La mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice

Il reato di mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice, previsto dall’art. 388 codice penale, è stato inserito dal legislatore tra i reati contro l’amministrazione della giustizia, al fine di l’esigenza che i provvedimenti giudiziari possano trovare regolare esecuzione.

La norma in esame configura un reato plurioffensivo, dato che tutela non solo l’autorità delle decisioni giudiziarie, ma anche l’interesse del privato a favore del quale è stato emesso il provvedimento o la sentenza del giudice.

Tale reato viene in essere quando un qualunque soggetto si rifiuti di ottemperare a un ordine del giudice o compia un atto volto a renderne impossibile l’esecuzione.

Più in dettaglio la norma descrive ben cinque ipotesi di fattispecie criminose diverse fra di loro.

Ai sensi del 1° comma, è punito chiunque per sottrarsi all’adempimento degli obblighi civili nascenti da una sentenza di condanna, o dei quali è in corso l’accertamento dinanzi all’autorità giudiziaria, compie, sui propri o sugli altrui beni, atti simulati o fraudolenti, o commette allo stesso scopo altri fatti fraudolenti, qualora non ottemperi alla ingiunzione di eseguire la sentenza.

Tra i soggetti attivi rientrano solo coloro che sono obbligati in forza di una decisione giudiziale.

L’espressione “sentenza di condanna” si ritiene, infatti, comprenda tutti i provvedimenti che, quantunque sia il nome loro dato o la forma nella quale si estrinsechino, assumano la natura di decisioni giudiziarie che importino la imposizione, per riconoscimento o per creazione, di un obbligo e siano emessi in sede giurisdizionale. È del tutto indifferente che il provvedimento giurisdizionale consegua ad un procedimento penale, civile o amministrativo o in corso di accertamento. Non è nemmeno richiesto il carattere definitivo del provvedimento, reputandosi per contro sufficiente anche la mera provvisoria esecutività.

La condotta materiale del reato si basa sulla realizzazione di atti simulati o fraudolenti e di altri fatti fraudolenti, posti in essere per non ottemperare all’ingiunzione di eseguire gli obblighi derivanti dalla sentenza di condanna; dove per atto fraudolento deve intendersi quello compiuto in frode ai creditori (vedi art. 2901 c.c.) mentre per atto simulato si devono intendere le c.d. finte vendite (negozio simulato civilistico).

Il 2° comma punisce chi elude l’esecuzione di un provvedimento del giudice civile, ovvero amministrativo o contabile, che concerna l’affidamento di minori o di altre persone incapaci, ovvero prescriva misure cautelari a difesa della proprietà, del possesso o del credito.

Nella categoria dei provvedimenti del giudice civile che prescrivono misure cautelari a difesa delle proprietà, è compreso ogni provvedimento atto ad incidere sull’esercizio del diritto reale e che richiede la necessaria ottemperanza del destinatario dell’ordine, in quanto insuscettibile di essere regolarmente eseguito in via coattiva secondo le regole dell’esecuzione civile.

Anche in questo caso soggettivi attivi del reato rientrano solo coloro che sono obbligati in forza di provvedimento riguardante l’affidamento di minori e incapaci, da intendersi di contenuto non patrimoniale, quindi esclusivamente riferito ai provvedimenti volti a disciplinare la custodia, tutela e potestà, ovvero riguardante l’adozione della tutela cautelare della proprietà, del credito o del possesso.

E’ elemento costitutivo del reato, e non condizione di punibilità, l’ingiunzione ad adempiere al provvedimento. A tal fine, è necessario e sufficiente che vi sia stata una richiesta di adempimento (o una messa in mora), anche informale, purché si tratti di intimazione che sia precisa e non equivoca, rigorosamente provata anche quanto alla sua ricezione da parte del debitore.

Per quel che concerne l’elemento psicologico, a differenza del 1° comma, è sufficiente il semplice dolo generico e, cioè, la coscienza e la volontà di disobbedire al provvedimento del giudice. Ne consegue che il reato di mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice postula che il provvedimento emesso in sede cautelare sia portato a conoscenza del destinatario secondo le regole proprie del processo.

Il 3° e 4° comma puniscono, ancora,:

  • chiunque sottrae, sopprime, distrugge, disperde o deteriora una cosa di sua proprietà sottoposta a pignoramento ovvero a sequestro giudiziario o conservativo, nonché il proprietario che commetta il fatto su una cosa affidata alla sua custodia o il custode che lo compia al solo scopo di favorire il proprietario;
  • ed il custode di una cosa sottoposta a pignoramento ovvero a sequestro giudiziario o conservativo che indebitamente rifiuta, omette o ritarda un atto dell’ufficio.

Tali fattispecie sono state inserite nella norma dalla legge n. 689/1981, previo scorporo dall’art 334 c.p. nel quale erano originariamente contenute. La ratio legis che ha ispirato il legislatore italiano è stata quella di accentuare la dimensione privatistica della tutela apprestata dalla norma dove è prevalente l’interesse del soggetto a favore del quale sono stati disposti determinati provvedimenti giudiziari.

Ai fini della configurazione del reato dal punto di vista soggettivo, è richiesto, nel caso in cui la condotta venga posta in essere dal proprietario non custode, il dolo generico, che presuppone la conoscenza del vincolo giudiziario. Per quel che riguarda il custode è, invece, necessario il dolo specifico poiché questi agisce con il solo scopo di favorire il proprietario.

Infine, il 5° comma punisce il debitore o l’amministratore, direttore generale o liquidatore della società debitrice che, invitato dall’ufficiale giudiziario ad indicare le cose o i crediti pignorabili, omette di rispondere nel termine di 15 giorni o effettua una falsa dichiarazione.

Pubblicato da Valeria Citraro

Laureata in Giurisprudenza con 108/110 presso l'Università degli Studi di Catania, con tesi in Diritto Processuale Penale dal titolo "La chiamata in correità. Struttura e Valutazione Probatoria". Abilitata all'esercizio della professione forense il 30/09/2016 con votazione 405/420.