La Cassazione muta indirizzo: in sede di opposizione al decreto di condanna, la competenza a decidere sulla messa alla prova è del GIP

Corte di Cassazione, sezione I penale, sentenza n. 21324, udienza 02/02/2017 – deposito del 04/05/2017 – Decreto penale di condanna – Opposizione – Sospensione del procedimento con messa alla prova – Competenza a decidere – Giudice per le indagini preliminari – Sussistenza.

Abnorme il provvedimento con cui il G.i.p., in sede di opposizione al decreto penale di condanna, dichiara inammissibile l’istanza presentata dall’imputato ai sensi dell’art. 464 bis c.p.p.; dovendosi considerare affetto da abnormità non solo il provvedimento che, per la singolarità del suo contenuto, risulti completamente avulso dall’intero ordinamento processuale, ma altresì quello che, pur essendo in astratto manifestazione di legittimo potere, si esplichi al di fuori dei casi e delle ipotesi previste.

Lo ha stabilito la I sezione della Corte di Cassazione, chiamata a pronunciarsi sull’ordinanza emessa dal G.i.p. del Tribunale di Milano in data 18 novembre 2015, con cui veniva dichiarata inammissibile l’istanza di accesso alla messa in prova formulata dall’imputato nell’atto di opposizione al decreto penale di condanna, ritenendo che “in sede di opposizione non possa essere avanzata richiesta di messa alla prova poiché il suo eventuale fallimento determinerebbe una stasi processuale non rimediabile”.

La Suprema Corte ha motivato la propria decisione facendo riferimento, in punto di diritto, all’espressa formulazione dell’art. 464 bis c.p.p., che nell’individuare i diversi termini finali entro cui presentare l’istanza, a seconda del rito procedurale adottato (ordinario o speciale), prevede espressamente che, in caso di procedimento per decreto, essa vada presentata entro il medesimo termine previsto dall’art. 461 c.p.p. per presentare opposizione al decreto penale di condanna.

Laddove poi il codice del rito dispone che “in caso di esito negativo della prova, il Giudice dispone con ordinanza che il processo riprenda il suo corso” (464 septies comma 2 c.p.p.) e che “quando l’ordinanza di revoca è divenuta definitiva il procedimento riprende il suo corso dal momento in cui era rimasto sospeso …” (art. 464 octies, comma 4), va interpretato nel senso che il processo riprenda dall’emissione da parte del G.i.p. del decreto di giudizio immediato (posto che con l’atto di opposizione, com’è noto, il Giudice deve revocare il decreto di condanna e citare a giudizio l’imputato con le forme previste per il giudizio immediato), salvo che l’imputato non abbia presentato in via subordinata ulteriore istanze che devono ancora essere oggetto di valutazione.

Non può condividersi l’interpretazione secondo cui spetterebbe al Giudice del dibattimento la competenza a decidere sulla messa alla prova ex art. 464 bis c.p.p., per l’ “obiettiva diversità della richiesta di messa alla prova rispetto a quella di ammissione a un rito alternativo”. L’istituto della sospensione del procedimento con messa alla prova è, infatti, un procedimento speciale. Come tra l’altro dimostrebbe la sua stessa collocazione nel titolo V-bis c.p.p.

Né convince l’affermazione, secondo cui il G.i.p. non avrebbe il potere di acquisire prove relativamente al giudizio che, in caso di revoca dell’ordinanza di sospensione, verrebbe ad essere trasfuso nel dibattimento per la restante parte, traducendosi di fatto in una nuova ipotesi di incidente probatorio non prevista dalla legge. Sul punto va infatti ricordato che l’art. 464 sexies c.p.p. stabilisce espressamente che il Giudice, durante la sospensione del procedimento con messa alla prova, acquisisce – a richiesta di parte – le prove non rinviabili e quelle che possono condurre al proscioglimento, con le stesse modalità stabilite per il dibattimento. E bene, se la competenza a decidere sulla messa alla prova fosse del Giudice del dibattimento, siffatta precisazione verrebbe privata di ogni senso logico. Agevole notare, inoltre, come tale norma abbia un contenuto perfettamente analogo a quello contenuto nell’art. 392 c.p.p., disciplinante l’incidente probatorio.

Scarica il testo integrale della sentenza qui annotata: 21324_05_2017_Cass_I

Pubblicato da Valeria Citraro

Laureata in Giurisprudenza con 108/110 presso l'Università degli Studi di Catania, con tesi in Diritto Processuale Penale dal titolo "La chiamata in correità. Struttura e Valutazione Probatoria". Abilitata all'esercizio della professione forense il 30/09/2016 con votazione 405/420.