Art. 614 codice penale: Violazione di domicilio

Il delitto di Violazione di domicilio è previsto dall’art. 614 del codice penale, che punisce, a querela di parte, con la reclusione da 6 mesi a 3 anni chiunque “si introduce o si trattiene nell’abitazione altrui, o in altro luogo di privata dimora o nelle appartenenze di essi, contro la volontà espressa o tacita di chi ha il diritto di escluderlo, ovvero vi si introduce clandestinamente o con l’inganno”.

Alla stessa pena soggiace chi si trattiene nei detti luoghi contro l’espressa volontà di chi ha il diritto di escluderlo, ovvero vi si trattiene clandestinamente o con inganno.

Si procede d’ufficio se il fatto è commesso con violenza sulle cose o alle persone ovvero se il colpevole è palesemente armato. Ai fini della configurabilità dell’aggravante è richiesto non un rapporto “occasionale” tra gli atti di violenza e la violazione di domicilio, ma un nesso teleologico tra le due azioni; potendo, diversamente, il delitto di danneggiamento concorrere con quello di violazione di domicilio commesso con violenza sulle cose, se la violenza non costituisce il mezzo per conseguire l’evento del delitto di violazione di domicilio e sia, quindi, la conseguenza di un’azione dei tutto avulsa da quel fine.

Il delitto di Violazione di domicilio è un reato comune, di danno e di evento. L’interesse giuridico tutelato è la libertà domestica e cioè il diritto del cittadino, sancito dalla Costituzione all’art. 14, di vivere liberamente della propria abitazione al riparo da ingerenze o intromissioni arbitrarie.

Quale reato a forma libera, presuppone come condotta l’atto da parte del reo di introdursi o trattenersi nell’abitazione altrui, o in altro luogo di privata dimora o nelle appartenenze di essi senza il consenso dell’utilizzatore. Il trattenersi, in particolare, richiede un pregresso ingresso legittimo, diversamente infatti si applicherebbe la fattispecie di cui al comma primo.

L’analisi del reato in questione presuppone preliminarmente la definizione di due dei suoi elementi tipici quali i concetti di abitazioneprivata dimora e di appartenenze di essi.

L’abitazione è il luogo dove la persona conduce vita domestica in modo definitivo o temporaneo. L’uso deve essere attuale ma non è necessaria la continuità dell’occupazione né la presenza degli occupanti.
 
Per luogo di privata dimora si intende qualsivoglia sito ove taluno si soffermi per svolgervi un’attività inerente alla sua vita privata. È un concetto più ampio di quello di abitazione in quanto ricomprende ambienti in cui non si sviluppa una vera e propria vita domestica, come lo studio professionale, i locali dell’impresa, la camera d’albergo o la cabina di una nave.
Le appartenenze sono costituite dai luoghi che si presentano come accessori rispetto a quelli di privata dimora in quanto predisposti per il loro migliore godimento o servizio: giardini, androni, balconi, rimesse, etc.
Lo ius excludendi ovvero il diritto di escludere altri dalla propria abitazione o dimora spetta al soggetto che legittimamente ed attualmente vi abiti o vi dimori, quindi in misura uguale tanto al marito quanto alla moglie, con la conseguenza che il dissenso dell’uno è in grado di neutralizzare il consenso dell’altro, mentre spetta al legale rappresentante nel caso delle persone giuridiche, o in sua vece dai funzionari, dagli impiegati e dal personale incaricato della sorveglianza.
Ammessa anche la figura del dissenso presunto, allorquando l’introduzione nel domicilio altrui, a prescindere dalle ipotesi di clandestinità e violenza, avvenga per un fine illecito, essendo in tal caso presumibile il dissenso.
Elemento soggettivo del reato è il dolo generico consistente nella consapevolezza di introdursi o di trattenersi nell’abitazione altrui senza o contro il consenso del legittimato.
Il successivo articolo 615 c.p. contempla due ipotesi particolari di violazione di domicilio,  in quanto realizzate da soggetti investiti della qualifica di pubblico ufficiale. Il pubblico ufficiale che, abusando dei poteri inerenti alle sue funzioni, si introduce o si trattiene nei luoghi di cui all’articolo 614 c.p. è punito con la reclusione da 1 a 5 anni.

Pubblicato da Valeria Citraro

Laureata in Giurisprudenza con 108/110 presso l'Università degli Studi di Catania, con tesi in Diritto Processuale Penale dal titolo "La chiamata in correità. Struttura e Valutazione Probatoria". Abilitata all'esercizio della professione forense il 30/09/2016 con votazione 405/420.