L’intervento degli enti esponenziali nel procedimento ex art. 91 c.p.p.

Ai sensi dell’art. 91 c.p.p., gli enti e le associazioni senza scopo di lucro, rappresentativi di interessi lesi dal reato (c.d. enti esponenziali), possono esercitare, in ogni stato e grado del procedimento, i diritti e le facoltà attribuiti alla persona offesa dal reato.

Preliminare chiarire che per enti esponenziali si intendono quelle persone giuridiche che abbiano come fine statutario la tutela di interessi superindividuali (es. sindacati, associazioni ambientaliste, e animaliste, le Onlus a tutela della salute, etc.).

Altrettanto importante sembra, inoltre, accennare brevemente a cosa si intenda per interessi collettivi. Si tratta di interessi che fanno capo in maniera omogenea a tutti i membri di un gruppo organizzato o ad una categoria (es. sociale, professionale). Essi vanno distinti dagli interessi diffusi, che sono senza un titolare (adespoti) e fanno capo ad una collettività, non determinata o non agevolmente determinabile, di cittadini, in quanto attengono a beni non suscettibili di fruizione differenziata.

La disciplina dell’intervento degli enti esponenziali nel procedimento penale venne inserita ex novo nel codice di rito del 1988 proprio per mettere fine a quell’orientamento sviluppatosi sotto la vigenza del codice Rocco che, con disinvoltura, consentiva agli enti collettivi di costituirsi parte civile, senza che gli stessi avessero subito un danno civile, patrimoniale o non patrimoniale, derivante da reato (art. 185 c.p.).

Pertanto, la regola è che detti soggetti agiscano all’interno del procedimento penale nella veste di accusatori privati, affiancando la persona offesa dal reato. Nondimeno, là dove tali enti risultino direttamente danneggiati dal reato, resta garantita la possibilità di esercitare l’azione civile costituendosi parte civile nel processo penale ex artt. 74 ss. c.p.p.

Affinché l’ente esponenziale possa intervenire nel procedimento – stando al tenore del medesimo art. 91 – occorre che l’ente non abbia scopo di lucro e che gli siano riconosciute, da una fonte legislativa (statale o anche regionale, e non già di mero atto amministrativo), finalità di tutela degli interessi lesi dal reato. Inoltre, tale qualifica deve essergli stata attribuita anteriormente alla commissione del fatto per cui si procede.

L’intento perseguito dal Legislatore è facilmente comprensibile, essendosi voluto evitare l’ingresso a organismi dall’incerta fisionomia, la cui legittimazione a tutelare determinate situazioni è rintracciabile solo nell’articolato del proprio statuto interno o, al più, in provvedimenti amministrativi.

La garanzia di un controllo legale, tuttavia, non implica la restrizione ai soli enti dotati di personalità giuridica, atteso che, ai sensi dell’art. 91 c.p.p., è richiesto che la legge riconosca finalità di tutela degli interessi lesi dal reato all’ente o all’associazione, senza fare cenno all’ulteriore requisito della personalità giuridica.

Ai fini dell’intervento nel procedimento dell’ente esponenziale, il successivo art. 92 c.p.p. prescrive a necessità del consenso della persona offesa. Tale consenso, revocabile in qualsiasi momento, deve risultare da atto pubblico o scrittura privata autenticata e può essere prestato a non più di uno degli enti o delle associazioni; é inefficace il consenso prestato a più enti o associazioni.

La facoltà riconosciuta agli enti esponenziali dall’art. 91 c.p.p. si sostanzia, essenzialmente, nella facoltà di intervenire ed assistere al procedimento al fianco della persona offesa (che si ricorda non essere una parte processuale in senso tecnico). Agli enti spettano le medesime facoltà e diritti riconosciuti alla persona offesa, come la facoltà di presentare memorie e quella di indicare elementi di prova (art. 90 c.p.p.), quella di richiedere al pubblico ministero di promuovere un incidente probatorio (art. 394) e la conseguente facoltà di esaminarne gli atti (art. 401).

