Errore di fatto ed errore di diritto sulla legge penale o extrapenale

L’errore, nell’ambito del diritto penale, viene comunemente indicato come la principale causa di esclusione della colpevolezza.

La disciplina dell’errore va distinta, in prima battuta, fra l’errore vizio della volontà (errore quindi di giudizio, di rappresentazione) e l’errore nell’uso dei mezzi di esecuzione del reato  (errore aberrante).

L’errore vizio della volontà può, a sua volta, distinguersi in errore di fatto o di diritto, a seconda che riguardi la rappresentazione degli elementi del fatto o della sua qualificazione giuridica. L’errore di diritto può riguardare la legge penale o una legge diversa da quella penale (legge extrapenale). L’errore di fatto può invece riguardare elementi sia essenziali che non essenziali del reato.

L’errore di fatto è disciplinato dall’art. 47 c.p., secondo cui l’errore sul fatto che costituisce reato esclude la punibilità dell’agente. Deve trattarsi non di un qualunque errore nella rappresentazione del fatto, bensì di un errore sul fatto, ovvero sulle caratteristiche che lo rendono costitutivo del reato, e cioè di un errore essenziale di fatto.

L’errore essenziale sul fatto, escludendo il dolo, fa altresì venir meno la responsabilità penale. Il soggetto avrebbe infatti agito diversamente se si fosse correttamente rappresentato la realtà. Si pensi al caso di chi si sposa ritenendo per errore di essere rimasto vedovo. Errore di fatto non essenziale è quello, invece, per esempio che concerne l’individuazione della persona offesa o le caratteristiche dell’oggetto materiale del reato: l’agente ritiene di rubare una cosa a Tizio, che invece appartiene a Caio ; o ancora: l’agente ritiene di rubare una pietra preziosa e invece di tratta di un falso.

Ove trattasi di un errore determinato da colpa, la punibilità non è esclusa quando il fatto è preveduto dalla legge come delitto colposo. L’ipotesi del c.d. errore colpevole è una di quelle che vengono solitamente indicato sotto l’etichetta della colpa impropria; colpa impropria appunto, perché il fatto  è commesso volontariamente, ma per effetto di un errore colpevole.

Va distinto dall’errore la sussistenza nell’agente del dubbio in merito al fatto posto in essere. Mentre l’errore determina il convincimento circa l’esistenza di una situazione che non corrisponde alla realtà, il dubbio determina per contro uno stato di incertezza, una possibilità di differente valutazione la quale, permanendo, impedisce il formarsi dell’erronea certezza richiesta dalla norma.

Il comma 2 dell’art. 47 c.p. prosegue affermando che l’errore sul fatto che costituisce un determinato reato non esclude la punibilità per un reato diverso, di cui chiaramente ricorrano i presupposti.

Gli artt. 48 e 49 c.p. prevedono rispettivamente il caso dell’errore determinato dall’altrui inganno (nel qual caso del fatto commesso dalla persona ingannata ne risponde chi  l’ha determinata a commetterlo), e la non punibilità di chi commette un fatto costituente reato nell’erronea convinzione che esso costituisca reato .

L’errore di diritto sulla legge penale è in linea di principio irrilevante. Secondo l’art. 5 c.p. infatti, nessuno può invocare a propria scusa l’ignoranza della legge penale. All’ignoranza viene del tutto assimilato l’errore. Con sent. N. 364/1988, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’incostituzionalità dell’art. 5 c.p. nella parte in cui non esclude dalla inescusabilità dell’ignoranza della legge penale l’ignoranza inevitabile. Concetto, quello dell’ignoranza inevitabile, che va considerato essenziale della nozione di colpevolezza.

Il giudizio di inevitabilità dell’errore  va modulato in relazione alle circostanze del caso concreto oggetto della considerazione del giudice, che possono essere – come per l’ignoranza, e di tipo oggettivo (es. : l’agente che si sia determinato in conseguenza di condotte provenienti dall’autorità amministrativa alla quale si sia rivolto per dei chiarimenti e che gli abbia fornito informazioni errate) e di tipo soggettivo (es. : l’agente si è determinato in funzioni delle sue attitudini e capacità, considerate inadeguate in confronto a particolari difficoltà riscontrate, di carattere tecnico o di altro tipo).

