La ricerca della prova della Polizia giudiziaria nelle indagini preliminari

A norma degli artt. 247-252 del codice, nella ricerca della prova, è consentito agli ufficiali di Polizia giudiziaria (e nei casi di particolare necessità ed urgenza anche agli agenti) di procedere a perquisizione personale o locale anche in assenza di un preventivo decreto del P.M., in due casi:

  1. flagranza di reato o evasione, quando vi è fondato motivo di ritenere che sulla persona si trovino occultate cose o tracce pertinenti al reato, ovvero tali cose si trovino in un determinato luogo o che ivi si trovi la persona sottoposta alle indagini o l’evaso ( 352, comma 1);
  2. quando si deve procedere all’esecuzione di un’ordinanza che dispone la custodia cautelare o di un ordine che dispone la carcerazione nei confronti di persona imputata o condannata per uno dei delitti previsti dall’art. 380 ovvero al fermo di una persona indiziata di delitto ( 352 comma 2).

La perquisizione operata dalla Polizia giudiziaria va comunque convalidata dal  P.M.; a tal fine l’ufficiale o l’agente di polizia trasmette senza ritardo, e comunque non oltre 48 ore, al P.M. del luogo ove la perquisizione è stata eseguita, il verbale delle operazioni compiute. Il P.M., ove ricorrano i presupposti, nelle successive 48 ore, convalida la perquisizione.

Altre perquisizioni che possono essere effettuate dalla Polizia giudiziaria di propria iniziativa sono  previste da leggi speciali, e sono per lo più finalizzate alla ricerca di latitanti o di evasi che debbano rispondere di delitti particolarmente gravi, oppure al rinvenimento di armi, esplosivi, stupefacenti, denaro o altri valori provenienti da delitto.

Gli ufficiali e gli agenti di Polizia giudiziaria hanno, altresì, il compito di assicurare che le cose e le tracce pertinenti al reato siano conservate e che lo stato dei luoghi e delle cose non venga mutato prima dell’intervento del P.M. (art. 354 , comma 1); e ove vi sia pericolo che tali cose, tracce e luoghi si alterino o disperdano o modifichino, essi compiono i necessari accertamenti e rilievi sullo stato dei luoghi e delle cose (comma 2).

Presupposto generale affinchè la Polizia giudiziaria possa svolgere accertamenti e rilievi è che il P.M. non possa intervenire tempestivamente o non abbia ancora assunto la direzione delle indagini.

Gli ufficiali e gli agenti di Polizia giudiziaria possono anche compiere accertamenti e rilievi sulle persone diversi dalla ispezione personale (art. 354, comma 3), quali ad esempio la costatazione dello stato di ebbrezza del conducente di un veicolo, effettuata sulla base di elementi sintomatici o ricorrendo a strumentazione tecnica.

È invece assolutamente precluso alla Polizia giudiziaria di compiere accertamenti non indifferibili che comportino l’alterazione irreversibile dell’elemento di prova.

In occasione delle perquisizioni e degli accertamenti urgenti sui luoghi e sulle cose, gli ufficiali e gli agenti di Polizia giudiziaria procedono, se del caso, al sequestro del corpo del reato e delle cose ad esso pertinenti (art. 354 comma 2).

In tal caso, la Polizia giudiziaria deve trasmettere il relativo verbale senza ritardo, e comunque non oltre le 48 ore, al P.M. del luogo in cui il sequestro è stato eseguito. Nelle successive 48 ore, il P.M. convalida con decreto motivato il sequestro, ove ne ricorrano i presupposti (art. 355 c.p.p.). Se il P.M. non provvede tempestivamente, il provvedimento di sequestro perde efficacia e l’interessato può attivare la procedura di restituzione delle cose sequestrate.

Copia del decreto di convalida deve essere immediatamente notificato alla persona alla quale le cose sono state sequestrate. Contro il decreto di convalida, la persona indagata, il suo difensore, la persona alla quale le cose sono state sequestrate e quella che avrebbe diritto alla loro restituzione possono proporre, entro dieci giorni dalla notifica (o dalla diversa data in cui l’interessato ha avuto notizia del sequestro), richiesta di riesame anche nel merito a norma dell’art. 324 c.p.p.

Apposita disciplina è invece dedicata agli accertamenti della Polizia giudiziaria sul contenuto di sistemi informatici o telematici.  Ai sensi dell’art. 352 co. 1 bis, nella flagranza di reato, o quando sussistono i presupposti e le condizioni di cui al comma 2 della medesima norma, gli ufficiali di Polizia giudiziaria, adottando misure tecniche dirette ad assicurare la conservazione dei dati originali e ad impedirne l’alterazione, procedono alla perquisizione di sistemi informatici o telematici, ancorchè protetti da misure di sicurezza, quando hanno fondato motivo di ritenere che in questi si trovino occultati dati, informazioni, programmi informatici o tracce comunque pertinenti al reato che possono essere cancellati o dispersi.

Infine, l’art. 353 c.p.p. regola l’ipotesi dell’acquisizione di plichi e di corrispondenza: il plico sigillato va trasmesso intatto al P.M. per l’eventuale sequestro, ma la Polizia giudiziaria può chiedere al magistrato inquirente l’autorizzazione all’apertura immediata e all’accertamento del contenuto, quando vi è fondato motivo di ritenere che i plichi contengano notizie utili alla ricerca e all’assicurazione di fonti di prova che potrebbero andare disperse a causa del ritardo.

Pubblicato da Valeria Citraro

Laureata in Giurisprudenza con 108/110 presso l'Università degli Studi di Catania, con tesi in Diritto Processuale Penale dal titolo "La chiamata in correità. Struttura e Valutazione Probatoria". Abilitata all'esercizio della professione forense il 30/09/2016 con votazione 405/420.