Approvato il D. Lgs. 16 marzo 2015, n. 28 – Sulla Tenuità del fatto

Il 2 aprile entrerà in vigore il decreto sulla non punibilità di alcuni reati per tenuità del fatto, stato approvato lo scorso giovedì 12 marzo dal Consiglio dei Ministri, che introduce alcune condizioni per evitare il processo penale in caso di imputazioni per i reati puniti con la pena pecuniaria, o con una pena detentiva massima prevista entro i cinque anni. È stata così attuata una delle deleghe previste dal ddl svuota carceri dello scorso anno, diventato la legge 67/2014.

Di seguito un elenco dei reati più comuni per i quali è applicabile:

 – guida in stato d’ebbrezza o sotto l’effetto di sostanze stupefacenti: si tratta di reati molto comuni e per i quali sono previste sanzioni accessorie come la sospensione della patente e la confisca del veicolo, è probabile quindi che nella pratica i giudici finiscano per non applicare la non punibilità per tenuità del fatto ricorrendo a motivi come l’elevato tasso alcolemico oppure la pericolosità della condotta di guida sotto l’effetto di sostanze alcoliche o stupefacenti;

– detenzione o cessione di sostanze stupefacenti, limitatamente ai fatti di lieve entità;

abuso d’ufficio;

violenza o minaccia a un pubblico ufficiale;

resistenza a un pubblico ufficiale;

oltraggio a un pubblico ufficiale;

evasione;

esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza o minaccia;

– molti reati di falso come ad es. il falso materiale del pubblico ufficiale in certificati, il falso ideologico commesso da privato, l’uso di atto falso ecc.;

– atti osceni;

percosse;

lesione personale non aggravata;

rissa;

lesioni colpose;

abbandono di minori o incapaci;

omissione di soccorso;

ingiuria;

diffamazione;

violenza privata;

minaccia, anche aggravata;

– detenzione di materiale pedopornografico;

violazione di domicilio;

– accesso abusivo ad un sistema informatico;

– rivelazione del segreto professionale;

furto semplice;

danneggiamento;

truffa, anche aggravata;

frode informatica;

insolvenza fraudolenta;

circonvenzione di persone incapaci;

appropriazione indebita.

L’ammissione di tenuità concede all’accusato di risparmiarsi il procedimento penale in aula, ma la parte offesa potrà comunque rivalersi in sede civile contro l’imputato.

All’indomani della presentazione del decreto, lo scorso dicembre, si era diffuso un certo allarme per i reati che sarebbero potuti ricadere entro la cerchia dei comportamenti inquadrabili entro i margini di tenuità del fatto. Così, dopo i dibattiti in Parlamento si è convenuto di collocare alcuni paletti all’applicazione della disciplina, così da rendere impossibile l’esclusione del processo penale per condotte particolarmente lesive o allarmanti.

Anzitutto, bisogna precisare che il decreto legislativo in questione non stabilisce che un reato non vada punito per la sola tenuità dell’offesa: il nuovo art. 131-bis c.p. prevede infatti che il reato possa non essere punito non solo quando il fatto sia di «particolare tenuità», ma anche quando il comportamento del colpevole risulti «non abituale».

Si vuole evitare, quindi, che chiunque si senta “libero” di ripetere più volte comportamenti che, considerati singolarmente, possono anche essere di scarso rilievo.

Esistono poi diverse ragioni per cui non ci si potrà appellare alla tenuità del fatto. Queste, si distinguono in comportamenti particolarmente gravi e nello specifico caratterizzati da: motivi abbietti o futili; crudeltà (anche in danno di animali); minorata difesa della vittima (anche in base all’età) ; morte o lesioni gravissime.

In aggiunta, la tenuità viene esclusa anche qualora l’imputato sia abituale al reato contestato e, nello specifico, “nel caso in cui l’autore sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza ovvero abbia commesso più reati della stessa indole, anche se ciascun fatto, isolatamente considerato, sia di particolare tenuità”.

Sono state, pertanto, estromesse dal novero dei reati passibili di tenuità sia i maltrattamenti di animali sia le eventuali condotte perpetrate nei confronti di soggetti più deboli o indifesi. O, ancora, non vige l’eliminazione del processo se la condotta è reiterata (è il caso ad esempio dello stalking).