Il legislatore ha, tuttavia, previsto anche l’esercizio di alcuni diritti in via esclusiva o simmetricamente. Ad es. l’art. 505 c.p.p. prevede che, tramite l’intervento del giudice, gli enti possano rivolgere domande a periti, consulenti tecnici e testimoni; così anche l’art. 511 c.p.p. consente loro di chiedere lettura degli atti contenuti nel fascicolo per il dibattimento; infine l’art. 572 prevede che possono sollecitare il pubblico ministero affinchè proponga impugnazione.

L’ente collettivo che voglia intervenire nel processo dovrà munirsi di un difensore dotato di procura speciale. Spetterà a quest’ultimo il compito di presentare alla autorità procedente un atto di intervento, in udienza o fuori udienza, che – a pena di inammissibilità – deve contenere (v. artt. 93 c.p.p.):

a) le indicazioni relative alla denominazione dell’ente o dell’associazione, alla sede, alle  disposizioni che riconoscono le finalità di tutela degli interessi lesi, alle generalità del legale rappresentante;

b) l’indicazione del procedimento;

c) il nome e il cognome del difensore e l’indicazione della procura;

d) l’esposizione sommaria delle ragioni che giustificano l’intervento;

e) la sottoscrizione del difensore.

Se è presentato fuori udienza, l’atto di intervento deve essere notificato alle parti e produce effetto dal giorno dell’ultima notificazione.

L’intervento deve essere effettuato fino a che non siano compiuti gli adempimenti relativi all’accertamento della regolare costituzione delle parti ex art. 484 c.p.p. e, ove regolarmente ammesso, l’intervento produce i suoi effetti in ogni stato e grado del procedimento.

Per quanto, invece, riguarda il momento a partire dal quale è ammesso l’intervento ex art. 91 c.p.p., l’ente collettivo può fare la sua comparsa anche nella fase delle indagini preliminari, proprio in virtù del suo particolare ruolo di accusatore privato, la cui azione risulterebbe sminuita qualora gli fosse impedito di essere attivo anteriormente alla decisione del pubblico ministero circa l’esercizio o meno della azione penale.

L’intervento degli enti esponenziali nel procedimento penale deve essere sottoposto ad una valutazione incidentale di ammissibilità da parte del giudice.

Il controllo varia a seconda delle modalità di presentazione dell’intervento. Se l’atto di intervento è presentato fuori udienza e quindi notificato alle altre parti, queste ultime possono opporsi all’intervento con dichiarazione scritta entro 3 giorni dalla notifica ricevuta; l’opposizione dovrà, inoltre, essere notificata al legale rappresentante dell’ente o dell’associazione, il quale può presentare le sue deduzioni nei 5 giorni successivi. Se l’intervento è avvenuto prima dell’esercizio dell’azione penale, sull’opposizione provvede il giudice per le indagini preliminari.

L’intervento può essere presentato anche in udienza preliminare, in tal caso l’opposizione deve essere proposta prima dell’apertura della discussione. Se, infine, avviene alla prima udienza di comparazione innanzi al Tribunale, prima dell’accertamento sulla regolare costituzione delle parti, la relativa opposizione deve essere proposta tra le questioni preliminari a norma dell’art. 491 c.p.p.

Inoltre, in ogni stato e grado del processo, il giudice, qualora accerti che non esistono i requisiti per l’intervento dell’ente esponenziale ex art. 91 c.p.p., dispone anche di ufficio, con ordinanza, l’esclusione dell’ente o dell’associazione (v. art. 95 c.p.p.).

Pubblicato da Valeria Citraro

Laureata in Giurisprudenza con 108/110 presso l'Università degli Studi di Catania, con tesi in Diritto Processuale Penale dal titolo "La chiamata in correità. Struttura e Valutazione Probatoria". Abilitata all'esercizio della professione forense il 30/09/2016 con votazione 405/420.