L’immediata declaratoria di determinate cause di non punibilità, in ogni stato e grado del processo (art. 129 c.p.p.)

Esigenze di economica processuale, nonché, in via subordinata, di attuazione del principio del favor rei, impongono di arrestare immediatamente lo svolgimento del processo e di far venir meno la qualità di imputato non appena sorga la possibilità di pronunciare una sentenza di proscioglimento.

Ampia è la gamma delle formule di immediata declaratoria di non punibilità contemplata dall’art. 129 c.p.p., disposte secondo un ordine di priorità improntato alla tutela dell’innocenza dell’imputato: il fatto non costituisce reato ovvero non è previsto dalla legge come reato, non doversi procedere per mancanza di una condizione di procedibilità o per le ipotesi di violazione del divieto del bis in idem.

Poiché nella fase delle indagini preliminari non esiste un Giudice che procede, l’immediata declaratoria di cui all’art. 129 c.p.p. è destinata ad operare  in ogni stato e grado del processo, e non già del procedimento. Nella fase delle indagini preliminari, tuttavia, un compito equipollente è svolta dall’istituto dell’archiviazione della notizia di reato, oltre che per infondatezza, anche per la mancanza di una condizione di procedibilità, per estinzione del reato o per l’essere il fatto non previsto dalla legge come reato (v. art. 408 c.p.p.).

Per quanto, invece, riguarda le sentenze di non luogo a procedere emesse all’esito dell’udienza preliminare, giova osservare come le relative formule non coincidono con quelle di cui all’art. 129 c.p.p. Residuano, infatti, le sentenze che dichiarano trattarsi di persona non punibile per qualsiasi causa. Inoltre, l’art. 425 comma 3 abilita, inoltre, il Giudice ad emettere sentenza di non luogo a procedere anche quando gli elementi acquisiti risultino insufficienti, contraddittori o comunque non idonei a sostenere l’accusa in giudizio. In tale specifica ipotesi, la sentenza di non luogo a procedere dovrà, in particolare, fondarsi sulla previsione che l’eventuale istruzione dibattimentale non possa fornire utile apporti per superare il quadro di insufficienza o contraddittorietà probatoria, diversamente dovrà emettersi decreto di rinvio a giudizio (cfr. C.Cost. sent. 71/1996).

Inoltre, si è ritenuto che il G.u.p., investito della richiesta del Pubblico Ministero di rinvio a  giudizio, non può emettere sentenza di non doversi procedere per la ritenuta sussistenza di una causa di non punibilità senza la previa fissazione dell’udienza in camera di consiglio, posto che l’art. 129, operando in ogni stato e grado del processo, presuppone un esercizio della giurisdizione con effettiva pienezza del contraddittorio (cfr. S.U. 25 gennaio 2005, n 12283).

Con riguardo ai procedimenti speciali, l’applicazione dell’art. 129 c.p.p., che il Giudice ha il dovere di vagliare preliminarmente rispetto alla valutazione del merito della richiesta, impedisce l’accoglimento dell’istanza, rispettivamente, di applicazione della pena su richiesta delle parti (v. art. 444 comma 2) o di emissione del decreto penale (v. art. 459 comma 3). Lo stesso parrebbe non potersi affermare con riguardo al giudizio immediato, atteso che dalla lettera dell’art. 455 c.p.p. risulta che al Giudice è demandata solo una delibazione sulla scelta del rito, con ciò escludendosi l’operatività dell’art. 129.

Nella fase degli atti preliminari al dibattimento, il proscioglimento anticipato è appositamente disciplinato dall’art. 469 c.p.p. L’immediata declaratoria ex art. 129 c.p.p. è ammessa con le sole formule relative all’improcedibilità dell’azione ed all’estinzione del reato, sempre che l’accertamento di tali cause emerga già dagli atti contenuti nel fascicolo trasmesso al collegio e che le parti, messe in condizioni di interloquire, non si siano opposte alla medesima. Non trova spazio, invece, il proscioglimento nel merito, non potendosi in quella sede pronunciare sentenze di assoluzione; in tal caso occorrerà procedere al giudizio, anche se dagli atti risulta evidente la prova dell’innocenza dell’imputato.

Nei giudizi di impugnazione, l’applicabilità dell’art. 129 anche ex officio configura, invece, una deroga all’effetto parzialmente devolutivo dell’appello (art. 597) e al giudizio di Cassazione quale controllo di legittimità vincolato ai motivi (art. 606) che, in tali ipotesi, emetterà sentenza di annullamento senza rinvio.

Occorre, tuttavia, precisare che l’atto di impugnazione deve essere idoneo a produrre l’impulso necessario per l’instaurazione del giudizio di impugnazione, contenendo tutti i requisiti di legge, con la conseguenza che l’inammissibilità (originaria, non sopravvenuta) del gravame impedisce di rilevare e dichiarare, ai sensi dell’art. 129 c.p.p., eventuali cause di non punibilità.

Le Sezioni Unite hanno precisato, tuttavia, che la remissione di querela intervenuta, in pendenza del ricorso per Cassazione e ritualmente accettata, determina la estinzione del reato che prevale su eventuali causa di inammissibilità e va rilevata e dichiarata dal Giudice di legittimità, purché il ricorso sia stata tempestivamente proposto (c. S.U. 25 febbraio 2004, n. 24246).

Né l’inammissibilità dell’impugnazione impedisce la declaratoria di estinzione del reato per prescrizione, qualora altro imputato abbia proposto valido atto di gravame, atteso che l’effetto estensivo dell’impugnazione produce i suoi effetti anche con riferimento all’imputato non ricorrente o il cui ricorso sia inammissibile (cfr. Cass. sez. IV, n. 10180/2004).

Il comma 2 dell’art. 129 invece, disponendo che occorre pronunciare il proscioglimento nel merito anche in presenza di una causa estintiva del reato, contiene una regola di giudizio, nel senso della prevalenza della formula di merito su quella estintiva, ed una regola istruttoria, secondo la quale tale prevalenza deve risultare evidente dagli atti; ciò vale a dire che la prova della sussistenza dei presupposti per la pronuncia della formula di merito deve essere già stata acquisita allorchè si accerti la causa estintiva, non essendo invece necessario anche che emerga ictu oculi.

Per le sentenze di assoluzione la prevalenza della formula di merito vale anche quando manca, è insufficiente o contraddittoria la prova che il fatto sussista o che l’imputato lo abbia commesso, che il fatto costituisca reato o sia stato commesso da persona non imputabile (art. 530, comma 2).

Pubblicato da Valeria Citraro

Laureata in Giurisprudenza con 108/110 presso l'Università degli Studi di Catania, con tesi in Diritto Processuale Penale dal titolo "La chiamata in correità. Struttura e Valutazione Probatoria". Abilitata all'esercizio della professione forense il 30/09/2016 con votazione 405/420.