Il reato di Guida in stato di ebbrezza

La condotta di che si pone alla guida in stato di ebbrezza è considerato reato nell’ordinamento italiano, sanzionato sulla base degli articoli 186 e 186-bis del Codice della strada.

Lo stato di ebbrezza indica la condizione di alterazione psicofisica derivante dall’assunzione di sostanze alcoliche, che comporta una percezione distorta della realtà, una diminuzione delle facoltà intellettive e un rallentamento dei riflessi.

Non è ricompresa nella condotta sanzionata dagli articoli 186 e 186-bis del C.d.S. l’alterazione psicofisica derivante dall’assunzione di sostanze diverse dall’alcol, quali farmaci o sostanze stupefacenti. Quest’ultima ipotesi è punita autonomamente come reato dal successivo art. 187 (accertabile non solo mediante l’espletamento di analisi mediche, ma anche da elementi sintomatici esterni ).

Quanto, invece, al concetto di guida del veicolo, se non è dubbio che chi si trovi all’interno del veicolo quale semplice passeggero non commette alcun reato, più controversa è la questione se sia punibile anche la condotta di chi si trovi a bordo in posizione di guida, ma il veicolo sia fermo, non stia cioè circolando al momento del controllo degli operanti.

Nella giurisprudenza di legittimità è dato rinvenire una serie di pronunce contrastanti tra loro. Secondo alcuni giudici, infatti, è del tutto irrilevante che il veicolo a bordo del quale si trovi in posizione di guida il soggetto fosse, al momento dell’effettuazione del controllo, fermo piuttosto che in moto, atteso che la fermata altro non è che una fase della circolazione, soprattutto ove sia stato accertato che il medesimo soggetto abbia, in precedenza, deliberatamente movimentato il mezzo in area pubblica o quantomeno destinata al pubblico (v. Cass. n. 37631/2007, n. 10476/10, sentenza n. 45514/2013).

Secondo un altro filone di pronunce, invece, lo stato di ebbrezza è sanzionabile, ove l’auto non sia in circolazione, solo quando sia assolutamente comprovato che il conducente abbia, in condizioni di alterazione dovuta ad ubriachezza, movimentato il proprio mezzo in un’area pubblica o destinata al pubblico (cfr., ad esempio, Cass. n. 10476/2010 o n. 10979/2007).

E’ evidente, a parere di chi scrive, che la condotta punita dal codice della strada faccia riferimento a un concetto di “guida” per così dire “dinamico”. Potrebbe, infatti, anche darsi l’ipotesi che il soggetto abbia assunto le sostanze alcoliche proprio dopo aver fermato l’auto o che il soggetto stia attendendo prudentemente, in fase si sosta all’interno del veicolo, di smaltire gli effetti della propria alterazione. Pertanto, sembra corretto ritenere che il giudicante debba effettuare una valutazione, caso per caso, delle circostanze concrete onde accertare se il soggetto abbia in precedenza circolato in stato di ebbrezza o stesse per farlo, al momento dell’effettuazione del controllo.

Attualmente sono previste tre ipotesi di guida in stato di ebbrezza. L’ipotesi più lieve, di recente depenalizzata, si ha quando viene accertato un valore corrispondente a un tasso alcolemico superiore a 0,5 e non superiore a 0,8 grammi per litro (g/l). Tale ipotesi costituisce un mero illecito amministrativo, sanzionato con il pagamento di una somma pecuniaria e la sospensione della patente di guida.

L’ipotesi, definibile come intermedia, si verifica quando viene accertato un valore corrispondente a un tasso alcolemico superiore a 0,8 e non superiore a 1,5 grammi per litro (g/l); mentre l’ipotesi più grave, quando il valore accertato supera 1,5 grammi per litro (g/l).

Tali ultime due ipotesi costituiscono reati contravvenzionali procedibili di ufficio e punibili con l’ammenda e l’arresto, nonché con le sanzioni accessorie della sospensione della patente di guida da sei mesi ad un anno nell’ipotesi c.d. intermedia, ovvero con la sospensione della patente di guida da uno a due anni nell’ipotesi più grave. Per quest’ultima ipotesi, con la sentenza di condanna, viene disposta la confisca del veicolo, salvo che il veicolo stesso appartenga a persona diversa dal conducente, ed in caso di recidiva nel biennio viene disposta la revoca della patente di guida dell’autore del reato.

