Segnaliamo un’importante pronuncia espressa dalla II sezione del Tribunale di Milano, con ordinanza del 6 aprile 2017, volta a dichiarare l’inammissibilità della costituzione di parte civile dell’ente imputato ai sensi del D.lgs. 8 giugno 2001, n. 231, nel medesimo processo incardinato contro i propri dirigenti nella veste di imputati.
Secondo il Tribunale di Milano, i ruoli di ente imputato e di parte civile sono tra loro in compatibili, a tal fine richiamando certa giurisprudenza di legittimità, secondo cui ente collettivo e persona fisica autore del reato presupposto sarebbero entrambi oggetti a una forma di responsabilità cumulativa, ascrivibile allo schema della responsabilità concorsuale ex art. 110 c.p., in quanto discendente da un’unica azione criminosa (cfr. Cass. sez. VI, 6 febbraio 2009, n. 19764).
Invero, a ben guardare, la tesi concorsuale circa la natura del rapporto tra ente ed autore del reato non va esente da critiche. Si tratterebbe, infatti, di un concorso piuttosto anomalo, posto che i soggetti in considerazione concorrono in illeciti diversi (rispettivamente penale e amministrativo); l’imputazione soggettiva della condotta opera in maniera disomogenea, richiedendosi il dolo dell’autore e la colpa dell’ente; e sussiste infine la possibilità che questo presunto concorso operi anche a prescindere da qualsiasi contributo materiale al fatto da parte dell’ente, come avviene nell’ipotesi disciplinata dall’art. 6 D.lgs. 231/2001, in cui l’illecito amministrativo dell’ente si ritiene perfezionato per il solo ricorrere delle condizioni delineate al precedente art. 5 stesso decreto.
Ciò malgrado, l’impostazione concorsuale viene nuovamente avallata con la pronuncia in commento, conseguendone l’inammissibilità della costituzione di parte civile da parte dell’ente imputato. Secondo i principi generali del processo, all’imputato non è infatti dato dolersi dei danni derivanti dal reato nel quale egli stesso ha concorso.
Scarica il testo integrale dell’ordinanza: Tribunale di Milano_14 aprile 2017_ordinanza