Il decreto legislativo modifica l’articolo 411 c.p.p. al comma 1. Questa la nuova formulazione:

All’articolo 411 sono apportate le seguenti modificazioni: 

  1.   a) al comma 1, dopo le parole: «condizione di procedibilita’» sono inserite le seguenti: «, che la persona sottoposta alle indagini non e’ punibile ai sensi dell’articolo 131-bis del codice penale per particolare tenuita’ del fatto»; 
  2. b) dopo il comma 1 e’ aggiunto il seguente: «1-bis. Se l’archiviazione e’ richiesta per particolare tenuita’ del fatto, il pubblico ministero deve darne avviso alla persona sottoposta alle indagini e alla persona offesa, precisando che, nel termine di dieci giorni, possono prendere visione degli atti e presentare opposizione in cui indicare, a pena di inammissibilita’, le ragioni del dissenso rispetto alla richiesta. Il giudice, se l’opposizione non e’ inammissibile, procede ai sensi dell’articolo 409, comma 2, e, dopo avere sentito le parti, se accoglie la richiesta, provvede con ordinanza. In mancanza di opposizione, o quando questa e’ inammissibile, il giudice procede senza formalita’ e, se accoglie la richiesta di archiviazione, pronuncia decreto motivato. Nei casi in cui non accoglie la richiesta il giudice restituisce gli atti al pubblico ministero, eventualmente provvedendo ai sensi dell’articolo 409, commi 4 e 5.».

Il procedimento penale contro l’indagato può concludersi già nella fase delle indagini, prima di arrivare al vero e proprio giudizio. Il pubblico ministero, infatti, può chiedere al giudice l’archiviazione quando ritiene che il fatto sia di particolare tenuità e non sia abituale.

In questo caso, però, il pubblico ministero deve dare avviso della richiesta la persona offesa dal reato. Questa, nel termine di 10 giorni dalla comunicazione, può dichiarare di opporsi alla richiesta di archiviazione, esponendone le ragioni: ad esempio la vittima potrà dimostrare di aver subito un danno grave a causa del reato, o, ancora, che l’indagato ha agito per motivi futili o ha posto in essere più volte le stesso condotte.

 Se c’è opposizione della persona offesa, il giudice fissa un’udienza nella quale decide o per l’archiviazione, o per il compimento di ulteriori indagini, o infine ordina al pubblico ministero di citare a giudizio l’indagato per essere processato.

 Se le indagini sono già state chiuse e l’indagato è stato condotto a giudizio, il giudice può applicare la non punibilità con una sentenza di proscioglimento che può avvenire già prima che inizi al processo. Nella prima udienza il giudice può infatti ritenere di potere applicare la nuova disciplina anche senza procedere al giudizio, quindi proscioglie immediatamente l’imputato. Anche ultimata l’istruttoria dibattimentale, se le prove acquisite nel processo (documenti, testimonianze ecc.) dimostrano che il fatto è di particolare tenuità e non è abituale, il giudice pronuncia una sentenza di proscioglimento perché l’imputato non è punibile.

In ogni caso, la decisione sulla tenuità o meno del fatto andrà valutata dal giudice, senza nessun automatismo. Il giudice dovrà esprimere la propria valutazione anche in base alla personalità dell’autore del fatto, tenendo in debito conto l’eventuale opposizione delle vittime, e comunque attenendosi rigorosamente ai criteri fissati dall’art. 133 c.p.

L’archiviazione o il proscioglimento per particolare tenuità del fatto non equivalgono ad una assoluzione, quindi producono comunque delle conseguenze negative per l’indagato/imputato.

 I provvedimenti giudiziari che concedono la non punibilità sono infatti iscritti nel casellario giudiziale del sospetto colpevole e vi rimangono per il periodo di 10 anni. Ciò è stato previsto per permettere al giudice di conoscere se la stessa persona ha già goduto altre volte della causa di non punibilità e, quindi, ha già commesso in passato altri reati, anche se di minima gravità.

Dopo il termine di 10 anni, l’iscrizione è cancellata.

 Al contrario, l’iscrizione non risulterà nel casellario giudiziale richiesto dall’interessato, che quindi – in assenza di altre iscrizioni – risulterà nullo anche se la persona è stata prosciolta per particolare tenuità del fatto .

Un’altra conseguenza rilevante della sentenza di non punibilità per particolare tenuità del fatto, riguarda gli effetti di questa sentenza nei procedimenti civili e amministrativi.

 La sola sentenza definitiva di proscioglimento pronunciata al termine del processo, infatti, vale come prova definitiva del fatto che l’imputato ha commesso il reato: il danneggiato, quindi, potrà utilizzarla per chiedere al colpevole e al responsabile civile (es. società di assicurazione) il risarcimento dei danni e le restituzioni in un distinto procedimento civile o amministrativo, senza necessità di dover produrre altre prove della colpevolezza.

L’archiviazione nelle indagini o il proscioglimento all’inizio del processo non hanno invece nessun effetto nei procedimenti civili o amministrativi per il risarcimento o le restituzioni.

Pubblicato da Valeria Citraro

Laureata in Giurisprudenza con 108/110 presso l'Università degli Studi di Catania, con tesi in Diritto Processuale Penale dal titolo "La chiamata in correità. Struttura e Valutazione Probatoria". Abilitata all'esercizio della professione forense il 30/09/2016 con votazione 405/420.