Il ne bis in idem internazionale: il riconoscimento delle sentenze penali straniere

Il principio di territorialità del diritto penale comporta l’ineseguibilità delle sentenze straniere, pronunciate da un’autorità giurisdizionale estera. Lo stesso principio del ne bis in idem impedisce, infatti, che il giudice italiano non possa giudicare il medesimo fatto già giudicato con sentenza irrevocabile da altro giudice italiano: non esiste un ne bis in idem internazionale; principio ha esclusiva valenza nazionale.

Proprio l‘art. 11 c.p. – rubr. Rinnovazione del giudizio – si occupa delle ipotesi in cui un soggetto sia stato già giudicato per il fatto illecito commesso da un’autorità straniera. A tal proposito, l’art. 11 c.p. distingue l’ipotesi in cui il fatto già giudicato all’estero sia stato commesso in Italia, da quella in cui sia stato invece commesso fuori dai confini nazionali. Nel primo caso, il reo sarà nuovamente giudicabile anche dal giudice italiano; nel secondo caso invece, per rinnovare il giudizio occorrerà la richiesta del Ministero della Giustizia

La norma rimarca l’esigenza di garantire in ogni caso l’applicazione della legge italiana con riferimento ai reati realizzati nel territorio della Repubblica, conformemente al principio di territorialità sancito dall’art. 6 c.p. Nei casi in cui viene però a configurarsi una deroga a tale principio, tale esigenza risulta meno pregnante, motivo per il quale è sufficiente una preventiva valutazione politica ad opera del Ministro della giustizia.

Meritevole rilevarsi, incidentalmente, come ai sensi dell’art. 138 c.p., nel caso di giudizio estero rinnovato in Italia, la pena eventualmente già scontata all’estero deve essere sempre computata nell’eventuale condanna del giudice italiano, tenendosi conto ovviamente della specie di essa.

Tuttavia, almeno per quanto riguarda l’Unione Europea, con l’entrata in vigore dell’Accordo di Schengen (v. art. 54) , è stata sancita l’mprocedibilità per lo stesso fatto, quando il reo sia stato già giudicato in un Paese contraente e la pena sia già stata eseguita o altrimenti estinta o sia ancora in corso di esecuzione. Ciò  ha indotto la giurisprudenza ad affermare la vigenza in Italia del principio del ne bis in idem europeo, che comporta il riconoscimento automatico della sentenza resa in uno Stato membro, senza che vi sia alcuna rinnovazione del giudizio in Italia.

Per quanto attiene invece al riconoscimento delle sentenze straniere, emesse da Paesi non aderenti all’accordo, vige in generale il principio di ineseguibilità delle sentenze straniere. Tale regola non ha comunque valore assoluto, essendo ammesse deroghe.
La pronuncia estera comporta, infatti, conseguenze a carico del condannato nel nostro ordinamento, e precisamente per uno dei fini secondari previsti tassativamente nell’art. 12 c.p. e rispondenti per lo più all’esigenza di meglio adeguare il diritto penale italiano alla personalità etico-criminologica del delinquente:
1) per stabilire la recidiva o un altro effetto penale della condanna, ovvero per dichiarare l’abitualità o la professionalità nel reato o la tendenza a delinquere;
2) quando la condanna importerebbe, secondo la legge italiana, una pena accessoria;
3) quando, secondo la legge italiana, si dovrebbe sottoporre la persona condannata o prosciolta, che si trova nel territorio dello Stato, a misure di sicurezza personali;
4) quando la sentenza straniera porta condanna alle restituzioni o al risarcimento del danno, ovvero deve, comunque, esser fatta valere in giudizio nel territorio dello Stato, agli effetti delle restituzioni o del risarcimento del danno, o ad altri effetti civili.
Per farsi luogo al riconoscimento, la sentenza deve essere stata pronunciata dall’autorità giudiziaria di uno Stato estero col quale esiste trattato di estradizione. Se questo non esiste, la sentenza estera può essere egualmente ammessa a riconoscimento nello Stato, qualora il Ministro della giustizia ne faccia richiesta. Tale richiesta non occorre se viene fatta istanza per il riconoscimento agli effetti civili.
Le condizioni e i presupposti del riconoscimento sono ulteriormente previsti negli articoli 730 e 732 c.p.p.
Infine si tenga conto del fatto che il principio di ineseguibilità dei giudicati penali stranieri ha subito nel tempo delle attenuazioni per effetto di diverse convenzioni internazionali (v. Convenzione di Bruxelles 25 maggio 1987 e 13 novembre 1991, Convenzione europea sulla validità internazionale dei giudizi repressivi – L’Aja 28 maggio 1970).

Pubblicato da Valeria Citraro

Laureata in Giurisprudenza con 108/110 presso l'Università degli Studi di Catania, con tesi in Diritto Processuale Penale dal titolo "La chiamata in correità. Struttura e Valutazione Probatoria". Abilitata all'esercizio della professione forense il 30/09/2016 con votazione 405/420.