Concussione, art. 317 c.p.

L’art. 317 c.p. disciplina il delitto di concussione, il quale può in prima approssimazione essere definito come una forma di estorsione qualificata dalla natura del soggetto agente.

La struttura di tale norma è stata profondamente modificata dalla L. n. 190/2012, contenente disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nelle pubbliche amministrazioni.

Secondo l’orientamento interpretativo maggioritario, si tratterebbe di un reato plurioffensivo, posto a tutela , da un lato, degli interessi della P.A. (prestigio, decoro, correttezza e probità dei pubblici funzionari) e, dall’altro, anche a tutela della lesione della sfera privatistica del cittadino, dell’integrità del suo patrimonio e della libertà del suo consenso. Soggetti passivi saranno così sia la P.A., che il privato concusso dal pubblico ufficiale.

Quanto alla condotta, essa viene descritta dal legislatore attraverso due momenti distinti:

  1. quello relativo allo strumento utilizzato, l’abuso della qualità o dei poteri;
  2. e quello relativo all’effetto cui l’abuso è preordinato, ovvero costringere il privato a dare o promettere denaro o altre utilità.

La costrizione può essere frutto di una violenza, quanto – più frequentemente – di una minaccia, intesa quale prospettazione di un male ingiusto alla vittima, con la quale vuole porsi una grave limitazione alla libertà di autodeterminazione del privato.

Secondo un certo orientamento, tra gli elementi costitutivi rientrerebbe anche il metus pubblicae potestatis, pur se non espressamente previsto. Ragione per la quale secondo altro orientamento esso non dovere essere considerato.

A seguito della novella 190/2012, la sola condotta oggi costituente concussione è quella attuata mediante costrizione; quella un tempo definita concussione per induzione è invece confluita in una nuova fattispecie penale introdotta ex novo: l’induzione indebita a dare o promettere utilità di cui all’art. 319 quater c.p.

All’indomani della novella si era pertanto posto il problema degli elementi di discrimine tra le due condotte descritte dalle norme. A comporre i contrasti che ne erano derivati sono intervenute le S.U. 24 ottobre 2013, n. 12228, secondo cui la costrizione deve intendersi correlata a una condotta di violenza o minaccia ingenerante nel privato un timore di un male contra ius, per scongiurare il quale il privato si determina ad aderire alla richiesta indebita avanzatagli dal pubblico ufficiale. Viceversa, nell’induzione indebita la vittima della richiesta si determina ad aderirvi al fine di perseguire un proprio vantaggio ingiusto. D’altronde, proprio tale spinta motivante utilitaristica giustifica la punibilità del privato nella nuova fattispecie di cui all’art. 319 quater.

Quanto ai profili di diritto temporale, le stesse S.U. hanno concluso nel senso della parziale continuità normativa tra l’art. 317 vecchia formulazione e l’art. 319 quater, con la precisazione che essa sussiste solo nei confronti del pubblico ufficiale, e non del privato la cui punibilità costituisce ipotesi di nuova incriminazione. Piena continuità normativa è invece riconosciuta tra il nuovo e il vecchio art. 317 c.p.

Quanto al momento consumativo, da un lato la giurisprudenza afferma che il delitto de quo si consuma al momento della promessa, dall’altro ammette lo spostamento in avanti della consumazione quando alla promessa segua la dazione concreta.

Configurabile il tentativo.

La concussione c.d. ambientale

Si parla di concussione ambientale quando in un determinato ambito funzionale della P.A., la illecita remunerazione per l’adozione di provvedimenti amministrativi è talmente sistematica e nota all’esterno che viene percepita come inevitabile, in maniera tale che il privato, in ragione di tale consolidata ed inevitabile prassi illecita, è indotto ad aderirvi e dunque, si risolve a promettere o dare l’indebita retribuzione al funzionario.

Esempio: l’imprenditore edile paga tangenti per ottenere autorizzazioni legittime, dopo aver ricevuto conferma da un noto esponente locale, profondo conoscitore dei meccanismi decisionali di un’amministrazione locale, che quello è l’unico sistema per rimuovere una situazione di stallo in cui si trova la sua pratica, in un contesto in cui il prolungato ritardo nel rilascio delle autorizzazioni gli ha già prodotto una grave situazione finanziaria.

Le difficoltà di definizione di tale reato hanno indotto la giurisprudenza a ritenere che, pur in presenza di una sistematica prassi illecita all’interno della P.A., perché possa configurarsi concussione ambientale, è comunque necessaria una condotta costrittiva o induttiva del pubblico ufficiale, che abbia prodotto un effetto di coartazione e comunque di pressione sulla volontà del privato (Cass. n. 45276/2008).

Vi è da dire che per quanto la giurisprudenza si riferisca alternativamente alle condotte di costrizione ed induzione, il reato di concussione ambientale è da ritenersi più compatibile con la condotta di induzione. Circostanza questa che, a seguito della riforma adoperata dalla L. 190/2012, è estremamente significativa, perché la condotta induttiva impone l’applicazione dell’art. 319‐quater (che prevede la reclusione da 3 a 8 anni e soprattutto punisce anche il privato) anziché dell’art. 317 (che prevede la reclusione da 6 a 12 anni e non punisce il privato).

Pubblicato da Valeria Citraro

Laureata in Giurisprudenza con 108/110 presso l'Università degli Studi di Catania, con tesi in Diritto Processuale Penale dal titolo "La chiamata in correità. Struttura e Valutazione Probatoria". Abilitata all'esercizio della professione forense il 30/09/2016 con votazione 405/420.