Furto di energia elettrica

Il furto di energia elettrica è uno dei reati maggiormente commessi in Italia, specie nelle zone economicamente più svantaggiate. Nonostante tale fattispecie sovraffolli i ruoli dei nostri Tribunali, il furto di energia elettrica non costituisce un’autonoma fattispecie di reato, bensì rientra nella fattispecie del delitto di furto ex art. 624 c.p.

Ai sensi dell’art. 624 comma, “chiunque s’impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, al fine di trarne profitto per sé o per altri, è punito con la reclusione da 6 mesi a 3 anni e con la multa da 154 euro a 516 euro.

Agli effetti della legge penale, si considera cosa mobile anche l’energia elettrica e ogni altra energia che abbia un valore economico“.

L’energia elettrica è dunque considerata, expressis verbis, un bene mobile a tutti gli effetti, al pari di tutte le altre forme di energia (es. termica, meccanica, etc.), purché abbiano un valore economico e siano spossessabili, cioè appropriabili.

L’energia elettrica, poiché erogata a pagamento dalle società con le quali si è stipulato il contratto di somministrazione (maggiori problemi porrebbero, invece, le energie cosiddette alternative, quali quella eolica o solare), ha evidente valore economico.

Ai fini della configurabilità del reato, occorre altresì che vi sia un effettivo spossessamento dell’energia dal legittimo proprietario ed un conseguente arricchimento di colui che ne ha beneficiato. Ciò si verifica allorquando energia elettrica sia prelevata indebitamente.

Il furto di energia elettrica può realizzarsi con svariate modalità: allacciamento abusivo direttamente ai cavi della rete; collegamento al cavo di alimentazione di un altro utente; rottura del sigillo del distributore in modo da scavalcare il proprio contatore; allacciamento abusivo di utenza distaccata; manomissione del contatore tramite una resistenza o un magnete (applicazione di una calamita sul contatore in modo da rallentare il conteggio del consumo), ovvero tramite modifica del software in quelli più moderni.

L’elenco (non esaustivo) delle modalità con cui può configurarsi il furto di energia elettrica lascia, inoltre, comprendere come spesso esso si presenti in forma aggravata dall’utilizzo di mezzi fraudolenti. Altre volte, potranno invece ricorrere – alternativamente o cumulativamente – anche le aggravanti di violenza sulle cose, art. 625 n. 2, o su un bene esposto alla pubblica fede, art. 625 n. 7.

Nel caso in cui il delitto di furto si presenti in forma aggravata, a differenza del furto semplice, la procedibilità è d’ufficio e quindi, pur volendo immediatamente porre rimedio risarcendo ad esempio la società erogatrice, è bene sapere che il procedimento penale potrà comunque proseguire il suo corso fino ad un’eventuale sentenza di condanna.

Generalmente, questo tipo di procedimenti vengono iniziati allorquando, a seguito di una segnalazione su un contatore “possibilmente” manomesso, i tecnici dell’Enel insieme agli agenti di Polizia Giudiziaria si recano in loco e verificano l’esistenza o meno di un allaccio abusivo o una manomissione.

In caso di manomissione, l’utente cui è intestato il contatore potrebbe ben essere ignaro della manomissione subita. Il caso di specie è comune, in particolare, nei casi in cui il contatore sia esposto sulla pubblica via e non all’interno del condominio o non sia accolto in un vano contatore e chiuso da possibili azioni esterne.

Altre volte, a difesa di coloro che sono imputati di furto di energia elettrica, viene invece invocato lo stato di necessità ex art. 54 c.p. a scriminare l’illiceità della condotta. Ciò avviene quando l’utente o chi per lui versi in gravi condizioni di salute, sia fruitore di apparecchiature collegate alla rete elettrica, e si trovi in condizioni economiche ampiamente disagiate per cui non possa far fronte al pagamento dell’energia elettrica. Pertanto, in questo caso, l’esimente dello stato di necessità lo potrà salvare solo nel caso in cui riesca a dimostrare che l’operazione illecita effettuata fosse l’unica soluzione possibile e contemplabile.

Pubblicato da Valeria Citraro

Laureata in Giurisprudenza con 108/110 presso l'Università degli Studi di Catania, con tesi in Diritto Processuale Penale dal titolo "La chiamata in correità. Struttura e Valutazione Probatoria". Abilitata all'esercizio della professione forense il 30/09/2016 con votazione 405/420.