L’ archiviazione della notizia di reato

Qualora, all’esito delle indagini preliminari, il Pubblico Ministero ritiene l’infondatezza della notizia di reato, in quanto gli elementi acquisiti non sono idonei a sostenere l’accusa in giudizio, anziché esercitare l’azione penale, formula una richiesta di archiviazione al G.i.p. (art. 125 disp. att. c.p.p.). Si ritiene che gli elementi raccolti durante le indagini sono idonei a sostenere l’accusa in giudizio quando si prevede che essi, a seguito del dibattimento, possano condurre a una sentenza di condanna. Nell’effettuare tale valutazione, occorre – con ogni evidenza – tener in conto anche le eventuali prove che potrebbero essere assunte in un eventuale dibattimento, potendosi concludere per l’archiviazione quando le si ritenga inidonee a portare nuovi elementi in giudizio, tali da mutare la situazione cristallizzata all’esito delle indagini.

La valutazione effettuata dal Pubblico Ministero va sottoposta al vaglio del Giudice per le indagini preliminari, che pronuncia l’archiviazione quando ritiene, allo stato degli atti, che la notizia di reato sia infondata (art. 408 c.p.p.). Trattasi di un giudizio prognostico sull’esito di un eventuale dibattimento, ritenendosi probabile la pronuncia di una sentenza di assoluzione.

Oltre che per infondatezza della notizia di reato, deve disporsi l’archiviazione, ai sensi dell’art. 441 c.p.p., anche qualora:

  1. manchi una condizione di procedibilità;
  2. il reato è estinto (es. prescrizione);
  3. il fatto non è previsto dalla legge come reato (es. depenalizzazione).

A queste ipotesi, si aggiungano anche quella in cui gli autori del reato siano rimasti ignoti, nonché l’ipotesi introdotta dal D.lgs. 28/2015 di archiviazione per particolare tenuità del fatto ove, nel corso delle indagini, il Pubblico Ministero accerti la sussistenza dei presupposti previsti dall’art. 131 bis c.p.

Insieme alla richiesta di archiviazione, il Pubblico Ministero deve trasmettere al G.i.p. il fascicolo delle indagini contenente la notizia di reato, la documentazione relativa agli di atti di indagine espletati, nonché i verbali degli atti compiuti davanti al Giudice.

La persona offesa va avvisata della richiesta quando abbia chiesto, in precedenza, di esserne informata. In tal caso, la stessa dovrà essere altresì avvisata che, nel termine di dieci giorni, può prendere visione degli atti e presentare opposizione all’archiviazione. Qualora, tuttavia, si proceda per delitti commessi con violenza alla persona, il comma 3 bis dell’art. 408 c.p.p. prevede che il Pubblico Ministero debba sempre notificare il predetto avviso all’offeso (quindi anche in assenza di una apposita richiesta in tal senso) ed il termine per presentare opposizione viene raddoppiato (20 giorni, in luogo di dieci).

Se l’offeso non presenta opposizione (si noti come tale facoltà spetti a prescindere dall’avviso) o la stessa è inammissibile, il G.i.p. effettua un controllo sulla richiesta presentata dal P.M. in assenza di contraddittorio e se accoglie la richiesta, emette de plano il decreto di archiviazione; viceversa, il G.i.p. dovrà fissare la data di un’udienza in camera di consiglio, alla quale potranno partecipare (con diritto di preavviso) il Pubblico Ministero, la persona offesa, l’indagato e il suo difensore (cfr. art. 409 c.p.p.). Il G.i.p. è altresì obbligato a fissare l’udienza camerale, qualora la persona offesa abbia presentato una opposizione ammissibile, in quanto contenente l’indicazione dell’oggetto delle ulteriori indagini richieste e i relativi elementi di prova. Si noti che nei casi in cui viene disposta l’udienza (e cioè se è stata presentata opposizione o se il G.i.p. ritiene di non accogliere, in prima battuta, la richiesta del Pubblico Ministero), il Procuratore generale presso la Corte d’appello ne riceve comunicazione e può avocare il procedimento.

All’esito dell’udienza camerale, il G.i.p. può adottare vari provvedimenti. Può, innanzitutto, disporre l’archiviazione della notizia di reato con ordinanza, ricorribile per Cassazione soltanto nei casi di nullità di cui all’art. 127 comma 5 (rectius, omissione degli avvisi alle parti, ovvero omessa audizione degli interessati). Può, sempre con ordinanza, indicare al P.M. ulteriori indagini, ritenute necessarie, da svolgere, fissando a tal fine un termine indispensabile per il loro compimento; compiute le quali, il Pubblico Ministero potrà valutare diversamente i risultati e formulare l’imputazione o rimanere convinto dell’infondatezza della notizia di reato e  presentare una nuova richiesta di archiviazione.

Il Giudice, ancora, può disporre che il Pubblico Ministero formuli l’imputazione entro dieci giorni. E’ questa l’ipotesi della c.d. imputazione coatta, che ha luogo quando il G.i.p., sulla base degli stessi atti che avevano determinato il P.M. ad archiviare, giunge ad una valutazione opposta. Si noti tuttavia come, ai fini del rispetto del principio di separazione delle funzioni, spetterà comunque al Pubblico Ministero scegliere l’imputazione da formulare, optando chiaramente per quella che riterrà maggiormente conforme alla legge. Entro due giorni dalla formulazione dell’imputazione, il Giudice fisserà con decreto la data dell’udienza preliminare. Si tratta di una forma particolare di udienza preliminare, in quanto non proceduta da una richiesta di rinvio a giudizio.

Altra ipotesi decisoria del G.i.p., non espressamente codificata, ma pacificamente ammessa dalla giurisprudenza, consiste infine nel poter di ordinare che, nel registro delle notizie di reato, siano iscritti i nominativi di soggetti mai prima indagati e per i quali il Pubblico Ministero non abbia formulato alcuna richiesta (cfr. SU, 31 maggio 2005, dep. 17 giugno 2005, Minervini); nonché ordinare che sia iscritto, nei confronti di persona già indagata, un ulteriore e differente reato da quello già addebitato dal Pubblico Ministero. Non può, tuttavia, in relazione al “nuovo” reato ordinare l’imputazione coatta: un atto del genere sarebbe abnorme, in virtù del principio di separazione delle funzioni (v. S.U., 28 novembre 2013, Leka).

Fonti:
  • Manuale di Diritto Processuale Penale, P. Tonini, Giuffè, 2016.

Pubblicato da Valeria Citraro

Laureata in Giurisprudenza con 108/110 presso l'Università degli Studi di Catania, con tesi in Diritto Processuale Penale dal titolo "La chiamata in correità. Struttura e Valutazione Probatoria". Abilitata all'esercizio della professione forense il 30/09/2016 con votazione 405/420.