Della natura processuale del giudizio prognostico emesso dal GUP (Cass. n. 20661/2017)

Con sentenza del 29 novembre 2016 (depositata lo scorso 28 aprile 2017), n. 20661, la Cassazione – sezione II penale – si è pronunciata sulla natura processuale del giudizio prognostico emesso dal GUP, all’esito dell’udienza preliminare.

La Corte rileva come, anche dopo le innovazioni legislative che si sono succedute riguardo all’art. 425 c.p.p. ed alla rinnovata valutazione della funzione riservata all’udienza preliminare nel sistema processuale penale, quale filtro a garanzia della efficacia dell’azione giurisdizionale, il Gup sia chiamato a valutare, sotto il solo profilo processuale, se gli elementi probatori acquisiti risultino insufficienti, contraddittori o comunque inidonei a sostenere l’accusa in giudizio, esprimendo un giudizio prognostico circa l’inutilità del dibattimento, senza poter effettuare una complessa ed approfondita disamina del merito.

Ne consegue che, il giudice dell’udienza preliminare può pronunciare sentenza di non luogo a procedere solo quando il materiale probatorio sia assolutamente inidoneo a sostenere l’accusa in giudizio, ossia quando mancano le condizioni per una prognosi favorevole all’accusa: il giudizio del giudice dell’udienza preliminare, quindi, dev’essere di mera valutazione processuale, e non un vero e proprio giudizio di merito sulla colpevolezza dell’imputato, giudizio – quest’ultimo – che compete solo al giudice del dibattimento.

Va, pertanto ribadito che al giudice dell’udienza preliminare spetta una mera funzione di filtro rispetto al dibattimento e – nel rispetto di tale funzione – gli spetta solo di decidere se il materiale probatorio, che il pubblico ministero ha acquisito nel corso delle indagini preliminari, sia o meno idoneo a sostenere l’accusa in giudizio. Si tratta di un giudizio prognostico che – con tutta evidenza – è di natura processuale, e non di merito, sicché il proscioglimento dev’essere escluso in tutti quei casi in cui gli elementi probatori acquisiti a carico dell’imputato nel corso delle indagini preliminari si prestino a letture alternative o aperte o, comunque, siano tali da poter essere diversamente valutati nel dibattimento anche alla luce delle future acquisizioni probatorie.

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Pubblicato da Valeria Citraro

Laureata in Giurisprudenza con 108/110 presso l'Università degli Studi di Catania, con tesi in Diritto Processuale Penale dal titolo "La chiamata in correità. Struttura e Valutazione Probatoria". Abilitata all'esercizio della professione forense il 30/09/2016 con votazione 405/420.