Favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e stato di necessità

Il delitto di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina p. e p. dall’art. 12 del T.U. sull’immigrazione (d.lgs. 286/98), consiste nel compiere atti diretti a procurare l’ingresso illegale di una persona nello Stato e si distingue in semplice o aggravato.

La condotta tipica del delitto di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, nella fattispecie semplice, consiste nel compiere “atti diretti a procurare l’ingresso nel territorio dello Stato di uno straniero ovvero atti diretti a procurare l’ingresso illegale in altro Stato del quale la persona non è cittadina o non ha titolo di residenza permanente”. Evidente il fine di contrastare anche il passaggio di clandestini dal territorio nazionale verso altri Paesi della comunità europea, ossia le situazioni in cui i migranti, oggetto del traffico, non siano diretti ad entrare nel territorio italiano per rimanervi, ma solo per transitare su esso.

Non è richiesta la presenza di un’organizzazione come presupposto materiale dell’illecito; nel caso di sua sussistenza, sarà configurabile eventualmente l‘art. 416 c.p. in concorso con l’art. 12 TU immigrazione.

La struttura del reato è a forma libera: non è necessario il verificarsi di alcun evento (reato di pericolo o a consumazione anticipata), non essendo necessario che l’ingresso clandestino abbia luogo, ma sufficiente il fatto di aver posto in essere un’attività diretta a realizzare l’ingresso del migrante.

Dal punto di vista soggettivo è richiesto il dolo, inteso quale coscienza e volontà di commettere atti di agevolazione dell’ingresso.

Configurano questo tipo di reato condotte quali: l’ingresso clandestino di stranieri fuori dai valichi di frontiera; la fornitura allo straniero di documenti falsi o di mezzi utili a simulare, al controllo alla frontiera, condizioni che legittimano l’accesso; il difetto di segnalazione alla autorità di frontiera della presenza di clandestini a bordo; etc.

I commi 3, 3-bis, 3-ter, prevedono tre circostanze aggravanti ad effetto speciale del delitto di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

La prima delle ipotesi aggravate, quella dell’art. 12 comma 3, dispone: “salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, al fine di trarre profitto anche indiretto, compie atti diretti a procurare l’ingresso di taluno nel territorio dello Stato in violazione delle disposizioni del presente testo unico, ovvero a procurare l’ingresso illegale in altro Stato del quale la persona non è cittadina o non ha titolo di residenza permanente, è punito con la reclusione da quattro a dodici anni e con la multa di 15.000 euro per ogni persona”. La fattispecie appena riporta richiede il dolo specifico di trarne profitto.

La stessa pena stabilita per l’ipotesi di favoreggiamento al fine di trarne profitto, si applica anche “quando il fatto è commesso da tre o più persone in concorso tra loro o utilizzando servizi internazionali di trasporto ovvero documenti contraffatti o alterati o comunque illegalmente ottenuti”.

L’art. 12 comma 3-bis prevede che le pene di cui al comma 3 sono aumentate se: il fatto riguarda l’ingresso o la permanenza illegale nel territorio dello Stato di cinque o più persone; per procurare l’ingresso o la permanenza illegale la persona è stata esposta a pericolo per la sua vita o la sua incolumità; per procurare l’ingresso o la permanenza illegale la persona è stata sottoposta a trattamento inumano o degradante.

Infine, l’art. 12 comma 3-ter recita: “se i fatti di cui al comma 3 sono compiuti al fine di reclutare persone da destinare alla prostituzione o comunque allo sfruttamento sessuale ovvero riguardano l’ingresso di minori da impiegare in attività illecite al fine di favorirne lo sfruttamento, si applica la pena della reclusione da cinque a quindici anni e la multa di 25.000 euro per ogni persona”.

Fuori dei casi di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, e salvo che il fatto non costituisca più grave reato, l’art. 12 comma 5 prevede un’altra fattispecie delittuosa, che integra gli estremi del favoreggiamento della permanenza illegale, andando a punire “chiunque, al fine di trarre un ingiusto profitto dalla condizione di illegalità dello straniero o nell’ambito delle attività punite a norma del presente articolo, favorisce la permanenza di questi nel territorio dello Stato in violazione delle norme del presente testo unico, e’ punito con la reclusione fino a quattro anni e con la multa fino a lire trenta milioni”(corrispondenti a 15.494 euro).

Mentre per configurarsi il delitto di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina sono sufficienti la consapevolezza e la volontà di compiere attività dirette a trasgredire le norme del Testo Unico sull’immigrazione, il reato di favoreggiamento della permanenza prevede richiede, invece, il dolo specifico del “fine di trarre un ingiusto profitto dalla condizione di illegalità dello straniero“.

Rispetto al delitto di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina possono sorgere dubbi in ordine al radicamento della giurisdizione italiana nei casi, molto frequenti, in cui i migranti siano stati soccorsi quando erano in alto mare, e quindi al di fuori delle acque territoriali italiane.

Per il radicarsi della giurisdizione italiana, occorrerebbe che la condotta, almeno in parte, sia intervenuta  sul territorio italiano, altrimenti la stessa condotta di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina si sarebbe completamente esaurita all’estero. E così pure il trasporto, perché l’ultimo tratto, l’ingresso nel territorio italiano, è dovuto all’opera dei soccorritori.

Lo sbarco dei migranti, apparentemente conseguenza dello stato di necessità che ha determinato l’intervento dei soccorritori, non è altro che l’ultimo segmento di una attività ab initio pianificata dai trafficanti e mirata ad un risultato che viene raggiunto con la provocazione e lo sfruttamento di uno stato di necessità. Il nesso di causalità non può dirsi interrotto dall’intervento dei soccorritori; al contrario, esso è fattore messo in conto dai trafficanti per sfruttarlo a proprio favore.

Al contrario, per quanto attiene alla condotta dei soccorritori, per espressa previsione del secondo comma dell’art. 12, “fermo restando quanto previsto dall’articolo 54 del codice penale, non costituiscono reato le attività di soccorso e assistenza umanitaria prestate in Italia nei confronti degli stranieri in condizioni di bisogno comunque presenti nel territorio dello Stato”.

L’azione dei soccorritori – che di fatto consente ai migranti di giungere nel nostro territorio – è da ritenere scriminata ai sensi dell’art. 54 comma 3 c.p., in termini di azione dell’autore mediato, operante in ossequio alle leggi del mare, per lo stato di necessità provocato e strumentalizzato dai trafficanti e quindi a loro del tutto riconducibile e quindi sanzionabile nel nostro Stato, ancorché materialmente questi abbiano operato solo in ambito extraterritoriale (cfr. ad es. Cass. Sez. I, 27 marzo 2014 n. 14510)

Pubblicato da Valeria Citraro

Laureata in Giurisprudenza con 108/110 presso l'Università degli Studi di Catania, con tesi in Diritto Processuale Penale dal titolo "La chiamata in correità. Struttura e Valutazione Probatoria". Abilitata all'esercizio della professione forense il 30/09/2016 con votazione 405/420.