Il falso impossibile: falso innocuo, inutile o grossolano

I delitti della falsità in atti, e in generale quelli contro la fede pubblica, costituiscono inoltre il tradizionale campo di applicazione del reato impossibile di cui all’art. 49 c.p., distinguendosi le ipotesi di falsità veramente meritevoli di punizione dai casi di falsità c.d. tollerabile, cioè penalmente irrilevante.

Costituiscono, in particolare, casi di falsità tollerabile:

  • Il falso innocuo, che si verifica allorché la falsità si riveli in concreto inidonea a ledere l’interesse tutelato dalla genuinità del documento, in quanto inidonea a conseguire uno scopo antigiuridico, nel senso che l’infedele attestazione o la compiuta alterazione appaiono del tutto irrilevanti ai fini del significato dell’atto e del suo valore probatorio;
  • Il falso grossolano, che va individuato in quel falso macroscopicamente rilevabile e, quindi, inidoneo a trarre in inganno alcuno;
  • Ed, infine, il falso inutile, ovvero il falso che cade su un atto, o su di una parte di esso, assolutamente privo di valenza probatoria o effetti giuridici.

Dirimente il principio di offensività, alla stregua dell quale andrà qualificata e valutata la condotta posta in essere dall’imputato. Infatti, qualora la stessa dovesse ritenersi integrante un’ipotesi di falso innocuo o inutile o grossolano non potrebbe darsi luogo ad alcuna punibilità della condotta contestata, attesa la rilevanza del principio di offensività che impone al legislatore, prima, e all’autorità giudiziaria, poi, di punire solo quelle condotte che rappresentino un nocumento effettivo o potenziale del bene giuridico tutelato.

Come suggerito da parte della dottrina, l’idoneità offensiva della condotta di falso andrebbe valutata, ai fini di un’eventuale identificazione di un reato impossibile, con riguardo alle circostanze del caso concreto ma con criterio ex ante, tale per cui ogniqualvolta l’inidoneità dell’azione è determinata da fattori estrinseci non può parlarsi di reato impossibile in quanto l’azione valutata ex ante è in sé idonea a ledere l’interesse tutelato dalla norma incriminatrice violata.

Pubblicato da Valeria Citraro

Laureata in Giurisprudenza con 108/110 presso l'Università degli Studi di Catania, con tesi in Diritto Processuale Penale dal titolo "La chiamata in correità. Struttura e Valutazione Probatoria". Abilitata all'esercizio della professione forense il 30/09/2016 con votazione 405/420.