Cassazione penale sez. IV,15 febbraio 2017, n. 13497 (deposito 20 marzo ’17)

Cassazione penale sez. IV,15 febbraio 2017,  n. 13497 (deposito 20 marzo ’17) – DIFESA E DIFENSORE NEL PROCESSO PENALE – Patrocinio dei non abbienti: Il Giudice è tenuto ad accogliere l’istanza di patrocinio a spese dello Stato presentata dalla persona offesa dal reato di stalking a prescindere dai limiti di reddito fissati dall’art. 76, co. 1 D.P.R n. 115 del 2002; limiti che, invece, operano quando l’istante è il danneggiato del reato che intenda costituirsi parte civile nel processo penale.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIANCHI Luisa – Presidente –

Dott. DOVERE Salvatore – Consigliere –

Dott. GIANNITI Pasquale – Consigliere –

Dott. RANALDI Alessandro – Consigliere –

Dott. TANGA Antonio Leonar – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da: M.E., nata a (OMISSIS);

avverso l’ordinanza n. 4310/2016 in data 14/09/2016 del Tribunale di Bolzano;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal consigliere Antonio Leonardo Tanga;

lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PINELLI Mario, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

 

1. In data 17 marzo 2016, M.E. presentava, al GUP del Tribunale di Bolzano, istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, specificando ed indicando nella domanda di essere persona offesa per i reati p. e p. dagli artt. 572, 582 e 612 bis c.p., nel procedimento penale n. 7936/2015 R.G.N.R. pendente dinanzi al Tribunale di Bolzano contro C.S..

1.1. Con decreto del 25/05/2016, il Giudice adito “rilevato che difettano le necessarie indicazioni concernenti il reddito proprio e dell’eventuale nucleo familiare”, rigettava l’istanza di ammissione al gratuito patrocinio in quanto “inammissibile ai sensi dell’art. 79, lett. c) TU spese di Giustizia”.

1.2. Con ricorso D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 99, depositato in data 27/06/2016, M.E. proponeva opposizione avverso il predetto provvedimento di rigetto, chiedendone l’annullamento.

1.3. Con l’ordinanza n. 4310/2016 del 14/09/2016, il Tribunale rigettava l’opposizione presentata da M.E. ritenendo che la domanda di ammissione mancasse del requisito previsto a pena di inammissibilità dall’art. 79, lett. c), cit. (dichiarazione sostitutiva di certificazione dei redditi prodotti dall’istante prevista dal D.P.R. n. 445 del 2000, art. 46, comma 1, lett. o)), dichiarazione quest’ultima che, secondo giudicante, deve essere in ogni caso fornita dall’istante anche nell’ipotesi prevista dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 76, comma 4 ter, atteso che detta norma “nella formulazione attuale non prevede una ammissione ex lege al patrocinio della persona offesa dai reati di cui agli art. 572, 582 e 612 bis c.p., indipendentemente dal reddito dell’istante, ovvero che il giudice deve sempre ammettere la persona offesa al beneficio indipendentemente dal reddito”, bensì prevede che il “giudice può ammettere al patrocinio a spese dello stato la persona offesa dai reati di cui agli artt. 572, 583 bis, 609 bis, 609 quater, 609 octies e 612 bis…” e che, pertanto, “nell’esercizio di tale potere il giudice non potrà prescindere dalla valutazione degli elementi di fatto, in particolare dal del reddito della persona offesa”.

2. Avverso tale ordinanza reiettiva, propone ricorso per cassazione M.E., a mezzo del proprio difensore, lamentando (in sintesi giusta il disposto di cui all’art. 173 disp. att. c.p.p., comma 1):

1) Violazione ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 99, comma 4, e art. 360 c.p.c., n. 3), – Violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 76 e 79: sulla erronea e non corretta applicazione della norma di cui dall’art. 79, lett. c), cit. in ordine alle conseguenze derivanti dalla mancata allegazione della dichiarazione sostitutiva di certificazione in ordine ai redditi prodotti dall’istante alla domanda di ammissione al beneficio. Deduce che il Tribunale di Bolzano quale giudice dell’opposizione, anzichè dichiarare l’inammissibilità della domanda avrebbe dovuto acquisire la documentazione reddituale dalla quale desumere la sussistenza delle condizioni di reddito dell’istante ai fini dell’ammissione al beneficio richiesto unitamente agli atti della prima fase, ovvero, in ragione dei poteri integrativi riconosciutigli dalla legge, richiederne la produzione alla parte istante così come dettato dalla sentenza Sez. 4, n. 10730/2016 del 14 marzo 2016;

