Il praticante avvocato non può essere nominato “sostituto” nella ricezione di dichiarazioni ex art. 391 bis c.p.p.

Nel tentativo di dare concreta attuazione al principio di “parità delle armi” tra accusa e difesa, la Legge 397/2000 ha introdotto una disciplina organica delle investigazioni difensive, tipizzando le attività di indagine e le modalità con cui devono essere poste in essere da parte del difensore.

Tra le attività di indagine che il difensore può svolgere in favore del proprio assistito, rientra la ricezione di dichiarazioni da parte delle persone informate sui fatti, ai sensi dell’art. 391 bis c.p.p.

Ai sensi del comma 1 della norma testé citata, “… per acquisire notizie il difensore, il sostituto, gli investigatori privati autorizzati o i consulenti tecnici possono conferire con le persone in grado di riferire circostanze utili ai fini dell’attività investigativa. In questo caso, l’acquisizione delle notizie avviene attraverso un colloquio non documentato”.

La norma è stata interpretata dalla giurisprudenza in maniera restrittiva, affermandosi che la qualifica di sostituto espressamente indicata dall’art. 391 bis, comma 1, c.p.p. implica che il medesimo abbia la medesima abilitazione che ha permesso al sostituito di ricevere ed espletare l’incarico di cui all’art. 327-bis c.p.p.

Ne consegue l’inutilizzabilità dell’attività di documentazione ex art. 391 bis c.p.p. svolta, nell’ambito di un procedimento di competenza del Tribunale in composizione collegiale, dal praticante avvocato abilitato esclusivamente al patrocinio nelle sole cause di competenza del giudice di pace ovvero davanti al Tribunale in composizione monocratica, anche nell’ipotesi in cui questi sia stato nominato sostituto di un difensore abilitato ed abbia agito in tale veste, in quanto svolte da un soggetto non abilitato a svolgere il patrocinio in quel procedimento e per tale motivo raccolte in violazione delle norme di legge che  attribuiscono la capacità al compimento di tale attività di indagine (III Sezione penale della Cassazione, nella sentenza n. 25431/2016).

La nomina di sostituto del difensore non implica, infatti, un ampliamento della sfera dei diritti e quindi l’accesso a posizioni soggettive che erano, prima della nomina de qua, estranee al soggetto. Ne discende che può, quindi, compiere validamente gli  atti riconducibili alla nozione di  indagini difensive di cui all’art. 391-bis c.p.p. solo il sostituto che abbia la medesima abilitazione che ha permesso al sostituito di ricevere ed espletare l’incarico di cui all’art. 327-bis c.p.p.

Pubblicato da Valeria Citraro

Laureata in Giurisprudenza con 108/110 presso l'Università degli Studi di Catania, con tesi in Diritto Processuale Penale dal titolo "La chiamata in correità. Struttura e Valutazione Probatoria". Abilitata all'esercizio della professione forense il 30/09/2016 con votazione 405/420.