Non occasionalità della condotta e lieve entità ex art. 73, comma 5, D.P.R. 309/90

Il carattere non occasionale di una fra le condotte di cui all’art. 73, co. 1, D.P.R. 309/1990 non è incompatibilità con l’ipotesi del fatto di lieve entità di cui al comma 5 del medesimo art. 73.

Lo ha affermato Cass. sez. VI, 20 ottobre 2016, n. 46627, secondo cui, nonostante la riqualificazione giuridica in ipotesi autonoma di reato della fattispecie in commento, a seguito delle novelle di cui alle Leggi n. 10 e n. 79 del 2014, i presupposti per la sua applicabilità devono ritenersi immutati.

E, specificamente, essi consistono in una condotta connotata da minima offensività, desumibile da plurimi indici obiettivi, quali il dato qualitativo e quantitativo delle sostanze psicotrope considerate, i mezzi, le modalità e le circostanze dell’azione, con la conseguenza che ove uno di essi risulti negativamente assorbente, ogni altra considerazione resta priva  di incidenza sul giudizio.

Fuor di ogni dubbio che la reiterazione della condotta costituisca elemento di valutazione riconducibile al concetto di “circostanze dell’azione” presente nella formulazione della norma; ma tale elemento va letto guardando ad altro disposto normativo: quello di cui all’art. 74, comma 6, che riferendosi alla possibilità di commissione di una serie indefinita di fatti-reato di minima offensività, fa intendere che la mera pluralità di condotte non osta al fatto che gli stessi possano definirsi di minima offensività.

Va anche rilevato che la riconducibilità all’ipotesi del fatto di lieve entità non implica, di certo, una risposta sanzionatoria in termini irrisori, prevedendo il comma 5 dell’art. 73 una forbice edittale che oscilla tra sei mesi a quattro anni di reclusione e da euro 1.032 a euro 10.329 di multa.

D’altra parte, fondare la valutazione di esclusione della sussistenza dell’ipotesi della lieve entità sulla mera non occasionalità della condotta di cessione, condurrebbe ad una pressoché totale inapplicabilità della norma, se si ha bene a mente come essa raramente si esaurisca in un unico ed isolato episodio.

Pertanto, conclude la Corte, il connotato dell’occasionalità non costituisce indice indefettibile di minima offensività della condotta, essendo quest’ultima compatibile con la ripetizione nel tempo.

Pubblicato da Valeria Citraro

Laureata in Giurisprudenza con 108/110 presso l'Università degli Studi di Catania, con tesi in Diritto Processuale Penale dal titolo "La chiamata in correità. Struttura e Valutazione Probatoria". Abilitata all'esercizio della professione forense il 30/09/2016 con votazione 405/420.