2) Violazione ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 99, comma 4, e art. 360 c.p.c., n. 3), – Violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 76 e 79: sulla erronea applicazione dell’ipotesi derogatoria prevista dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 76, comma 4 ter. Deduce che l’art. 76 citato, nel determinare le condizioni di ammissione al beneficio in questione e con particolare riferimento al reddito complessivo valutabile, al comma 4 ter, ha, tuttavia, introdotto una espressa deroga ai limiti di reddito previsti dal citato decreto quando, come nel caso di specie, l’istante sia parte lesa per uno dei reati di cui agli artt. 572, 583 bis, 609 bis, 609 quater, 609 octies e 612 bis c.p.. Afferma che il giudice dell’opposizione si è limitato ad una lettura meramente formale del combinato disposto di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 76, e art. 79, lett. c), senza tenere conto che è la stessa ratio della citata deroga normativa a rendere di fatto inoperante la condizione prevista dall’art. 79, lett. c). Sostiene che la ratio della previsione introdotta dal citato art. 76, comma 4 ter, identifichi un’ipotesi derogatoria tout court, che abbandona il criterio obbiettivo/reddituale per spostare l’attenzione alla soggettività della vittima di determinati reati, giudicati dal legislatore meritevoli di accedere al beneficio in parola.

 

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è fondato nei limiti e termini di cui appresso.

4. Mette conto evidenziare che l’art. 76, comma 4 ter, T.U.S.G., dispone: “La persona offesa dai reati di cui agli artt. 572, 583 bis, 609 bis, 609 quater, 609 octies e 612 bis, nonchè, ove commessi in danno di minori, dai reati di cui agli artt. 600, 600 bis, 600 ter, 600 quinquies, 601, 602, 609 quinquies e 609 undecies c.p., può essere ammessa al patrocinio anche in deroga ai limiti di reddito previsti dal presente decreto”.

5. Non appare ultroneo considerare che il comma 4 ter, è stato aggiunto dal D.L. 23 febbraio 2009, n. 11, art. 4, comma 1, convertito, con modificazioni, dalla L. 23 aprile 2009, n. 38, e sostituito dalla L. 1 ottobre 2012, n. 172, art. 9, comma 1, e modificato dal D.L. 14 agosto 2013, n. 93, art. 2, comma 3, convertito, con modificazioni, dalla L. 15 ottobre 2013, n. 119.

5.1. Orbene, la finalità della L. n. 38 del 2009, (e delle successive modificazioni), non può che essere quella di rimuovere ogni possibile ostacolo (anche economico) che possa disincentivare un soggetto, già in condizioni di disagio, ad agire in giudizio. Occorre rilevare che la legge in parola non fa cenno al danneggiato dal reato, che intenda costituirsi parte civile nel processo penale e che può non coincidere con la vittima del reato, ma solo alla persona offesa.

5.2. Ne deriva una prima considerazione: la persona danneggiata dal reato potrà ricorrere al patrocinio solo nel caso in cui il suo reddito non superi i limiti fissati dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 76, comma 1, in linea con la previsione normativa generale.

5.3. Residua, quindi, un problema di natura interpretativa in riferimento alla dizione letterale della norma laddove si enuncia che la vittima “può” e non “deve” essere ammessa al patrocinio anche in deroga ai limiti di reddito previsti dal presente decreto. In altri termini sembrerebbe che il giudice abbia una mera facoltà e non un dovere di accogliere la domanda di fruizione del beneficio.

5.4. Ritiene il Collegio che il termine “può” debba essere inteso come dovere del giudice di accogliere l’istanza “se” presentata dalla “persona offesa” da “uno dei reati di cui alla norma” e all’esito della positiva verifica dell’esistenza di un “procedimento iscritto relativo ad uno dei menzionati reati”.

5.5. Tale interpretazione si impone in prospettiva teleologica posto che la finalità della norma in questione appare essere quella di assicurare alle vittime di quei reati un accesso alla giustizia favorito dalla gratuità dell’assistenza legale.

5.6. Da tali premesse discende che l’istanza di ammissione al patrocino a spese dello Stato proposta dalla persona offesa da uno dei reati elencati dalla norma necessita solo dei requisiti di cui all’art. 79 T.U.S.G., comma 1, lett. a) e b).

5.7. In vero, in mancanza di una espressa disposizione legislativa, il giudice non potrebbe negare l’ammissione al beneficio solo sulla base della mancata allegazione della dichiarazione sostitutiva di certificazione, da parte dell’interessato, attestante la sussistenza delle condizioni di reddito previste dall’art. 76 cit., dato che la norma in parola (il ridetto comma 4 ter) non individua massimi reddituali idonei ad escludere il diritto in argomento; sicchè la produzione di tale attestato s’appalesa del tutto superflua e, perciò, la sua mancanza è inidonea a fondare una pronuncia di rigetto.

 

PQM

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Bolzano.

Così deciso in Roma, il 15 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 20 marzo 2017

Pubblicato da Valeria Citraro

Laureata in Giurisprudenza con 108/110 presso l'Università degli Studi di Catania, con tesi in Diritto Processuale Penale dal titolo "La chiamata in correità. Struttura e Valutazione Probatoria". Abilitata all'esercizio della professione forense il 30/09/2016 con votazione 405/420.