Furto con destrezza: la disattenzione altrui non cagionata non integra l’aggravante

Sezioni Unite – sentenza n. 34090 ud. 27/04/2017 – deposito del 12/07/2017 – Furto con destrezza (artt. 624 e 625 c.p.)

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione sono state chiamate a risolvere la seguente questione di diritto:

“Se nel delitto di furto, la circostanza aggravante della destrezza, prevista dall’art. 625 primo comma, n. 4, c.p., sia configurabile quando il soggetto agente si limiti ad approfittare di una situazione di temporanea distrazione della persona offesa”.

In data 12 luglio sono state depositate le motivazioni della sentenza  n. 34090 (ud. 27/04/2017), con cui è stata data al quesito risposta negativa.

A fronte della configurazione legale tipica del furto semplice, che postula già di per sé un comportamento predatorio nascosto, celato, non evidente, attuato in modo da evitarne la scoperta, il furto con destrezza si caratterizza per l’esecuzione dell’azione in modo tale da superare quella configurazione, sicché la modalità destra della condotta realizza un quid pluris rispetto all’ordinaria materialità del fatto di reato.

Il mero prelievo di un oggetto dal luogo ove si trova, qualunque esso sia, attuato in un momento di altrui disattenzione che offre l’occasione favorevole all’apprensione, non integra la fattispecie circostanziata in esame perché non richiede nulla di più e di diverso da quanto necessario per consumare il furto. In tali situazioni, l’agente non deve far ricorso a particolare abilità, né intesa quale agilità motoria né quale astuzia o avvedutezza nello studio dei luoghi e del derubato.

Ne discende che il furto di un bene perpetrato da chi colga a proprio vantaggio l’occasione propizia offerta dall’altrui disattenzione, non artatamente e preventivamente cagionata, non presenta i caratteri della destrezza.

Assegnare valore qualificante alla sola prontezza nell’avvalersi della situazione favorevole comunque creatasi significherebbe valorizzare la componente soggettiva del reato e la pericolosità individuale, ponendo in secondo piano la materialità del fatto come concretamente offensivo del bene giuridico, in contrasto col principio di cui all’art. 25, secondo comma, Cost., che, menzionando il fatto commesso, esclude che il reato possa essere considerato in termini di sola rimproverabilità soggettiva con la stessa natura oggettiva della circostanza.

Pubblicato da Valeria Citraro

Laureata in Giurisprudenza con 108/110 presso l'Università degli Studi di Catania, con tesi in Diritto Processuale Penale dal titolo "La chiamata in correità. Struttura e Valutazione Probatoria". Abilitata all'esercizio della professione forense il 30/09/2016 con votazione 405/420.