Dei delitti contro la famiglia: analisi delle fattispecie più rilevanti

I delitti contro la famiglia sono disciplinati nel titolo XII del libro II del codice penale. Essi tutelano l’istituto della famiglia, il quale trova il proprio referente normativo, innanzitutto, all’art. 29 cost., laddove dispone che la Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio … il matrimonio è ordinato sull’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti della legge a garanzia dell’unità familiare.

Quanto ai rapporti genitori-figli invece, occorre fare riferimento all’art. 30 cost., secondo il quale è dovere dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori dal matrimonio.

Tuttavia, il concetto penalistico di famiglia risulta tutt’altro che unitario, attesi anche i numerosi mutamenti sociali e culturali che hanno interessato negli anni il nostro Paese; basti pensare alla recente affermazione del fenomeno della famiglia di fatto. Si veda, ad esempio, la recente novella attuato con L. 1 ottobre 2012 n. 172, con cui il Legislatore ha provveduto alla riformulazione dell’art. 572 c.p. (maltrattamenti in famiglia) disponendo la piena equiparazione tra nozione istituzionale di famiglia e le altre forme di convivenza.

Il presente titolo del codice penale si suddividee, a sua volta, in quattro capi:

  1. Delitti contro il matrimonio;
  2. Delitti contro la morale familiare;
  3. Delitti contro lo stato della famiglia;
  4. Delitti contro l’assistenza familiare.

Delitti contro il matrimonio

Due i reati previsti nel presente capo I:

  • Bigamia (art. 556 c.p.);
  • Induzione al matrimonio mediante inganno (art. 558 c.p.).

Delitti contro la morale familiare

L’oggetto di tutela dei delitti di cui al capo II viene individuato nell’ ordinato svolgersi della vita familiare in conformità alle norme che la regolano e alla pubblica sensibilità. Anche tale capo comprende due sole fattispecie:

  • Incesto (art. 564 c.p.), che punisce il rapporto carnale fra persone legate da un rapporto di discendenza o ascendenza o affinità in linea retta, o fra fratelli e sorelle, allorché da esso derivi un pubblico scandalo;
  • Attentati alla morale familiare commessi con l’uso della stampa periodica (art. 565 c.p.), che punisce l’esporre o mettere in rilievo circostanze che confliggano con la morale familiare.

Delitti contro lo stato di famiglia

I delitti di cui al capo III sono posti a tutela dello status familiae, con particolare riguardo allo stato di filiazione naturale e legittima. Essi comprendono:

  • Supposizione di stato (art. 566 co. 1 c.p.), il quale punisce chi indica nei registri dello stato civile una nascita non avvenuta;
  • Soppressione di stato (art. 566 co. 2), che punisce chi nasconde una nascita omettendone la registrazione;
  • Alterazione di stato (art. 567 c.p.), che punisce la sostituzione di un neonato con un altro o la dichiarazione di dati non veritieri;
  • Occultamento di stato (art. 568 c.p.), punisce chi presenta un infante già iscritto nei pubblici registri presso un ospizio di ritrovamento o in altro luogo di beneficienza.

Delitti contro l’assistenza familiare

I delitti di cui al capo IV tutelano le esigenze economiche dei familiari nell’ambito delle relazioni reciproche tra coniugi e tra genitori e figli, venendo in rilievo non soltanto la famiglia in senso istituzionale, quanto i singoli rapporti intercorrenti tra i suoi membri.

Passando all’analisi delle fattispecie più rilevanti, il delitto di violazione degli obblighi di assistenza familiare (art. 570 c.p.)  è un reato proprio, che presuppone nel soggetto attivo la sussistenza di particolari qualifiche rinvenibili nel legame di natura familiare; l’elemento oggettivo si sostanzia in una pluralità di condotte, sul presupposto che oltre al vincolo parentale sussista anche la convivenza o coabitazione tra i soggetti coinvolti:

  • Violazione degli obblighi di assistenza, che si esplica nella violazione del precetto solidaristico intrafamiliare, che si compone tanto di un aspetto economico-materiale, tanto di uno morale (abbandono domicilio, comportamento contrario all’ordine familiare, sottrazione agli obblighi di assistenza);
  • Malversazione o dilapidazione dei beni del figlio minore, del pupillo o del coniuge, che si concretizza nella reiterazione di atti di appropriazione indebita, costituenti abuso o prodigalità nell’amministrazione e che cagionino un danno rilevante al patrimonio;
  • Omessa prestazione dei mezzi di sussistenza, che consiste nel far mancare i mezzi di sussistenza ai discendenti di minore età o inabili al lavoro, ascendenti, coniuge non legalmente separato per sua colpa.

