648 bis cp: riciclaggio di denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto

Fuori dei casi di concorso nel reato, chiunque sostituisce o trasferisce denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto non colposo, ovvero compie in relazione ad essi altre operazioni, in modo da ostacolare l’identificazione della loro provenienza delittuosa, incorre nel delitto di riciclaggio, punito dall’art. 648 bis c.p. con la reclusione da 4 a 12 anni e con la multa da euro 5.000 a euro 25.000.

La pena è aumentata se il fatto è commesso nell’esercizio di un’attività professionale; è diminuita se il denaro, i beni o le altre utilità provengono da delitto per il quale è stabilita le pena della reclusione inferiore nel massimo a 5 anni.

Si ritiene che il riciclaggio sia un delitto plurioffensivo, posto a tutela non solo del patrimonio, ma anche dell’interesse all’accertamento dei fatti (amministrazione della giustizia), che inquinano l’economia, ledono il mercato, falsano la libera concorrenza, minano la stabilità e l’affidabilità degli intermediari finanziari (ordine pubblico economico).

La condotta incriminata si presenta duplice, e consiste:

  • nel sostituire o trasferire denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto non colposo; ove nel concetto di sostituzione rientrano tutte le attività dirette al “lavaggio” del denaro sporco, al fine di separarlo da ogni possibile collegamento con il reato che lo ha originato, mentre quella di trasferimento, invece, è una specificazione della sostituzione che colpisce le condotte di movimentazione (da un soggetto ad altro soggetto o da un luogo ad un altro) ai fini di ripulitura;
  • nel compiere altre operazioni in modo da ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa; tale previsione consente, così, di colpire efficacemente gli autori di tale delitto atteso che le tecniche di ripulitura possono essere le più fantasiose e articolate possibili.

Affinché si realizzi il delitto di riciclaggio, è dunque necessaria la commissione di un reato presupposto, costituito da qualsiasi delitto non colposo, per cui non si richiede l’esatta individuazione o l’accertamento giudiziale, essendo sufficiente che lo stesso risulti, alla stregua degli elementi di fatto acquisiti, almeno astrattamente configurabile.

Non è richiesto neppure l’individuazione dell’autore del medesimo. Il riciclaggio si realizza anzi, al pari della ricettazione, anche se il delitto presupposto è stato commesso da persona non punibile o non imputabile o quando manchi una condizione di procedibilità a tale reato.

In tutti i casi si tratta di reato istantaneo di mera condotta, a forma libera, e di pericolo concreto. Si tratta di reato istantaneo, che si considera quindi consumato con il compimento della sostituzione, del trasferimento o delle operazioni ostacolanti l’accertamento della provenienza delittuosa dei beni.

E’ sufficiente il compimento di una sola delle condotte previste (sostituzione, trasferimento o altre operazioni), ma il delitto può benissimo continuare ad attuarsi attraverso ulteriori operazioni volte a nascondere l’origine delittuosa del bene e, potenzialmente, può presentarsi anche a consumazione prolungata attuabile anche con modalità frammentarie e progressive. Configurabile il tentativo.

Nel caso in cui il riciclatore si avvalga di un conto corrente, qualsiasi prelievo o trasferimento di fondi successivo a precedenti versamenti di somme di provenienza delittuosa integra di per sè un altro autonomo atto di riciclaggio, così come lo integra anche il mero trasferimento di denaro di provenienza delittuosa da un c/c ad un altro diversamente intestato ed acceso presso un differente istituto di credito. In questo senso il riciclaggio ben può presentarsi come reato continuato e ai fini della prescrizione occorrerà guardare l’ultimo atto di sostituzione o trasferimento.

La fattispecie in esame punisce non solo le condotte che hanno ad oggetto i proventi diretti dei reati presupposti, ma anche quelle che hanno ad oggetto denaro o valori che abbiano provenienza mediata da delitto: si tratta del c.d. “riciclaggio indiretto” configurabile qualora le operazioni poste in essere siano relative ad utilità a loro volta già oggetto di forme di dissimulazione dell’illecita provenienza dei proventi e che rileva – penalmente parlando – fintanto che l’agente è consapevole della derivazione delittuosa degli stessi.

Pubblicato da Valeria Citraro

Laureata in Giurisprudenza con 108/110 presso l'Università degli Studi di Catania, con tesi in Diritto Processuale Penale dal titolo "La chiamata in correità. Struttura e Valutazione Probatoria". Abilitata all'esercizio della professione forense il 30/09/2016 con votazione 405/420.