Rideterminazione della pena per la continuazione tra più sentenze emesse in abbreviato

Applicata la disciplina della continuazione a due o più sentenze irrevocabili di condanna a pena detentiva, il Giudice dell’esecuzione, dopo avere correttamente individuato la pena più grave sulla quale applicare gli aumenti ex art. 81 cpv c.p. , deve applicare sull’intera pena complessivamente determinata ai sensi dell’art. 671 c.p.p. la rituale diminuzione – come ultima operazione in sede di calcolo – di un terzo per il rito abbreviato con cui sono stati eventualmente celebrati uno o più procedimenti di cui alle sentenze poste in continuazione tra loro.

Ben noto come il giudizio abbreviato si configuri come procedura semplificata a definizione anticipata nell’udienza preliminare, subordinata all’opzione negoziale “sul rito”, la cui scelta da parte dell’imputato risulta favorita da una serie di incentivi premiali quale, innanzitutto, la diminuzione di un terzo della pena per il reato ritenuto in sentenza in caso di condanna: si realizza così una commistione assolutamente originale tra condotte processuali ed effetti indiretti, ma automatici, sul trattamento sanzionatorio dell’imputato in caso di condanna, ispirata al fine pratico di assicurare, nel sinallagma fra beneficio premiale e disincentivazione del dibattimento, una deflazione e una migliore efficienza del sistema processuale (C. Cost., n. 277 e n. 284 del 1990).

Una diminuente di natura “processuale” dunque, che non attiene alla valutazione del fatto-reato ed alla personalità dell’imputato; che non contribuisce a determinarne in termini di disvalore la quantità e gravità criminosa; che consiste in un abbattimento fisso e predeterminato, connotato da automatismo senza alcuna discrezionalità valutativa da parte del giudice; che viene applicata dopo la delibazione delle circostanze del reato e della continuazione; che si sottrae ontologicamente a qualsiasi apprezzamento di valenza ex art. 69 c.p.; le cui caratteristiche si presentano tuttavia strettamente collegate con effetti di sicuro rilievo dal punto di vista “sostanziale”, risolvendosi comunque in un trattamento penale di favore (Sez. Un., 27/10/2004 n. 44711).

Dispone l’art. 442, co. 2, c.p.p. che “in caso di condanna, la pena che il giudice determina tenendo conto di tutte le circostanze” è diminuita di un terzo e, nella Relazione al Progetto preliminare del nuovo codice di rito (p. 106), si legge che “questa diminuzione va apportata sulla pena determinata in concreto dal giudice, nel senso che essa si applica dopo che sia stata effettuato il giudizio di comparazione tra le circostanze“.

Secondo l’art. 187 disp. att. c.p.p., ai fini dell’applicazione della disciplina del concorso formale e del reato continuato da parte del giudice dell’esecuzione, si considera violazione più grave quella per la quale e stata inflitta la pena più grave “anche quando per alcuni reati si è proceduto col giudizio abbreviato“, e altrettanto univoche sono sul punto le Osservazioni del Governo al Progetto preliminare del D.Lgs. 28 luglio 1989, n. 271 (in Documenti giustizia, 1990, fasc. 2-3, 179): “la prescrizione è stata ritenuta opportuna con specifico riferimento al giudizio abbreviato, dove la circostanza che la riduzione di un terzo dipende dalla scelta del rito e quindi da una scelta meramente processuale avrebbe potuto far argomentare che la pena in concreto era quella precedente rispetto a detta riduzione“.

Sempre muovendo da considerazioni conseguenti all’analisi del testo normativo, merita infine di essere sottolineato che la formula “in caso di condanna, la pena che il giudice determina … è diminuita di un terzo“, impiegata nell’art. 442, co. 2, c.p.p. trova agevole riferimento, in caso di pluralità di reati, nel successivo art. 533, co. 2 (pure richiamato dall’art. 442 c.p.p., comma 1), il quale testualmente recita: “se la condanna riguarda più reati, il giudice stabilisce la pena per ciascuno di essi e quindi determina la pena che deve essere applicata in osservanza delle norme sul concorso di reati e di pene o sulla continuazione“: scansione, questa, da cui si desume che, con riguardo alla condanna concretamente inflitta, la commisurazione delle singole componenti della pena complessiva attiene ad una fase precedente la deliberazione finale.

Simili rilievi esegetici, che si armonizzano peraltro con le intenzioni del legislatore, postulano in definitiva che l’operazione riduttiva per la scelta del rito costituisca un posterius rispetto alle altre, ordinarie, operazioni di dosimetria della pena, che la legge attribuisce al giudice.

Costituisce principio di diritto ormai espressamente affermato dai giudici della legittimità, quello secondo cui, allorché il Giudice dell’esecuzione riconosca tra più reati, alcuni dei quali oggetto di condanna all’esito di giudizio abbreviato, la riduzione spettante a norma dell’art. 442 c.p.p., la stessa deve essere riconosciuta anche quando, risultando violazione più grave quella giudicata con il rito ordinario, la pena autonomamente determinata per il reato definitivo con il rito speciale, sulla quale è stata operata la diminuzione ai sensi del citato art. 442, si trasformi in aumento “ex” art. 81 c.p., che va pertanto ridotto di un terzo (Cass. pen. sez. I, 21/04/2010, n. 20881; Cass. pen. sez. I, 19/11/2009, n. 49981).

Nell’effettuare la determinazione della pena ex art. 671 c.p.p., non può e non deve dunque perdersi la riduzione per il rito che vada ad incidere sui reati satelliti già giudicati in abbreviato (cfr. Cass. pen. Sez. I, in data 17/02/2004 n. 15409; nello stesso senso cfr. Cass. pen. Sez. I, 02/10/2007, n. 40448).

Pubblicato da Valeria Citraro

Laureata in Giurisprudenza con 108/110 presso l'Università degli Studi di Catania, con tesi in Diritto Processuale Penale dal titolo "La chiamata in correità. Struttura e Valutazione Probatoria". Abilitata all'esercizio della professione forense il 30/09/2016 con votazione 405/420.