Accolta la questione di legittimità costituzionale dell’art. 69 comma 4 c.p.

Accolta dalla Corte Costituzionale (sent. n. 205 del 17 luglio 2017la questione di legittimità costituzionale dell’art. 69 comma 4 c.p., laddove, nel bilanciamento tra circostanze aggravanti ed attenuanti operato dal giudice in sede di commisurazione della pena, vieta la prevalenza delle circostanze attenuanti sulla aggravante della recidiva reiterata, prevista dall’art. 99 comma 4 c.p.

Paventava il Giudice a quo, nella propria ordinanza di rimessione (Corte di Appello di Ancona, 29 febbraio 2016), i seguenti profili di illegittimità costituzionale:

– “contrasto con il principio di uguaglianza di cui all’art. 3 Cost., perché condurrebbe, in determinati casi, ad applicare pene identiche per violazioni di rilievo penale enormemente diverso … producendo ”conseguenze sanzionatorie irragionevoli, in quanto finisce per equiparare ai fini sanzionatori casi oggettivamente lievi a casi di particolare allarme sociale”;

contrasto con il principio di offensività di cui all’art. 25, secondo comma, Cost., “che, con il suo espresso richiamo al fatto commesso, attribuirebbe una rilevanza fondamentale all’azione delittuosa per il suo obiettivo disvalore e non solo in quanto manifestazione sintomatica di pericolosità sociale, implicando conseguentemente la necessità di un trattamento penale differenziato per fatti diversi, senza che la considerazione della mera pericolosità dell’agente possa legittimamente avere rilievo esclusivo”;

– violazione delprincipio di proporzionalità della pena (nelle sue due funzioni retributiva e rieducativa), previsto dall’art. 27, terzo comma, Cost., perché una pena sproporzionata alla gravità del reato commesso da un lato non può correttamente assolvere alla funzione di ristabilimento della legalità violata, dall’altro non potrà mai essere sentita dal condannato come rieducatrice: la condanna a tre anni di reclusione per condotte di modestissimo valore non potrebbe essere considerata, chiunque ne sia l’autore, una risposta sanzionatoria proporzionata”.

La Corte Costituzionale, investita della questione, ha accolto tutte le argomentazione esposte,  dichiarando l’illegittimità della norma censurata per contrasto sia con l’art. 3, che con l’art. 25, secondo comma, Cost., perché “determina l’applicazione irragionevole della stessa pena a fatti di bancarotta oggettivamente diversi e in modo non rispettoso del principio di offensività”, nonché per violazione del principio di proporzionalità della pena (art. 27 , terzo comma, Cost.).

Pubblicato da Valeria Citraro

Laureata in Giurisprudenza con 108/110 presso l'Università degli Studi di Catania, con tesi in Diritto Processuale Penale dal titolo "La chiamata in correità. Struttura e Valutazione Probatoria". Abilitata all'esercizio della professione forense il 30/09/2016 con votazione 405/420.