Presupposti del reato e condizioni obiettive di punibilità (art. 44 c.p.)

Oltre agli elementi costitutivi del reato (essentialia delicti), indefettibili per il perfezionamento della fattispecie criminosa, possono altresì individuarsi altri elementi, che pur non essendo rigorosamente essenziali al perfezionamento del reato, possono incidere sulla punibilità del medesimo o sulla configurabilità del fatto tipico (accidentalia delicti).

Ciò che maggiormente catalizza l’attenzione degli interpreti, è la soggezione o meno di tali elementi al principio di colpevolezza, laddove essi non si presentino completamente estranei alla condotta illecita e partecipino in modo significativo all’offesa del bene tutelato, posto che ai fini della configurazione della responsabilità penale occorre l’addebitabilità a titolo di colpa per tutti gli elementi che concorrono a contrassegnare il disvalore del fatto (sent. C.Cost. 364/1988).

Elementi estranei alla condotta illecita, sono innanzitutto i presupposti del reato, corrispondenti a quegli elementi che, senza partecipare al disvalore offensivo della condotta, ne costituiscono un antecedente logico fondamentale, ossia quelle situazioni di fatto o di diritto preesistenti alla condotta e senza le quali il reato non potrebbe venire ad esistenza. Si pensi allo stato di gravidanza, presupposto indefettibile del delitto di aborto. Trattasi di elementi estranei alla volontà colpevole, potendo al più essere oggetto di conoscenza e rappresentazione.

Fenomeno idealmente simmetrico ai presupposti di fatto è quello delle condizioni obbiettive di punibilità, anch’esse collocate dal Legislatore ai margini della fattispecie criminosa, normalmente costituenti un posterius fondamentale senza il quale il reato non viene considerato punibile ex lege.

Esse sono disciplinate dall’art. 44 c.p., a tenore del quale quando per la punibilità del reato la legge richiede il verificarsi di una condizione di punibilità, il colpevole risponde del reato anche se l’evento da cui dipende il verificarsi della condizione non è da lui voluto. Tale norma, senza chiarire l’ubi consistam di tali elementi, si limita a definirne il solo regime d’imputazione, connotato dall’irrilevanza del nesso psicologico con l’agente. È cioè sufficiente la sola verificazione oggettiva della condizione ai fini della punibilità del reato.

In ordine alla collocazione dogmatica delle condizioni obiettive di punibilità all’interno della struttura del reato, si  è ritenuto trattarsi di elementi estrinseci rispetto alla condotta colpevole del reo, in quanto avvenimenti (futuri e incerti) esterni, aggiuntivi e successivi al reato.

A sostegno di tale tesi soccorre peraltro il dato testuale dell’art. 158 c.p. che dopo aver disposto che il termine di prescrizione del reato decorre dal momento della consumazione, aggiunge al secondo comma che lo stesso termine decorre dal giorno in cui si è verificata la condizione di punibilità nei casi in cui il legislatore faccia dipendere da essa la punibilità dell’autore del reato. Appare pertanto evidente quindi, come tale norma presupponga la convinzione del legislatore dell’estraneità di tali elementi rispetto alla fase consumativa del reato, e quindi la loro diversità rispetto agli elementi costitutivi dello stesso.

Quanto al criterio utilizzabile ai fini dell’individuazione in concreto del discrimen tra condizioni obbiettive di punibilità ed elementi costitutivi del reato, sono state proposte due tesi:

  • Quella diagnostico-formale che attribuisce efficacia discriminante al dato meramente terminologico, ravvisando gli estremi della condizione obbiettiva di punibilità ogniqualvolta il legislatore utilizzi formule del tipo “se dal fatto deriva”, “laddove sia”, “nel caso in cui”, sintomatiche di una rottura rispetto agli elementi costitutivi di questo quid pluris di cui si richiede la verificazione;
  • Quella sostanziale-funzionale (certamente maggioritaria), secondo cui le condizioni obbiettive di punibilità si individuano in quegli eventi estranei alla sfera dell’offesa del reato o comunque non idonei ad accentrare in sé la portata offensiva della fattispecie. Tale estraneità all’offesa giustificherebbe peraltro l’irrilevanza della loro riferibilità psicologica all’autore del reato, potendo così essere legittimamente addebitata a titolo oggettivo. Alla categoria degli elementi costitutivi andranno invece ricondotti quegli accadimenti che assicurando l’offensività della fattispecie, spiegano la ragione stessa dell’incriminazione e che per tale motivo sono addebitabili solo se riferibili psicologicamente all’agente.

