Lo scioglimento del cumulo giuridico delle pene

Il meccanismo dello “scioglimento del cumulo giuridico delle pene” consente, in favore dei condannati a pene inflitte per reati ostativi (art. 4 bis o.p.) cumulate con pene irrogate per reati non ostativi, l’imputazione del periodo di tempo di pena già espiata al delitto ostativo, al fine di accedere ai benefici penitenziari.

Il cumulo delle pene costituisce, infatti, un beneficio per il condannato e tale deve permanere in tutta la fase esecutiva; per cui, laddove l’unitarietà della pena dovesse tradursi in effetti sfavorevoli per il condannato, è consentito procedere allo scioglimento del cumulo.

Qualche dubbio ha suscitato l’individuazione dell’autorità competente a procedere allo scioglimento del cumulo; secondo gli orientamenti più recenti, quando si tratta di accordare benefici di cui alla legge 26 luglio 1975 n. 354 ord. pen., non spetta al giudice dell’esecuzione pronunciarsi sulla possibilità di procedere alla disintegrazione della pena unica in funzione dell’applicazione dei benefici stessi, bensì alla magistratura di sorveglianza, che è istituzionalmente preposta ad emettere provvedimenti concessori di misure alternative o premiali previste dall’ordinamento penitenziario; nè, per le stesse ragioni, residua alcun potere in tal senso alle Procure della Repubblica competenti per l’esecuzione.

Quanto agli effetti, deve rilevarsi come l’avvenuto scioglimento del cumulo, nei casi dei condannati per taluno dei delitti previsti nelle elencazioni contenute nell’art. 4 bis, non comporta l’ammissione del detenuto ai benefici secondo la disciplina ordinaria. Si veda, ad esempio, la semilibertà: sussistendo gli ulteriori presupposti previsti dalla legge, non basterà l’espiazione di almeno metà della pena ma occorrerà l’espiazione di almeno due terzi di essa (il condannato all’ergastolo può essere ammesso al regime di semilibertà dopo avere espiato almeno 20 anni di pena).

Sulla modalità di individuazione della quantità pena espiata in caso di pena cumulata, secondo l’orientamento maggioritario, deve escludersi dal computo il periodo di pena scontato a causa di un reato ostativo (cfr. Cass. Sez. I, n. 1446/2009); la decorrenza del dies a quo per il raggiungimento del beneficio va identificata nel momento successivo alla espiazione della pena relativa al reato ostativo e non nel momento iniziale della detenzione. Ne consegue che il condannato, per accedere al beneficio, deve prima scontare per intero detta pena e solo successivamente può imputare il periodo detentivo alla “quota” necessaria per poter aspirare alla concessione del beneficio.

Pubblicato da Valeria Citraro

Laureata in Giurisprudenza con 108/110 presso l'Università degli Studi di Catania, con tesi in Diritto Processuale Penale dal titolo "La chiamata in correità. Struttura e Valutazione Probatoria". Abilitata all'esercizio della professione forense il 30/09/2016 con votazione 405/420.