L’errore di diritto che investa invece una legge diversa da quella penale può :

a) incidere sulla rappresentazione – da parte del soggetto – del fatto così come previsto dalla legge come reato e determinare quindi un errore essenziale di fatto che esclude la punibilità (art. 47, comma 3 c.p.); ovvero,

b) concernere la riconducibilità del fatto alla figura delittuosa perché la norma extrapenale integra la norma penale così da determinare un errore di diritto sulla legge penale, che – come tale – non esclude la punibilità.

Il primo caso si traduce quindi in un errore essenziale sul fatto previsto dalla legge come reato. Si pensi all’errore sull’altruità della cosa determinato da una norma di diritto civile sui contratti o sulle successioni: esso può certamente tradursi in un errore essenziale sul fatto costitutivo, ad es., il delitto di appropriazione indebita.

Al contrario l’errore su una norma di diritto, ad es., amministrativo che si limiti a integrare il contenuto del precetto penale (norma penale in bianco), si traduce in un errore sulla riconducibilità del fatto alla figura delittuosa; è un errore sul precetto, va quindi considerato errore sulla legge penale, come tale irrilevante.

Naturalmente, ove, nonostante l’errore, siano ravvisabili i presupposti soggettivi ed oggettivi di un reato diverso da quello oggetto dell’errata rappresentazione, l’agente risponderà, a titolo di dolo, di tale diverso reato.

Una questione assai discussa in dottrina è quella dell’effetto dell’errore sugli elementi degradanti il titolo del reato. L’esempio che comunemente viene proposto è quello dell’errore sul consenso della vittima nell’omicidio e, quindi, dell’opzione tra l’incriminazione per omicidio volontario ex art. 575 c.p. o per omicidio del consenziente ex art. 579 c.p.

Secondo una prima teoria, l’errore rileverebbe solo ai fini della graduazione della pena dovendosi, in ogni caso, verificare, per stabilire il titolo del reato, quale fattispecie materiale si sia effettivamente realizzata ed indagare, dunque, sull’effettività o meno del consenso prestato.

Altra dottrina, invece, ha rilevato come l’errore sulla sussistenza del consenso esclude che, nella fattispecie, possa essere ravvisato il dolo dell’omicidio volontario. È stata così affermata la possibilità, anche in difetto dell’effettività del consenso, di un’applicazione analogica dell’art. 59 comma 3 in materia di cause di giustificazione e, per l’effetto, l’applicazione delle meno afflittive sanzioni di cui all’art. 579 c.p.

Altra dibattuta questione riguarda il rapporto tra l’imputabilità e l’errore. In particolare, occorre distinguere tra l’errore condizionato dalla situazione di menomazione psichica integrante la condizione d’inimputabilità e l’errore non condizionato, in quanto il primo non escluderebbe l’applicazione delle misure di sicurezza mentre il secondo, non essendo manifestazione di pericolosità sociale, escluderebbe ogni conseguenza penale a carico del soggetto non imputabile.

Infine, resta da analizzare la problematica dell’errore in materia contravvenzionale. Parrebbe poter dirsi che l’elemento soggettivo nei reati contravvenzionali può essere escluso dalla buona fede dell’agente, circa la liceità del suo comportamento; deve, cioè, essere sempre riscontrato un elemento positivo estraneo all’agente, ovvero una situazione psicologica tale da escludere anche la colpa. Inoltre, in materia contravvenzionale, la possibilità di scusare l’errore è anche ammissibile quando la condotta illecita è causata da caso fortuito o forza maggiore.

Pubblicato da Valeria Citraro

Laureata in Giurisprudenza con 108/110 presso l'Università degli Studi di Catania, con tesi in Diritto Processuale Penale dal titolo "La chiamata in correità. Struttura e Valutazione Probatoria". Abilitata all'esercizio della professione forense il 30/09/2016 con votazione 405/420.