Le circostanze del reato: attenuanti e aggravanti

Si definiscono circostanze del reato quegli elementi c.d. accidentali, che concorrono alla descrizione del fatto illecito pur non essendo essenziali ai fini della sua configurazione, incidendo sulla misura della pena mediante un aggravamento e/o una riduzione della stessa.

Esse assolvono essenzialmente a due funzioni: circoscrivono la discrezionalità del giudice nell’irrogazione della pena, nonché riducono il divario tra l’astrattezza della fattispecie di reato e la varietà delle situazioni in cui la condotta incriminata viene posta in essere.

Le circostanze del reato si distinguono in:

  • attenuanti, le quali comportano una diminuzione della pena, ed aggravanti, che viceversa determinano  un aumento della pena;
  • comuni, applicabili a tutti i tipi di reato, e speciali. applicabili solo a determinate fattispecie di reato (es. art. 625 c.p. “furto aggravato”);
  • intrinseche, quando riguardano la condotta illecita, ed estrinseche, quando ono estranee all’esecuzione e/o consumazione del reato e riguardano i cd. fatti successivi;
  • ad effetto comune, quando determinano un aumento o una diminuzione della pena fino a 1/3, e ad effetto speciale, quando determinano, a seconda dei casi: a) l’applicazione di una pena diversa da quella prevista dal Codice penale per il reato non circostanziato; b) la determinazione di una pena in maniera indipendente da quella ordinaria del reato; c) l’applicazione di un aumento e/o diminuzione della pena superiore a 1/3 della pena base;
  • oggettive, ove riguardino la natura, l’oggetto, il tempo, il luogo dell’azione, nonché la gravità del danno o del pericolo e le condizioni e qualità personali della persona dell’offeso, e soggettive, ove riguardino le condizioni o qualità personali del colpevole, l’intensità del dolo o il grado della colpa e i rapporti tra agente e soggetto passivo del reato (cfr. art. 70 c.p.);
  • tipiche, ove siano oggetto di un notevole grado di tipizzazione legislativa, generiche, quelle descritte in modo vago e impreciso sì che in pratica spetta al giudice determinarne il reale contenuto, o atipiche;
  • facoltative e obbligatorie, a seconda che, una volta riconosciuta la loro sussistenza, debbano obbligatoriamente o meno essere applicate dal giudicante;

Le circostanze aggravanti comuni

L’articolo 61 c.p.  prevede ben 11 aggravanti comuni , che sono:

  1. aver agito per motivi abietti o futili;
  2. aver commesso il reato per eseguirne un altro o occultarne un altro ovvero conseguire o assicurare a sé o ad altri il prodotto o il profitto o il prezzo ovvero la impunità di un altro reato;
  3. avere, nei delitti colposi, agito nonostante la previsione dell’evento (c.d. colpa cosciente);
  4. avere adoperato sevizie o l’aver agito con crudeltà verso le persone;
  5. aver profittato di circostanze di tempo, di luogo o di persona tali da ostacolarne la pubblica o privata difesa;
  6. aver il colpevole commesso il reato durante il tempo in cui si è sottratto volontariamente alla esecuzione di un mandato o di un ordine di arresto o di carcerazione, spedito per un precedente reato;
  7. avere, nei delitti contro il patrimonio, o che comunque offendono il patrimonio, ovvero dei delitti determinati da motivi di lucro, cagionato alla persona offesa dal reato un danno patrimoniale di rilevante gravità; la circostanza ha natura oggettiva;
  8. aver aggravato o tentato di aggravare le conseguenze del delitto commesso;
  9. aver commesso il fatto con abuso di poteri, o con violazione dei doveri inerenti ad una pubblica funzione o a un pubblico servizio, ovvero alla qualità di ministro di un culto;
  10. aver commesso il fatto contro un pubblico ufficiale o una persona incaricata di un pubblico servizio, o rivestita della qualità di ministro del culto cattolico o di un culto ammesso nello Stato, ovvero contro un agente diplomatico o consolare di uno Stato estero, nell’atto o a causa dell’adempimento delle funzioni o del servizio;
  11. aver commesso il fatto con abuso di autorità o di relazioni domestiche, ovvero con abuso di relazione di ufficio, di prestazione d’opera, di coabitazione o di ospitalità.