Con riguardo a tale ultima ipotesi, la giurisprudenza – ai fini della configurabilità del reato – richiede la sussistenza di due requisiti: a) lo stato di bisogno del soggetto passivo; b) e la capacità patrimoniale dell’autore del reato. L’obbligo giuridico viene, infatti, meno qualora il debitore sia assolutamente incapace di provvedere, per cause ad esso non imputabili e per tutto il periodo in cui sono reiterate le inadempienze. Nell’ ipotesi, invece, di mera difficoltà economica il debitore non è, per ciò solo, esonerato dalla sua obbligazione. Si è infatti affermato che lo stato di disoccupazione non conduce automaticamente all’esclusione della capacità patrimoniale, incombendo sul debitore l’obbligo di attivarsi per provvedere alle necessità (v. Cass. 36680/2012).

La dottrina prevalente opina nel senso dell’autonomia strutturale delle tre ipotesi descritte dall’art. 570 c.p., sicchè la loro cumulativa realizzazione darebbe luogo ad un concorso di reati. La giurisprudenza maggioritaria, invece, ritiene la fattispecie unitaria, sicchè le condotte descritte rappresentano modalità alternative di realizzazione del medesimo reato.

Parimenti ci si è chiesti se nel caso in cui la condotta di reato venga posta in essere nei confronti di più soggetti passivi, il reato rimanga unico o meno. Secondo l’orientamento giurisprudenziale ad oggi dominante, il reato rimane unico, posto che il Legislatore non considera singolarmente la posizione degli individui (un orientamento minoritario opina diversamente, sulla base del fatto che si tratterebbe di un reato plurioffensivo).

L’elemento soggettivo richiesto è il dolo generico. Il reato si configura quale reato permanente e può concorrere con il reato di maltrattamenti.

Il delitto di maltrattamenti in famiglia o verso fanciulli (art. 572 c.p.) è stato oggetto di recente modifica ad opera della L. 1 ottobre 2012, n. 172 (in esecuzione della c.d. Convenzione di Lanzarote). È stata così modificata la rubrica, che oggi recita maltrattamenti contro familiari e conviventi, equiparando la nozione istituzionale di famiglia ad altre forme di convivenza.

Si è, inoltre, proceduto a un considerevole aggravamento del trattamento sanzionatorio, con l’introduzione di una nuova aggravante al secondo comma, nei casi in cui il fatto sia commesso in danno di minori degli anni 14, la quale è stata – a sua volta – oggetto di una successiva modifica ad opera del D.L. 93/2013, che ha innalzato l’età della vittima (minore di anni 18), abrogando il citato comma 2 ed introducendo una nuova aggravante comune nell’art. 61 n. 11-quinquies c.p.

Il bene giuridico tutelato dalla norma in commento è l’integrità psicofisica, il patrimonio morale, la libertà ed il decoro del soggetto passivo.

Nonostante il tenore letterale della norma, si tratta di un reato proprio. L’elemento oggettivo attiene alla ripetizione prolungata nel tempo di una pluralità di atti lesivi dell’integrità fisica, della libertà e del decoro della vittima, mediante percosse, lesioni, ingiurie, minacce, privazioni, ma anche atti di disprezzo e offesa alla dignità della persona offesa.

Per la configurabilità del reato non è presupposto essenziale la convivenza dell’agente con la vittima, quanto piuttosto la sussistenza di uno stabile vincolo affettivo ed umano che va, per l’appunto, protetto contro fenomeni di sopraffazione.

Quanto alla natura, il reato de quo si ritiene essere un reato necessariamente abituale, costituito da una serie di fatti che acquistano rilevanza penale in virtù della loro reiterazione nel tempo.

È richiesto, a livello soggettivo, il dolo generico, definito dalla giurisprudenza graduale, posto che esso costituisce il dato unificante le singole condotte reiterate.

Il reato in parola non è scriminato dall’eventuale diversità culturale dell’agente straniero (v. reati culturalmente orientati), posto che  il rilievo penale della diversità culturale non può spingersi fino all’introduzione e all’accettazione nella società di consuetudini e costumi che si pongono in violazione dei diritti inviolabili della persona umana.

Quali altre fattispecie, nel presente capo sono altresì contemplati i seguenti delitti:

  • Abuso dei mezzi di correzione e disciplina (art. 571 c.p.);
  • Sottrazione consensuale di minorenni (art. 573 c.p.);
  • Sottrazione di persone incapaci (art. 574 c.p.);
  • Sottrazione o trattenimento di minore all’estero (art. 574 bis c.p.).

Pubblicato da Valeria Citraro

Laureata in Giurisprudenza con 108/110 presso l'Università degli Studi di Catania, con tesi in Diritto Processuale Penale dal titolo "La chiamata in correità. Struttura e Valutazione Probatoria". Abilitata all'esercizio della professione forense il 30/09/2016 con votazione 405/420.