La lotta alla violenza antisportiva (L. 13 dicembre 1989, n. 401): il D.A.SPO. e i c.d. reati da stadio.

reati da stadio

Con l’espressione manifestazioni sportive si individuano quelle competizioni che si svolgono nell’ambito delle attività previste dalle federazioni sportive e dagli enti e/o organizzazioni riconosciute dal C.O.N.I. (art. 2 bis D.L. 336/2001 conv. in L 377/2001).

Esse costituiscono un genus della specie dei pubblici trattenimenti, disciplinati agli artt. 68 e ss. T.U.L.P.S.

La normativa di riferimento è contenuta nella L. 13 dicembre 1989, n. 401, la quale ha costituito una risposta puntuale dello Stato all’esigenza di predisporre idonei strumenti a tutela della correttezza nello svolgimento di dette manifestazioni. La più importante novità introdotta nell’ordinamento giuridico dalla citata fonte normativa è certamente costituita dal divieto di accesso alle competizioni sportive (c.d. D.A.SPO.), che assunse sin da subito connotazioni specialpreventive in quanto volto ad impedire a soggetti già autori di determinate condotte pericolose, poste in essere in occasioni di competizioni sportive, di commetterne altre della stessa indole.

Invero, esistono sostanzialmente due diverse tipologie di D.A.SPO: una prima tipologia è quella di competenza del Questore (art. 6, co. 1); una seconda è invece rimessa alla competenza dell’autorità giurisdizionale, che potrà procedere ad irrogare la misura direttamente, al momento della pronuncia della sentenza penale di condanna per uno dei reati di violazione delle misure di prevenzione interdittive e prescrittive adottate dal Questore, oppure per quei reati comunque commessi in occasione o causa di manifestazioni sportive o durante il trasferimento da o verso i luoghi in cui si svolgono dette manifestazioni (art. 6, co. 7).

Accanto al D.A.SPO. si colloca, in funzione strumentale, la previsione dell’obbligo di comparazione personale presso l’ufficio e/o comando di polizia territorialmente competente, nel periodo corrispondente a quello di svolgimento della manifestazione sportiva oggetto del divieto di accesso (art. 6, co. 2).

Il decreto impositivo di tale obbligo assume le sembianze di un atto idoneo ad incidere sulla libertà personale, tutelata costituzionalmente dall’art. 13 che – com’è noto – impone la doppia riserva di legge e di giurisdizione; al contrario, il D.A.SPO. presenta una minore incidenza sulla sfera della libertà personale, in quanto lesivo della libertà di circolazione (art. 16 Cost.),  presidiata soltanto da una riserva di legge per motivi di sanità e sicurezza pubblica.

Ne consegue che l’adozione da parte del Questore della prescrizione dell’obbligo di comparizione personale, in aggiunta al divieto di accesso ai luoghi teatro delle manifestazioni sportive, richiede, ai fini della sua legittimità ex art. 13 Cost., un momento di vera e propria convalida giurisdizionale. Il giudice a ciò competente viene individuato nel G.I.P. presso il tribunale dove ha sede l’ufficio del P.M. competente, che – a sua volta – è quello nel cui circondario ha sede la competente Questura.

Il procedimento di convalida va iniziato immediatamente , a far data dalla notifica della misura all’interessato e deve concludersi entro le successive 48 ore: in particolare il P.M. potrà, nelle 48 ore successive, determinarsi in senso favorevole alla proposta del Questore, richiedendo la convalida al G.I.P., o lasciando decorrere inutilmente detto termine, con ciò determinando l’inefficacia della misura. A tale medesima conclusione si perviene anche nell’ipotesi in cui il G.I.P. investito della decisione ometta di disporre la convalida nelle successive 48 ore.

Il giudice adito decide de plano, in assenza di alcuna udienza. Il contraddittorio tra le parti si presenta dunque meramente cartolare. Si noti inoltre che il diniego di convalida giurisdizionale incide esclusivamente sulla prescrizione di comparizione personale e non anche sul divieto di accesso.

Quanto ai presupposti di irrogazione, essi possono così riassumersi:

  1. Ragioni di necessità ed urgenza;
  2. Pericolosità sociale in senso lato del prevenuto;
  3. Ascrivibilità al preposto delle condotte addebitate;
  4. Congruità della durata della misura che , ove ritenuta eccessiva, potrà anche essere proporzionalmente ridotta dal giudice.