A norma dell’art. 1 DL. 625/79, è prevista un ulteriore aggravante comune per tutti i reati dolosi ovvero quella di aver commesso il fatto per finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico.

Le circostanze attenuanti comuni

Il successivo articolo 62 c.p. prevede 6 circostanze attenuanti comuni, e cioè:

  1. aver agito per motivi di particolare valore morale o sociale;
  2. aver agito in stato d’ira, determinato da un fatto ingiusto altrui (c.d. provocazione);
  3. aver agito per suggestione di una folla in tumulto, quando non si tratta di riunioni o assembramenti vietati dalla legge o dall’Autorità e il colpevole non è delinquente o contravventore abituale o professionale o delinquente per tendenza;
  4. aver, nei delitti contro il patrimonio o che comunque offendono il patrimonio, cagionato alla persona offesa dal reato un danno patrimoniale di speciale tenuità, ovvero, nei delitti determinati da motivi di lucro, l’aver agito per conseguire o l’avere comunque conseguito un lucro di speciale tenuità, quando anche l’evento dannoso o pericoloso sia di speciale tenuità;
  5. essere concorso a determinare l’evento, insieme con l’azione o l’omissione del colpevole, il fatto doloso della persona offesa;
  6. aver, prima del giudizio, riparato interamente il danno, mediante il risarcimento di esso, e, quando sia possibile, mediante le restituzioni; o l’essersi, prima del giudizio e fuori del caso preveduto nell’ultimo capoverso dell’art. 56, adoperato spontaneamente ed efficacemente per elidere o attenuare le conseguenze dannose o pericolose del reato: ha natura soggettiva e prevede due diverse ipotesi accomunate dalla circostanza del ravvedimento del reo successivamente alla commissione del reato e comunque prima dell’inizio del giudizio.

Le Circostanze attenuanti generiche

L’art. 62 bis c.p dispone che:

 “Il giudice, indipendentemente dalle circostanze previste nell’articolo 62, può prendere in considerazione altre circostanze diverse, qualora le ritenga tali da giustificare una diminuzione della pena. Esse sono considerate in ogni caso, ai fini dell’applicazione di questo capo, coma una sola circostanza, la quale può anche concorrere con una o più delle circostanze indicate nel predetto articolo 62.

(…)

In ogni caso, l’assenza di precedenti condanne per altri reati a carico del condannato non può essere, per ciò solo, posta a fondamento della concessione delle circostanze di cui al primo comma “

Trattasi di circostanze in senso tecnico, comuni, ma dal contenuto indefinito. La norma infatti non descrive le situazioni in relazioni alle quali è prevista la diminuzione di pena, riferendosi a tutte quelle situazioni non prevedibili dal legislatore, ma ugualmente rilevanti, la cui individuazione è affidata al giudice attraverso l’esercizio del suo potere discrezionale. Non è però da considerarsi quale benevola concessione, piuttosto come riconoscimento di elementi e dati, inerenti al reato o al suo autore, meritevoli di considerazione positiva, nel rispetto dei criteri desumibili dall’ordinamento. Ne possono essere un esempio: la confessione spontanea del colpevole, il corretto comportamento processuale, la collaborazione prestata nelle indagini ed altre situazioni di manifesto ravvedimento, se non è già di per sè configurabile l’attenuante del ravvedimento operoso, di cui all’articolo 62 n. 6.

In ordine alla valutazione della concedibilità di tali circostanze, il giudice è chiamato ad una considerazione discrezionale degli indici di cui all’art. 133 del c.p. A tal riguardo, per espressa previsione, non si tiene conto dei criteri di cui all’articolo 133, primo comma, numero 3) , e secondo comma, nei casi previsti dall’articolo 99, quarto comma, in relazione ai delitti previsti dall’articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale, nel caso in cui siano puniti con la pena della reclusione non inferiore nel minimo a 5 anni.

Valutazione delle circostanze del reato

 In particolare, le circostanze che attenuano o escludono la pena sono valutate a favore dell’agente in maniera oggettiva, e cioè anche se da lui non conosciute o da lui per errore ritenute inesistenti (art. 59 comma 1 c.p.); viceversa, le circostanze che aggravano la pena sono valutate a carico dell’agente in maniera soggettiva, quindi soltanto se da lui conosciute ovvero ignorate per colpa o ritenute inesistenti per errore determinato da colpa (art. 59 comma 2 c.p.).