Per i neopatentati e per i guidatori con meno di 21 anni la legge è ancora più severa. In questo caso infatti non c’è un limite di tasso alcolemico consentito; per costoro è vietato porsi alla guida del veicolo dopo l’assunzione di bevande alcoliche, qualsiasi sia il tasso alcolemico ancora in circolo.

Quanto alle modalità di accertamento dello stato di ebbrezza, esso può avvenire tramite l’utilizzo dell’etilometro (c.d. accertamento strumentale), ovvero con accertamento di indici sintomatici o con accertamento sanitario.

Com’è noto, l’etilometro è lo strumento utilizzato per la misurazione del valore dell’alcol nel sangue,  attraverso l’analisi dell’aria alveolare espirata. Attese le conseguenze che possono derivare dall’accertamento per il soggetto che vi si sottopone, l’etilometro utilizzato deve possedere una serie di caratteristiche previste dalla legge, che ne garantiscano l’affidabilità. In particolare, l’etilometro adoperato deve rispondere ai requisiti stabiliti con disciplinare tecnico approvato con decreto del Ministero dei trasporti; e prima del suo utilizzo deve essere sottoposto a verifiche e prove preventive presso il CSRPAD.

A norma del regolamento di esecuzione e di attuazione del nuovo codice della strada (DPR n. 495/1992), la concentrazione di alcol nel sangue “dovrà risultare da almeno due determinazioni concordanti effettuate ad un intervallo di tempo di 5 minuti”;  ove in una delle misurazioni il tasso risultasse inferiore a 0,5 g/l, deve essere esclusa la violazione. Tuttavia, in presenza di evidenti sintomi di alterazione psicofisica, debitamente verbalizzati, il reato di guida in stato di ebbrezza può ritenersi integrato anche sulla base degli esiti di una sola misurazione (cfr. Cass. penale, sez. IV, 19.11.2015, n. 45885).

L’etilometro, dopo le misurazioni, riporta l’esatto valore accertato, immediatamente visualizzabile sul relativo display che, tramite apposito strumento, dovrà essere anche stampato. Nel caso di illeggibilità del documento, vale quanto riportato a verbale dagli operanti (v. Cass. n. 18448/2008).

Al fine di individuare quale delle ipotesi distintamente previste dalle lettere a), b) e c) dell’art. 186, comma 2 C.d.s. ricorra nel caso di specie (rectius ipotesi lieve, intermedia o grave), nel caso in cui le due misurazioni diano risultati differenti, si deve guardare alla determinazione di gradazione inferiore (c. Cass. n. 3346/2009).

L’esito positivo dell’alcoltest costituisce prova della sussistenza dello stato di ebbrezza, ed è onere dell’imputato fornire eventualmente la prova contraria a tale accertamento dimostrando vizi od errori di strumentazione o di metodo nell’esecuzione dell’aspirazione, non essendo sufficiente la mera allegazione della sussistenza di difetti o della mancata omologazione dell’apparecchio (Cass.  n. 17463/2011).

L’accertamento dello stato di ebbrezza può, invero, avvenire con qualsiasi mezzo. Lo stato di ebbrezza, secondo la giurisprudenza, può essere desunto da altre circostanze sintomatiche, quali l’ammissione della persona sottoposta a indagine, l’alterazione della deambulazione, la difficoltà di movimento, l’eloquio sconnesso, l’alito vinoso; in presenza di tali circostanze, ove non sia possibile affermare, oltre ogni ragionevole dubbio, che la condotta dell’agente rientri nelle due fasce di maggior gravità, il giudice dovrà tuttavia ravvisare l’ipotesi più lieve, e, cioè, quella contemplata sub lettera a) del comma 2 dell’art. 186 del C.d.S., oggi sanzionata in via meramente amministrativa (cfr. Cass. n. 41399/2013).

Per quanto attiene, invece, all’accertamento sanitario, ai sensi del comma 5 dell’art. 186, esso può essere effettuato su richiesta degli organi di Polizia stradale nei confronti di conducenti coinvolti in incidenti stradali e sottoposti a cure mediche, ad opera delle strutture sanitarie di base o accreditate, le quali rilasceranno apposita certificazione.

L’accertamento sanitario può svolgersi con l’ausilio di un etilometro, oppure con le metodologie cliniche ed analitiche in uso nella struttura sanitaria o fondarsi sull’esame dei liquidi biologici e del sangue.