Più nel dettaglio, guardando all’incidenza sull’offesa esplicata dalle condizioni obbiettive di punibilità, si suole distinguere tra:

  • Condizioni estrinseche, estranee all’offesa, che si limitano a circoscrivere la punibilità di un fatto già di per sé offensivo e meritevole di pena (es. presenza sul territorio dello stato ex art. 9 e 10 c.p., annullamento del matrimonio in caso di induzione al matrimonio mediante inganno);
  • Condizioni intrinseche, che sarebbero invece partecipi all’offesa e per tale motivo da alcuni ritenuti elementi costitutivi (es. pubblico scandalo nell’incesto). In tali casi ove sorgano dubbi distintivi di maggior complessità, si è proposto il ricorso a un sistema metodologico a contrario: un determinato elemento sarà costitutivo del reato ove, in sua mancanza, la condotta sarebbe priva di qualsiasi potenzialità o idoneità lesiva.

Applicando tali criteri ad alcune specifiche ipotesi che si sono poste all’attenzione dell’interprete, ci si è ad esempio interrogati in merito alla natura giuridica della dichiarazione di fallimento nell’ambito dei reati di bancarotta.

Con riferimento alla bancarotta post-fallimentare  di cui all’art. 216, co. 2 L.F. (in cui cioè la condotta è stata posta durante la procedura fallimentare), la prevalente giurisprudenza ritiene che tale dichiarazione rappresenti un mero presupposto del reato, potendo la condotta essere realizzata necessariamente durante il corso della procedura medesima.

Nei reati di bancarotta pre-fallimentare (art. 216, co. 1, L.F.) invece, l’agente è punito per un fatto commesso anteriormente alla dichiarazione di fallimento, ma la pena è irrogata solo successivamente a quest’ultima. Anche in relazione a tale reato, la giurisprudenza prevalente rigetta la tesi di trattarsi di una condizione di punibilità, considerando la dichiarazione di fallimento un vero e proprio elemento costitutivo.

In dottrina invece tale questione appare maggiormente dibattuta. A coloro che ritengono la dichiarazione di fallimento un elemento costitutivo, si contrappongo colore che ne individuano una condizione obbiettiva di punibilità, atteso che essa deriva spesso da fattori del tutto estranei alla condotta dell’imprenditore (ad. es. a causa della crisi economica generale involgente un determinato settore dell’economia). A nulla valendo l’apertura della procedura all’approfondimento dell’offesa penale, la decisione di condizionare la sanzione a tale evento è il frutto di una mera scelta di opportunità compiuta dal legislatore.

Similare problema si è inoltre posto con riguardo alla riforma del diritto penale tributario e societario, che ha previsto la punibilità delle fattispecie di frode fiscale (artt. 3 e 4 d.lgs. 74/2000) e di false comunicazioni sociali (artt. 2621 e 2622 c.c.) al superamento delle cc.dd. soglie di rilevanza o di punibilità del fatto.

Discussa è la natura di tali soglie, se esse debbono considerarsi elementi costitutivi del reato (ed essere quindi parte dell’oggetto del dolo) o mere condizioni obbiettive di punibilità.

Ebbene, in relazione ad ambedue le ipotesi la giurisprudenza prevalente pare prediligere la tesi che trattasi di elementi costitutivi del reato, in quanto elementi destinati ad incentrare in sé l’offensività dell’illecito e a rientrare nell’oggetto del dolo del reato.

Pubblicato da Valeria Citraro

Laureata in Giurisprudenza con 108/110 presso l'Università degli Studi di Catania, con tesi in Diritto Processuale Penale dal titolo "La chiamata in correità. Struttura e Valutazione Probatoria". Abilitata all'esercizio della professione forense il 30/09/2016 con votazione 405/420.