Conversione della pena detentiva: le condizioni economiche dell’imputato

Ai fini della valutazione discrezionale del giudice circa la possibilità di conversione della pena detentiva breve nella corrispondente pena pecuniaria, ai sensi dell’art. 133 c.p. bisogna tener conto di determinati criteri, «tra i quali è compreso quello delle condizioni di vita individuale, familiare e sociale dell’imputato, ma non quello delle sue condizioni economiche». E’ quanto, recentemente, ha ribadito la Cassazione con sent. n. 26230/2018.

Il caso. Il Giudice d’appello negava la richiesta dell’imputato volta alla conversione della pena detentiva in pecuniaria, sul presupposto che le difficoltà economiche evidenziate dallo stesso imputato fossero ostative al suo accoglimento. L’imputato ricorreva, pertanto, alla Suprema Corte richiamando, al fine di contestare il rigetto della richiesta di conversione della pena,  la sentenza della Corte di Cassazione sez. III,  n. 16102 del 24/03/2015, nella quale si legge:

«La sostituzione della pena detentiva con quella pecuniaria è consentita anche in relazione a condanna inflitta a persona in condizioni economiche disagiate, in quanto la prognosi di inadempimento, ostativa alla sostituzione in forza dell’art. 58, secondo comma, n. 689 del 1981 si riferisce soltanto alle pene sostitutive di quella detentiva accompagnate da prescrizioni, ossia alla semidetenzione e alla libertà controllate, e non alla pena pecuniaria sostitutiva, che non prevede alcuna particolare prescrizione; nell’esercitare il potere discrezionale di sostituire le pene detentive brevi con le pene pecuniarie corrispondenti, il giudice deve tenere conto dei criteri indicati nell’art. 133 c.p., tra i quali è compreso quello delle condizioni di vita individuale, familiare e sociale dell’imputato, ma non quello delle sue condizioni economiche».
La Corte di Cassazione, adita dal ricorso, ha fatto propri i principi di diritto espressi dalla sentenza appena citata, invero espressione di una giurisprudenza alquanto consolidata sul punto.
Di qui, l’annullamento sul punto della sentenza impugnata con rinvio ad altra Sezione della Corte d’appello al fine di una rivalutazione della richiesta in base ai criteri indicati nell’art. 133 cod. pen., tra i quali è compreso quello delle condizioni di vita individuale, familiare e sociale dell’imputato, ma non quello delle sue condizioni economiche.

Cassazione Penale sez. III, sentenza n. 26230 dell’ 11/04/2018 – dep. 8/06/2018.

Pubblicato da Valeria Citraro

Laureata in Giurisprudenza con 108/110 presso l'Università degli Studi di Catania, con tesi in Diritto Processuale Penale dal titolo "La chiamata in correità. Struttura e Valutazione Probatoria". Abilitata all'esercizio della professione forense il 30/09/2016 con votazione 405/420.