Intestazione fittizia di beni a elusione delle misure di prevenzione ex art. 12 quinquies

L’intestazione fittizia di beni, denaro o altre utilità, effettuata al fine di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniale o di contrabbando, ovvero di agevolare la commissione di uno dei delitti previsti dagli artt. 648, 648-bis e 648-ter c.p, costituisce reato sanzionato all’art. 12 quinquies della Legge 7 agosto 1992, numero 356, rubr. Trasferimento fraudolento di valori.

Si tratta di una fattispecie di reato a concorso necessario, caratterizzata dal dolo specifico, che può essere commessa anche da chi non sia ancora sottoposto a misura di prevenzione ed ancor prima che il relativo procedimento sia iniziato (Cass. 17546/2017).

Il reato di trasferimento fraudolento di valori è a forma libera, a consumazione istantanea, che si verifica allorché venga realizzata l’intestazione fittizia, e ad effetti permanenti.

Il carattere “fittizio” dell’operazione connota la tipicità del fatto. La caratteristica fondamentale consiste, infatti, nella consapevole determinazione di una situazione di difformità tra titolarità formale dei beni, soltanto apparente, e titolarità di fatto, qualificata dalla specifica finalizzazione di elusione delle misure di prevenzione patrimoniale (o in materia di contrabbando o al fine di agevolare la commissione dei reati di ricettazione, riciclaggio o impiego), che la distingue da una, altrimenti, consentita e lecita situazione di simulazione di rilievo civilistico.

L’intestazione fittizia di beni punita dall’art. 12 quinquies presuppone comunque, a tal fine, che il soggetto che procede all’attribuzione stessa, o nell’interesse del quale la medesima è effettuata, sia il reale dominus, che ricorre ad atti od operazioni simulate per sottrarsi a eventuali provvedimenti ablativi previsti dalla legislazione in tema di misure di prevenzione patrimoniali o per agevolare la commissione di reati connessi alla circolazione di mezzi economici di provenienza illecita. Da ciò deriva, che per la configurabilità del reato è necessario accertare l’esatta identità del reale intestatario dei beni, perché solo in tal modo è possibile apprezzare la fittizietà dell’attribuzione, da cui può farsi discendere l’addebito concorsuale a carico sia dell’intestatario reale che di quello fittizio (sezione II, sentenza 15 marzo 2013, Morra e altro).

Il delitto di trasferimento fraudolento di valori, quando è riferito alla attività imprenditoriale, è configurabile non solo con riferimento al momento iniziale della nascita della impresa, ma anche con riferimento al momento successivo relativo alla vita della impresa, quando, una volta che l’impresa o la società sia sorta in modo lecito, si verifichi comunque l’inserimento in essa di chi se ne avvale per i predetti illeciti fini: l’eventuale liceità della genesi della società non esclude dunque la commissione del delitto di cui all’art. art. 12 quinquies, con riferimento al successivo ingresso nella compagine sociale di soci occulti, mossi dalle finalità illecite indicate nella suddetta norma incriminatrice (Cass. Sez. II, 5 febbraio 2014, Gobbi).

Sempre dal punto di vita soggettivo, si è evidenziato che solo la totale inconsapevolezza da parte del terzo del fine illecito, in base al quale agisca la persona sottoposta o sottoponibile a misure patrimoniale, può assumere rilievo al fine di escluderne il dolo.

Infine, si ricorda come la configurabilità del reato non sia esclusa nel caso in cui i beni del soggetto sottoposto a misura di prevenzione patrimoniale siano intestati anche a titolo oneroso, nonché a titolo gratuito o fiduciario, nei due anni precedenti alla suddetta misura, a soggetti vicini come il coniuge, i figli, le persone conviventi, i parenti e gli affini, per i quali opera la presunzione d’interposizione fittizia prevista dall’art. 26 comma 2° D. Lgs. 159 del 2011 (v. Cass, Sez II, 9 dicembre 2015, n. 13915). Tuttavia, si precisa che anche in tali ultimi casi la capacità elusiva dell’operazione patrimoniale non può prescindere dall’apprezzamento di elementi di fatto ulteriori rispetto all’atto del trasferimento, che consentano la ricostruzione della fattispecie incriminatrice non solo sul piano oggettivo ma anche su quello soggettivo.

Non vi sono dubbi, infine, sulla compatibilità tra la circostanza aggravante ad effetto speciale prevista dall’art. 7 L. 203 del 1991 e il delitto previsto dall’art. 12 quinquies L. 356/1992, qualora l’occultamento giuridico dell’attività imprenditoriale di un soggetto, attraverso la fittizia intestazione ad altri, sia funzionale ad implementare la forza del sodalizio di stampo mafioso, determinando un accrescimento della sua posizione sul territorio attraverso il controllo di un’attività economica.

Pubblicato da Valeria Citraro

Laureata in Giurisprudenza con 108/110 presso l'Università degli Studi di Catania, con tesi in Diritto Processuale Penale dal titolo "La chiamata in correità. Struttura e Valutazione Probatoria". Abilitata all'esercizio della professione forense il 30/09/2016 con votazione 405/420.