Una disciplina particolare è prevista per l’ipotesi di errore sulla persona offesa da un reato. L’articolo 60 c.p. stabilisce infatti al 1° comma che “nel caso di errore sulla persona offesa da un reato, non sono poste a carico dell’agente le circostanze aggravanti, che riguardano le condizioni o qualità della persona offesa, o i rapporti tra offeso e colpevole” e al 2° comma che “sono invece valutate a suo favore le circostanze attenuanti, erroneamente supposte, che concernono le condizioni, le qualità o i rapporti predetti”.

L’errore sulla persona dell’offeso si verifica quando il soggetto agente, confonde con altra persona l’offeso. Esso non va confuso con la c.d. aberratio ictus, che indica i casi in cui l’agente colpisce un bersaglio diverso da quello programmato, per errore nell’uso dei mezzi di esecuzione del reato o per altra causa.

Concorso tra più circostanze del reato

Si parla di concorso di circostanze, quando a qualificare il fatto concorrono appunto più circostanze del reato. Al riguardo, deve distinguersi tra concorso omogeneo, quando cioè concorrono più circostanze dello stesso tipo (tutte aggravanti o tutte attenuanti), e concorso eterogeneo, quando concorrono circostanze aggravanti ed attenuanti insieme.

Nel primo caso, si verifica un aumento o una diminuzione della pena quante sono le circostanze concorrenti. Qualora, invece, le circostanze siano eterogenee, si deve procedere a un giudizio di comparazione tra tutte, secondo il libero apprezzamento del Giudice.

Si potrà quindi giungere a un giudizio di prevalenza delle circostanze aggravanti e/o di quelle attenuanti sulle altre e quindi dar luogo unicamente all’aumento/diminuzione di pena, sulla base delle circostanze ritenuti prevalenti; o ad un giudizio di equivalenza, per cui si procede al reciproco annullamento e alla semplice applicazione della pena base prevista dal codice penale per quelle fattispecie di reato.

Oltre al concorso tra circostanze aggravanti ed attenuanti, può anche accadere che concorrono tra loro  circostanze ad effetto comune e/o ad effetto speciale.

Nel primo caso (efficacia comune), l’art. 63 comma 2 c.p. stabilisce che “se concorrono più circostanze aggravanti, ovvero più circostanze attenuanti, l’aumento o la diminuzione di pena si opera sulla quantità di essa risultante dall’aumento o dalla diminuzione precedente”.

Nella fattispecie, occorre però far salvo quanto disposto dall’art. 66 c.p. che stabilisce “se concorrono più circostanze aggravanti, la pena da applicare per effetto degli aumenti non può superare il triplo del massimo stabilito dalla legge per il reato né comunque eccedere: 1) gli anni trenta, se si tratta della reclusione; 2) gli anni cinque, se si tratta dell’arresto; ”. Per quanto attiene al concorso di circostanze attenuanti, l’art. 67 c.p. stabilisce che la pena da applicare non può essere inferiore a dieci anni se la pena prevista per il delitto è l’ergastolo mentre negli altri casi non può essere inferiore a un quarto.

Nel secondo caso (efficacia speciale), l’aumento o la diminuzione per le altre circostanze non opera sulla pena ordinaria del reato, ma sulla pena stabilita per la circostanza ad effetto speciale. Se concorrono più circostanze aggravanti ad effetto speciale, si applica soltanto la pena stabilita per la circostanza più grave; ma il giudice può aumentarlaSe concorrono più circostanze attenuanti ad effetto speciale, si applica soltanto la pena meno grave stabilita per le predette circostanze; ma il giudice può diminuirla (cfr. art. 63 commi 3, 4 e 5 c.p.).

Pubblicato da Valeria Citraro

Laureata in Giurisprudenza con 108/110 presso l'Università degli Studi di Catania, con tesi in Diritto Processuale Penale dal titolo "La chiamata in correità. Struttura e Valutazione Probatoria". Abilitata all'esercizio della professione forense il 30/09/2016 con votazione 405/420.