Malversazione a danno dello Stato, art. 316 bis c.p.

L’art. 316 bis punisce la malversazione a danno dello Stato.

Chiunque, estraneo alla pubblica amministrazione, avendo ottenuto dallo Stato o da altro ente pubblico o dalle Comunità Europee contributi, sovvenzioni o finanziamenti destinati a favorire iniziative dirette alla realizzazione di opere od allo svolgimento di attività di pubblico interesse, non li destina alle predette finalità, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni.

Il bene giuridico protetto dalla norma va ritenuto nell’interesse al corretto impiego degli strumenti di sostegno ad attività economiche di pubblico interesse.

Il delitto de quo va annoverato tra i reati propri, potendo essere soggetto attivo solo colui che abbia ricevuto un finanziamento del tipo di quelli indicati nella norma.

Presupposto indefettibile della condotta è l’ottenimento (è necessaria l’erogazione in concreto e non una semplice disposizione di pagamento) dei contributi, sovvenzioni o finanziamenti destinati a favorire iniziative dirette alla realizzazione di opere o allo svolgimento di attività di pubblico interesse.

Ai fini della sussistenza del delitto di malversazione ai danni dello Stato, l’ente pubblico erogatore dei fondi distratti dalla loro destinazione si identifica con l’organismo pubblico di cui all’art. 3, comma 26, d.l.vo 12 aprile 2006, n.163, per cui è tale qualsiasi organismo, dotato di personalità giuridica, istituito, anche in forma societaria, per soddisfare specificamente esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale, la cui attività sia finanziata in modo maggioritario dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico oppure la cui gestione sia sottoposta al controllo di questi ultimi ovvero il cui organo di amministrazione, di direzione o di vigilanza sia costituito da componenti dei quali più della metà sia designata dai medesimi soggetti suindicati (Cass. n. 17343/2013).

La condotta consiste nel fatto di chi non destini i finanziamenti così ottenuti alle finalità per cui gli stessi sono stati erogati : si tratta quindi, a ben vedere, di un reato omissivo puro.

La giurisprudenza afferma che il momento consumativo si identifica con la scadenza del termine ultimo entro il quale avrebbero dovuto essere realizzate le finalità del finanziamento, non potendo escludersi che fino a detta scadenza l’agente provveda alla realizzazione delle opere o delle attività richieste, sebbene nel frattempo abbia già destinato i finanziamenti ad altre attività, potendo comunque acquisire altrimenti disponibilità di equivalenti mezzi economici.

In caso di condanna per il reato in esame troverà applicazione l’art. 32 quater, e cioè l’applicazione della pena accessoria della incapacità di contrattare con la P.A..

Quanto ai rapporti con altre fattispecie, dibattuti i rapporti con l’art. 640 bis c.p.

La tesi prevalente in giurisprudenza sostiene la configurabilità di un concorso materiale di reati, trattandosi di due condotte differenti e cronologicamente distinte. La truffa infatti incrimina l’ottenimento del finanziamento mediante artifizi e raggiri, la malversazione la destinazione a finalità diverse di finanziamenti legittimamente ottenuti. Non si verterebbe, pertanto, in un’ipotesi di stessa materia di cui all’art. 15 c.p.

Per altro orientamento minoritario, il reato di malversazione rimarrebbe assorbito dal reato di truffa, rappresentando i due reati stati e gradi diversi dell’offesa allo stesso bene giuridico.

Pubblicato da Valeria Citraro

Laureata in Giurisprudenza con 108/110 presso l'Università degli Studi di Catania, con tesi in Diritto Processuale Penale dal titolo "La chiamata in correità. Struttura e Valutazione Probatoria". Abilitata all'esercizio della professione forense il 30/09/2016 con votazione 405/420.