La Cassazione torna sulla nozione della quasi flagranza di reato

La Corte di legittimità torna sulla nozione della quasi flagranza di reato, pronunciandosi sul ricorso presentato avverso l’ordinanza di convalida dell’arresto di una donna, effettuato sulla base delle informazioni testimoniali raccolte sul luogo del fatto.

Il concetto di “flagranza” e “quasi flagranza” di reato presuppongono che la Polizia Giudiziaria abbia avuto una percezione del fatto ovvero degli elementi indicativi di una commissione del reato “immediatamente prima” dell’intervento degli agenti operanti, ossia quasi nell’immediatezza del fatto-reato (Cass. Sez. II, n. 19948 del 04/04/2017 – dep. 26/04/2017).

E ciò in considerazione dell’eccezionalità del potere, riservato agli agenti di P.G., di limitare la libertà personale individuale, in contesti, implicanti, per l’appunto, la certezza o un’altissima probabilità della responsabilità penale del soggetto tratto in arresto. In mancanza di una constatazione diretta da parte degli agenti, non si può procedere all’arresto in flagranza.

Ed invero, secondo la giurisprudenza, è illegittimo l’arresto in flagranza operato dalla polizia giudiziaria sulla base delle informazioni fornite dalla vittima o da terzi nell’immediatezza del fatto, poichè, in tale ipotesi, non sussiste la condizione di “quasi flagranza”, la quale presuppone l’immediata e autonoma percezione, da parte di chi proceda all’arresto, delle tracce del reato e del loro collegamento inequivocabile con l’indiziato (Sez. Un., n. 39131 del 24/11/2015 – dep. 21/09/2016).

Nella fattispecie, non sussistevano le predette condizioni, posto che gli indizi di colpevolezza convergevano sull’indagata, odierna ricorrente, solo a seguito dell’assunzione di informazioni nell’immediatezza dei fatti e delle comunicazioni telefoniche intercorse con gli operatori di polizia giudiziaria.

Conseguente, la declaratoria di illegittimità del provvedimento di convalida impugnato.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza n. 24760 del 9.03.2018 – deposito 1.06.2018.

Pubblicato da Valeria Citraro

Laureata in Giurisprudenza con 108/110 presso l'Università degli Studi di Catania, con tesi in Diritto Processuale Penale dal titolo "La chiamata in correità. Struttura e Valutazione Probatoria". Abilitata all'esercizio della professione forense il 30/09/2016 con votazione 405/420.