Si noti che a seguito delle modifiche operate dalla L. 146/2014 al comma 3 dell’art. 6 L. 401/1989, il potere del giudice non è limitato alla scelta tra convalidare o meno il provvedimento del Questore, ma può investire anche le prescrizioni fino a modificarle. È stato così eliminato ogni dubbio in ordine all’ampiezza dei poteri del G.I.P. circa il provvedimento del Questore.

Il procedimento che conduce all’irrogazione del divieto di accesso da parte del Questore è procedimento tipicamente amministrativo, soggetto – come tale – alle regole generali dettata dalla L. 7 agosto 1990, n. 241. Il destinatario del provvedimento potrà quindi decidere se impugnarlo in via amministrativa con ricorso gerarchico al Prefetto, oppure in via giurisdizionale con ricorso al T.A.R.

Quando invece il D.A.SPO. sia accompagnato dall’obbligo di presentazione personale, il provvedimento di convalida del giudice sarà soggetto a ricorso in cassazione.

I c.d. reati da stadio.

Previsti dalla medesima L. 401/1989, i reati da stadio sono stati introdotti per effetto di una legislazione di emergenza che non si è limitata alla creazione di nuove fattispecie penali, ma ha anche proceduto ad inasprire il trattamento sanzionatorio di quelle già esistenti.

Pare opportuno iniziare la trattazione dall’analisi del delitto di inosservanza del divieto di accesso ai luoghi di svolgimento delle manifestazioni sportive o a quelli contigui e/o della prescrizione della comparizione personale presso un ufficio o comando di polizia adottati dal Questore (art. 6, co. 6) , che così testualmente dispone:  “Il contravventore alle disposizioni di cui ai commi 1 e 2 è punito con la reclusione da uno a tre anni e con la multa da 10.000 euro a 40.000 euro. Le stesse disposizioni si applicano nei confronti delle persone che violano in Italia il divieto di accesso ai luoghi in cui si svolgono manifestazioni sportive adottato dalle competenti Autorità di uno degli altri Stati membri dell’Unione europea”.

Si tratta di un reato formale di pericolo presunto, il cui disvalore è rappresentato dalla mera disobbedienza alle prescrizioni impartite dall’autorità competente a protezione dei beni giuridici superindividuali dell’ordine e della sicurezza pubblica ( i quali rappresentano, infatti, i beni giuridici tutelati dalla norma incriminatrice de qua).

Ancora, si tratta di un reato omissivo puro e proprio, in quanto può essere commesso soltanto da colui il quale sia destinatario del provvedimento questorile.

Quanto all’elemento soggettivo, è richiesto il dolo generico, inteso come consapevolezza e volontà di violare – con la propria condotta – il contenuto prescrittivo e/o interdittivo del provvedimento.

L’art. 6 bis, co. 1 disciplina il reato di lancio di materiale pericoloso (novellato dal D.L. 8 /2007 conv. in L. 41/2007): “Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, nei luoghi in cui si svolgono manifestazioni sportive ovvero in quelli interessati alla sosta, al transito, o al trasporto di coloro che partecipano o assistono alle manifestazioni medesime o, comunque, nelle ventiquattro ore precedenti o successive allo svolgimento della manifestazione sportiva, e a condizione che i fatti avvengano in relazione alla manifestazione sportiva stessa, lancia o utilizza, in modo da creare un concreto pericolo per le persone, razzi, bengala, fuochi artificiali, petardi, strumenti per l’emissione di fumo o di gas visibile, ovvero bastoni, mazze, materiale imbrattante o inquinante, oggetti contundenti, o, comunque, atti ad offendere, è punito con la reclusione da uno a quattro anni. La pena e’ aumentata se dal fatto deriva un ritardo rilevante dell’inizio, la sospensione, l’interruzione o la cancellazione della manifestazione sportiva. La pena è aumentata fino alla metà se dal fatto deriva un danno alle persone”.

Soggetto attivo del reato in commento può essere chiunque (reato comune).

Sul piano oggettivo, la condotta tipizzata può consistere tanto nel lancio , quanto nell’utilizzo  di corpi contundenti o comunque atti ad offendere, in modo però da recare concreto pericolo alle persone (reato di pericolo concreto).

Occorre inoltre che i fatti così commessi siano collegati eziologicamente alle manifestazioni sportive, in occasione e a causa delle quali vengono appunto realizzati.

È richiesto, a livello soggettivo, il dolo generico, inteso come consapevolezza e volontà del fatto materiale commesso, rimanendo invece irrilevanti le finalità per cui l’agente agisce.

