sez. Un., sentenza 27 ottobre 2016 – deposito del 15 dicembre 2016, n. 53153 .


Questa, la questione rimessa alle Sezioni Unite:

Se violi il principio devolutivo e il divieto di reformatio in peius la sentenza di appello che accolga la richiesta di una provvisionale proposta per la prima volta in quel giudizio della parte civile non appellante”.

Le Sezioni Unite rispondono negativamente, rilevando come, nel caso di specie, non avendo la parte civile proposto alcuna richiesta di provvisionale nel corso del giudizio di primo grado, la sentenza del primo Giudice, che contiene una generica condanna al risarcimento del danno, non si sia pronunciata altrimenti sul tema della provvisionale.

Una violazione del principio devolutivo e del divieto di reformatio in peius si sarebbe potuta registrare, infatti, solo nella diversa ipotesi in cui la richiesta di provvisionale fosse stata avanzata dalla parte civile in primo grado ed ivi respinta; sicchè, in assenza di un’impugnazione sul punto ad opera della medesima,  non sarebbe stata certo consentita la condanna – in sede di appello – al pagamento di una provvisionale in favore della parte civile.

L’applicazione del principio devolutivo avrebbe, infatti, impedito al Giudice di seconde cure di conoscere della richiesta di condanna al pagamento di una provvisionale, in mancanza di una doglianza espressa della parte civile con apposito atto d’appello.

Ciò premesso, le Sezioni Unite, passano alla verifica circa la possibilità di qualificare come domanda nuova – rispetto al contenuto della domanda risarcitoria – la richiesta di provvisionale presentata dalla parte civile.

In sede civile, la Corte di legittimità ha, invero, da tempo affermato che la domanda si qualifica come nuova, solo ove ampli il petitum o introduca in giudizio una pretesa avente presupposti differenti da quelli della domanda originaria (Sez. Un. Civili, sent. 7 aprile 1962, n. 592). La richiesta di provvisionale, sulla base di tale principio, non costituisce dunque una domanda nuova.

Occorre, allora, verificare quale valenza possa essere assegnata ai principi civilisti, ove l’azione risarcitoria sia esercitata nell’ambito del processo penale.

Conseguentemente, deve ritenersi che la richiesta di provvisionale non costituisca una domanda nuova, rispetto a quella orginaria di tipo risarcitorio.

Tale conclusione ben aderisce al prevalente insegnamento espresso dalla giurisprudenza di legittimità secondo cui l’assegnazione di una provvisionale in sede penale – ai sensi dell’art. 539, comma 2, c.p.p. – ha carattere meramente delibativo e non è idonea ad acquisire efficacia di giudicato in sede civile.

La natura anticipatoria della funzione della provvisionale, poi, permette di affermarne la soggezione al principio rebus sic stantibus, dovendo essere disposta con riferimento ai “limiti del danno per cui si ritiene già raggiunta la prova” e per soddisfare le esigenze di anticipazione della liquidazione del danno, in favore della parte civile, insorte per effetto della durata del processo.

Se ne deduce che l’aggravamento delle condizioni del creditore danneggiato legittima la parte civile ad avanzare la richiesta di provvisionale, per la prima volta, nel giudizio di appello; ciò in quanto la clausola rebus sic stantibus permette che fatti nuovi, verificatisi nella sfera del danneggiato, siano in grado di incidere sulla futura liquidazione definitiva del danno.

Ancora, va richiamato – a sostegno del superiore argomentare – il principio per cui, il Giudice di secondo grado che, su impugnazione del solo Pubblico Ministero, condanni l’imputato assolto in primo grado, deve decidere sulla domanda per le restituzioni e il risarcimento del danno, anche quando la parte civile non abbia proposto impugnazione (cfr. S.U., 10 luglio 2002, n. 30327). Trattasi del principio di immanenza della costituzione di parte civile nel processo.

Resta, allora, da verificare se l’accoglimento della richiesta di provvisionale determini la violazione del divieto di reformatio in peius.

Le Sezioni Unite, osservano, che in caso di rigetto della richiesta di provvisionale presentata in primo grado, è l’applicazione del principio devolutivo e non già il divieto peggiorativo, che impedisce di attribuire al Giudice di secondo grado la cognizione del punto della sentenza relativo all’intervenuto rigetto della richiesta di condanna alla provvisionale, in mancanza di impugnazione della parte civile.

Secondo l’indirizzo prevalente in giurisprudenza infatti, va escluso che il contenuto del divieto di reformatio in peius abbia portata tale da estendersi alle statuizioni civili, trattandosi di un limite al potere punitivo dello Stato, che non si applica all’istanza risarcitoria oggetto dell’azione civile.

Orientamento che le Sezioni Unite mostrano di condividere. L’art. 597, comma 3, c.p.p., detta prescrizioni volte a impdire, per il caso dell’appello del solo imputato, che la sentenza di secondo grado contenga statuizioni che aggravano il trattamento sanzionatorio o che venga adottata una formula di proscioglimento meno favorevole. Nell’ambito del divieto peggiorativo normativamente definito, si rivengono dunque diverse ipotesi di pronuncie a contenuto peggiorativo che, tuttavia, involgono unicamente la statuizioni penali della decisione.

Ne deriva che il potere decisorio del Giudice di seconde cure, rispetto alle statuizioni civili, non risulta attinto da tale regola limitativa.

Segue l’enunciazione del seguente principio di diritto:

Non viola il principio devolutivo né il divieto di reformatio in peius la sentenza di appello che accolga la richiesta di una provvisionale proposta per la prima volta in quel giudizio dalla parte civile non appellante”.

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Pubblicato da Valeria Citraro

Laureata in Giurisprudenza con 108/110 presso l'Università degli Studi di Catania, con tesi in Diritto Processuale Penale dal titolo "La chiamata in correità. Struttura e Valutazione Probatoria". Abilitata all'esercizio della professione forense il 30/09/2016 con votazione 405/420.