Getta droga dal finestrino: il concorso nel reato va ben motivato

L’imputato veniva denunciato per il reato di cui agli artt. 110 c.p. e 73, commi 1 e 1-bis lett. a) d.P.R. 309/1990 (trasporto e detenzione di sostanza stupefacente a fini di spaccio), per avere, quale occupante di un’autovettura, gettato la droga fuori dal finestrino al fine di disfarsene all’esito di un inseguimento da parte delle Forze dell’ordine.

Ricorreva per Cassazione l’imputato, dichiarandosi estraneo all’azione delittuosa di trasporto e detenzione ai fini di spaccio, commessa dall’altro occupante del’auto – coimputato..

Nell’accogliere il ricorso, la Cassazione ricorda come il concorso nel reato esiga un contributo causale in termini, sia pur minimi, di facilitazione della condotta delittuosa, mentre la semplice conoscenza o anche l’adesione morale, l’assistenza inerte e senza iniziative a tale condotta non realizzano la fattispecie concorsuale. Pertanto, ove l’agente abbia mantenuto un comportamento «meramente passivo», privo cioè di qualsivoglia efficienza causale in ordine alla realizzazione della condotta detentiva altrui, il concorso di persone nel reato è escluso.

Troverà, invece, applicazione la disciplina del concorso nella detenzione laddove il soggetto abbia posto in essere un comportamento tale da avere arrecato un contributo partecipativo positivo, morale o materiale, alla realizzazione del delitto anche in forme che agevolino la detenzione, l’occultamento ed il controllo della droga, assicurando all’altro concorrente, anche implicitamente, una collaborazione sulla quale questi possa contare.

Tale contributo partecipativo può essere di qualsiasi genere: è certamente ravvisabile, quindi, finanche, nella semplice presenza sul luogo dell’esecuzione del reato, quando essa sia servita a fornire all’autore del fatto stimolo all’azione o un maggior senso di sicurezza nella propria condotta. E la circostanza che il contributo causale del concorrente morale possa manifestarsi attraverso forme differenziate e atipiche rispetto alla condotta criminosa (rafforzamento del proposito criminoso di altro concorrente, mera adesione o autorizzazione o approvazione per rimuovere ogni ostacolo alla realizzazione di esso) non esime il giudice di merito dall’obbligo di motivare sulla prova dell’esistenza di una «reale» partecipazione nella fase ideativa o preparatoria del reato e di precisare sotto quale forma essa si sia manifestata, in rapporto di causalità agevolatrice delle attività poste in essere dagli altri concorrenti, non potendosi confondere l’atipicità della condotta criminosa concorsuale, pur prevista dall’art. 110 c.p. con l’indifferenza probatoria circa le forme concrete del suo manifestarsi nella realtà.

La condotta posta in essere dall’imputato allorchè, che dopo aver accompagnato il coimputato ad acquistare la droga ha tentato di disfarsene lanciandola dal finestrino, è stata interpretata come prova di responsabilità quale concorrente nel reato, ma la fragilità degli argomenti espressi dai giudici di merito per ricostruire le fasi della vicenda antecedenti questa specifica condotta rende fondata la censura tendente a creare un’aporia mediante la prospettazione di una interpretazione alternativa del medesimo comportamento.

Di qui l’annullamento del provvedimento impugnato, con rinvio al giudice del merito per nuovo esame,  affinchè fornisca adeguata motivazione in merito alle emergenze istruttorie concretamente indicative del concorso dell’imputato nel reato di detenzione e trasporto della sostanza stupefacente.

Cassazione Penale sez. IV, sentenza n. 25136 del 17/05/2018 – depositata il 5/06/2018.

Pubblicato da Valeria Citraro

Laureata in Giurisprudenza con 108/110 presso l'Università degli Studi di Catania, con tesi in Diritto Processuale Penale dal titolo "La chiamata in correità. Struttura e Valutazione Probatoria". Abilitata all'esercizio della professione forense il 30/09/2016 con votazione 405/420.