Trattandosi di un accertamento alquanto invasivo, deve tuttavia ritenersi che l’accertamento sanitario fondato sul prelievo ematico non possa essere eseguito contro il rifiuto dell’interessato, che, pertanto, deve espressamente prestare il proprio consenso. Tuttavia, ad avviso della giurisprudenza di legittimità, i risultati del prelievo ematico effettuato per le terapie di pronto soccorso successive ad incidente stradale, e non preordinato a fini di prova della responsabilità penale, sono utilizzabili per l’accertamento del reato contravvenzionale di guida in stato di ebbrezza, senza che rilevi l’assenza di consenso dell’interessato (Cass. pen n. 26018/2012). Ne consegue che l’indagato può opporre il suo rifiuto di sottoporsi ad un prelievo ematico che sia finalizzato unicamente all’accertamento dello stato di ebbrezza, in quanto si tratta di un esame invasivo, con violazione dei diritti della persona.

Il conducente del veicolo che viene sottoposto ad alcoltest deve essere avvertito della facoltà prevista dalla norma di farsi assistere da un difensore nel momento in cui viene avviata la procedura di accertamento strumentale dell’alcolemia (Cass. n. 6526/2018).

Secondo l’insegnamento delle Sezioni Unite (sent. n. 5396/2015), l’accertamento del tasso alcolemico costituisce infatti un accertamento urgente sulla persona ex art. 354 c.p.p., che deve essere eseguito tempestivamente, prima dell’intervento del pubblico ministero, per evitare che le tracce pertinenti al reato possano disperdersi o modificarsi. Sicché, in forza dell’art. 356 c.p.p., il difensore della persona nei cui confronti vengono svolte le indagini ha facoltà di assistere, senza però avere il diritto di essere preventivamente avvisato, con conseguente necessità di informare ex art. 114 disp. att. c.p.p. la persona che si intende sottoporre ad alcoltest che ha la facoltà di farsi assistere dal difensore di fiducia.
La Corte ha, tuttavia, precisato che l’avvertimento ex art. 114 disp. att. c.p.p. deve essere dato solo quando l’organo di polizia, sulla base delle specifiche circostanze del fatto, ritenga di desumere un possibile stato di alterazione del conducente, indicativo dello stato di ebbrezza e, segnatamente, “prima di procedere” all’accertamento mediante etilometro.
L’omissione di tale avviso determina una nullità a regime intermedio, che “può essere tempestivamente dedotta, a norma del combinato disposto degli artt. 180 e 182, comma 2, secondo periodo, cod. proc. pen., fino al momento della deliberazione della sentenza di primo grado“.
Quanto alla forma che deve rivestire l’avviso di farsi assistere dal difensore, anche secondo quanto precisato dalla Circolare Ministeriale N. 300/A/1/42175/109/42 del 29.12.2005, esso deve essere redatto per iscritto e consegnato alla persona che si sottopone all’alcoltest, non essendo sufficiente la generica richiesta di nominare un difensore di fiducia avanzata ai sensi dell’art. 349 c.p.p. che, costituendo un semplice invito a garanzia del diritto di difesa, non può ritenersi completamente esaustiva degli obblighi imposti dall’art. 356 c.p.p. e dal richiamato art. 114 disp. att. c.p.p.
L’avvertimento della facoltà di farsi assistere da un difensore deve essere effettuato anche nel caso in cui l’interessato si rifiuti di sottoporsi all’accertamento. Laddove, infatti, all’interessato non sia stato dato avviso della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia, non sussiste il reato connesso al rifiuto di sottoporsi agli accertamenti volti a verificare il tasso alcolemico e l’assunzione di stupefacenti (cfr. Cass. 6526/2018). Diversamente, in caso di rispetto delle procedure, il rifiuto di sottoporsi ad alcoltest è equiparato alla guida in stato di ebbrezza, secondo la fattispecie più grave, ai sensi di quanto previsto dal comma 7 del medesimo art. 186 C.d.S.
La Corte di Cassazione ha, sul punto, tuttavia chiarito che il conducente di un veicolo, il quale rifiuta di sottoporsi all’esame alcolemico, può essere mandato esente da responsabilità penale, laddove la sua condotta sia interpretata in termini di particolare tenuità del fatto”, ex art. 131 bis c.p. (Cass. S.U. n. 13682/2016).

Pubblicato da Valeria Citraro

Laureata in Giurisprudenza con 108/110 presso l'Università degli Studi di Catania, con tesi in Diritto Processuale Penale dal titolo "La chiamata in correità. Struttura e Valutazione Probatoria". Abilitata all'esercizio della professione forense il 30/09/2016 con votazione 405/420.