L’art. 6 bis, co. 2 descrive due fattispecie contravvenzionali: “Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, nei luoghi in cui si svolgono manifestazioni sportive, supera indebitamente una recinzione o separazione dell’impianto ovvero, nel corso delle manifestazioni medesime, invade il terreno di gioco, è punito con l’arresto fino ad un anno e con l’ammenda da 1.000 euro a 5.000 euro. La pena e’ della reclusione da sei mesi a quattro anni se dal fatto deriva un ritardo rilevante dell’inizio, l’interruzione o la sospensione definitiva della competizione calcistica”.

L’azione criminosa descritta dalla norma deve necessariamente realizzarsi all’interno dell’impianto sportivo, atteso che essa si riferisce esclusivamente ai luoghi di svolgimento delle manifestazioni sportive e non anche alle zone limitrofe. Più in particolare la condotta si concretizzerà nel superamento indebito di una recinzione o separazione dell’impianto sportivo, oppure nella fattispecie di invasione del terreno di gioco, inteso quale luogo fisico di svolgimento della competizione.

L’art. 6 ter, incrimina il possesso di artifizi pirotecnici in occasioni di manifestazioni sportive, disponendo: “Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, nei luoghi in cui si svolgono manifestazioni sportive, ovvero in quelli interessati alla sosta, al transito, o al trasporto di coloro che partecipano o assistono alle manifestazioni medesime o, comunque, nelle immediate adiacenze di essi, nelle ventiquattro ore precedenti o successive allo svolgimento della manifestazione sportiva, e a condizione che i fatti avvengano in relazione alla manifestazione sportiva stessa, è trovato in possesso di razzi, bengala, fuochi artificiali, petardi, strumenti per l’emissione di fumo o di gas visibile, ovvero di bastoni, mazze, materiale imbrattante o inquinante, oggetti contundenti, o, comunque, atti ad offendere, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da 1.000 a 5.000 euro “.

In ordine a tale fattispecie si era posta la questione dell’eventuale concorso con il delitto di lancio materiale pericoloso. Sul punto si riscontra una diversità di opinioni. In contrapposizione all’orientamento favorevole, fondato sulla eterogeneità delle condotte incriminate, sembra oggi prevalere l’orientamento contrario, fondato sulla teoria dell’assorbimento del reato di possesso di artifizi pirotecnici nel reato di lancio di materiale pericoloso.

Al fine di rafforzare la tutela dei pubblici ufficiali in servizio di ordine pubblico in occasione di manifestazioni sportive, con D.L. 8 /2007 conv. in L. 41/2007 è stato introdotto nel nostro codice penale l’art. 583 quater, il quale prevede: “Nell’ipotesi di lesioni personali cagionate a un pubblico ufficiale in servizio di ordine pubblico in occasioni di manifestazioni sportive, le lesioni gravi sono punite con la reclusione da quattro a dieci anni; le lesioni gravissime , con la reclusione da otto a dodici anni”.

Si tratta di un delitto a forma libera con evento naturalistico, al pari del delitto di lesioni personali di cui all’art. 583 c.p., volto a presidiare il bene giuridico dell’incolumità dei c.d. tutori dell’ordine e della sicurezza pubblica e punibile a titolo di dolo generico.

Accanto a tale fattispecie, è stata aggiunto con D.L. 187/2010 conv. con modifiche in L. 217/2010 il reato di lesioni personali gravi o gravissime nei confronti degli addetti ai controlli dei luoghi dove si svolgono manifestazioni sportive (art. 6 quinquies).

Si tratta di una fattispecie speciale rispetto a quella prevista dall’art. 583 quater c.p., in cui l’elemento specializzante è dato dal particolare status dei soggetti passivi: i c.d. stewards.

Essi costituiscono nuove figure professionali di addetti agli impianti sportivi, i cui compiti possono riassumersi nel controllo dei titoli di accesso agli impianti, nell’instradamento degli spettatori attraverso le attività di bonifica, filtraggio e prefiltraggio dei medesimi e verifica del rispetto del regolamento d’uso dell’impianto.

Gli stewards rivestono il ruolo di soggetto passivo anche nel delitto previsto all’art. 6 quater, il quale disciplina il delitto di violenza o minaccia nei confronti degli addetti ai controlli dei luoghi ove si svolgono le manifestazioni sportive, prevedendo: “Chiunque commette uno dei fatti previsti dagli articoli 336 e 337 del codice penale nei confronti dei soggetti incaricati del controllo dei titoli di accesso e dell’instradamento degli spettatori e di quelli incaricati di assicurare il rispetto del regolamento d’uso dell’impianto dove si svolgono manifestazioni sportive, purché riconoscibili e in relazione alle mansioni svolte, è punito con le stesse pene previste dai medesimi articoli. Tali incaricati devono possedere i requisiti morali di cui all’articolo 11 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773 .

