Il professionista delegato alla procedura immobiliare che si appropria delle somme di aggiudicazione commette peculato e non truffa

Corte di Cassazione, Sezione Sesta Penale, con la sentenza 19 aprile 2017, n. 18886 : il professionista delegato alla procedura esecutiva immobiliare, che non versi le somme di aggiudicazione della vendita nel conto corrente indicato dal giudice dell’esecuzione quale fattispecie di reato commette?

Il Caso

Nella procedura esecutiva immobiliare, quando provvede sull’istanza di vendita, il giudice dell’esecuzione delega il compimento delle operazioni di vendita ad un professionista (notaio, avvocato o commercialista iscritti in appositi elenchi). L’art. 591-bis c.p.c., tra i tanti adempimenti, prescrive che il professionista depositi  le somme versate dall’aggiudicatario presso una banca o su un conto postale indicati dal giudice.

L’imputato, invece, si appropriava delle somme, indicando quale conto della procedura, sul quale versare il prezzo di aggiudicazione, un proprio conto personale. Per tale motivo, veniva condannato in primo e secondo grado per il reato di peculato.

Per tale ragione l’imputato proponeva ricorso in Cassazione, a mezzo del proprio difensore, lamentando – tra altro – la violazione di legge e chiedendo la riqualificazione del delitto di peculato contestato  in truffa.

La decisione della Corte

La Corte rileva, preliminarmente, che la applicazione della circostanza aggravante di cui all’art. 640 c.p., comma 2, n. 1, postula che lo Stato o altro ente pubblico assuma il ruolo di soggetto passivo del reato quale destinatario, diretto ed immediato, del danno. Nella ipotesi di delega delle operazioni di vendita ad un professionista delineata dall’art. 591 bis c.p.c., tuttavia, le somme che affluiscono sui libretti di deposito giudiziario intestati alla procedura non sono di spettanza dello Stato, bensì del creditore procedente o dell’aggiudicatario.

Secondo la migliore processualcivilistica, inoltre, la somma ricavata dalla espropriazione forzata, rimane sino all’approvazione ed esecuzione del progetto di distribuzione di proprietà del debitore, ma è gravata da un vincolo di indisponibilità, perchè a disposizione della procedura esecutiva. In nessun momento della procedura esecutiva, pertanto, le somme depositate, ai sensi dell’art. 591 bis c.p.p., “presso una banca o su un conto postale indicati dal giudice”, passano nella titolarità dello Stato.

Rileva poi come l’elemento distintivo tra il delitto di peculato e quello di truffa aggravata, ai sensi dell’art. 61 c.p., n. 9, vada individuato con riferimento alle modalità del possesso del denaro o d’altra cosa mobile altrui oggetto di appropriazione. Il peculato può, infatti, essere ravvisato solo quando il pubblico ufficiale ha già il possesso del bene oggetto di appropriazione, e la eventuale condotta fraudolenta non è finalizzata a conseguire il possesso del bene ma ad occultare l’illecito; mentre è integrato il delitto di truffa aggravata quando l’impossessamento del denaro o di altra utilità costituisce conseguenza logica e temporale degli artifizi e raggiri posti in essere dal funzionario altrimenti privo della possibilità di acquisirne direttamente l’importo, non avendone autonomamente la disponibilità. Ai fini della configurabilità del peculato, del resto, il possesso può essere sia immediato, in caso di disponibilità materiale del danaro o della cosa, sia mediato, in caso di disponibilità mediante ordini o mandati.

Alla stregua di tali rilievi, la condotta tenuta dall’imputato va correttamente inquadrata nell’ambito del delitto di peculato di cui all’art. 314 c.p.

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Pubblicato da Valeria Citraro

Laureata in Giurisprudenza con 108/110 presso l'Università degli Studi di Catania, con tesi in Diritto Processuale Penale dal titolo "La chiamata in correità. Struttura e Valutazione Probatoria". Abilitata all'esercizio della professione forense il 30/09/2016 con votazione 405/420.