1-bis. Nei confronti delle società sportive che abbiano incaricato dei compiti di cui al comma 1 persone prive dei requisiti previsti dall’articolo 11 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, è irrogata, dal prefetto della provincia in cui le medesime società hanno la sede legale o operativa, la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 20.000 a 100.000 euro”.

Ancora, l’art. 635, co. 2 lett. 5- bis, punisce la condotta di “chiunque distrugge, disperde, deteriora o rende, in tutto o in parte inservibili cose mobili altrui” quando il fatto è commesso “sopra attrezzature e impianti sportivi, al fine di impedire lo svolgimento delle manifestazioni sportive”.

Con tale norma, il legislatore ha chiaramente voluto estendere la tutela penale, nel contesto della lotta al fenomeno di violenza antisportiva, anche al bene giuridico del patrimonio rappresentato dalle attrezzature e dagli impianti sportivi.

Soggetto attivo può essere chiunque, trattandosi di un reato comune. Sul piano oggettivo, invece, si tratta di una fattispecie a condotta tipica alternativa: distruzione, dispersione, deterioramento od ogni altra condotta che renda inservibili i medesimi beni.

Oggetto giuridico è costituito della attrezzature ed impianti sportivi.

Si tratta di una fattispecie punibile a titolo di dolo specifico, dovendo le suddette condotte essere poste al fine di impedire o interrompere lo svolgimento della manifestazione sportiva.

Profili processuali.

L’art. 8 bis L. 401/1989 prevede la procedibilità nelle forme del giudizio direttissimo per i reati, già esaminati, di cui agli artt. 6, 6-bis, 6 ter, oltre che per quelli previsti dal medesimo art. 8, co 1, che disciplina l’arresto in flagranza, anche nella forma c.d. differita.

In particolare, il comma 1-ter del citato art. 8 prevede testualmente che “nei casi di cui al comma 1-bis, quando non è possibile procedere immediatamente all’arresto per ragioni di sicurezza o incolumità pubblica, si considera comunque in stato di flagranza ai sensi dell’ articolo 382 del codice di procedura penale colui il quale, sulla base di documentazione video fotografica dalla quale emerga inequivocabilmente il fatto, ne risulta autore, sempre che l’arresto sia compiuto non oltre il tempo necessario alla sua identificazione e, comunque, entro quarantotto ore dal fatto “ (comma aggiunto articolo 1 del D.L. 20 agosto 2001, n. 336, sostituito dall’articolo 1 del D.L. 24 febbraio 2003, n. 28 ed infine modificato dall’articolo 4 del D.L. 8 febbraio 2007, n. 8).

Da tale disposizione è possibile evincere le condizioni legittimanti l’adozione della arresto in flagranza differita:

  1. L’impossibilità di procedere all’arresto per ragioni specifiche di sicurezza ed incolumità pubblica, tale da legittimare una deroga ai canoni costituzionalmente garantiti a tutela della libertà personale;
  2. La disponibilità di documentazione video-fotografica comprovante in mondo inequivoco il fatto di reato e la sua ascrivibilità ad un soggetto;
  3. L’esecuzione della misura precautelare dell’arresto non oltre il tempo necessario all’identificazione dell’autore e, comunque, entro 48 ore dal fatto.

Quanto invece alla procedibilità per direttissima dei reati de qua, la ratio della previsione dell’art. 8 bis è chiaramente ravvisata nell’esigenza di apprestare un rimedio essenziale per tutte quelle notizie di reato originate nell’ambito di manifestazioni sportive, anche a prescindere dalla sussistenza dei requisiti ordinariamente prescritti dall’art. 449 c.p.p. (c.d. giustizia rapida).

Il rito direttissimo può essere instaurato , allorchè non siano necessarie speciali indagini, secondo due differenti modalità: la prima è quella disciplinata dall’art. 449 commi 1 e 4 c.pp., per l’arresto in flagranza, propria o differita; mentre la seconda trova la sua disciplina al comma 4 del medesimo art. 449, nel caso di imputato libero, e quindi a prescindere dall’esecuzione della misura precautelare.

Pubblicato da Valeria Citraro

Laureata in Giurisprudenza con 108/110 presso l'Università degli Studi di Catania, con tesi in Diritto Processuale Penale dal titolo "La chiamata in correità. Struttura e Valutazione Probatoria". Abilitata all'esercizio della professione forense il 30/09/2016 con votazione 405/420.