Il Termine a difesa per il nuovo difensore dell’imputato

In materia di termine a difesa, l’art. 108 comma 1 c.p.p. dispone: “Nei casi di rinuncia, di revoca, di incompatibilità, e nel caso di abbandono, il nuovo difensore dell’imputato o quello designato d’ufficio che ne fa richiesta ha diritto a un termine congruo, non inferiore a sette giorni, per prendere cognizione degli atti e per informarsi sui fatti oggetto del procedimento“.

Il termine a difesa può essere inferiore a 7 giorni solo ove vi sia consenso dell’imputato o del difensore, o se vi siano specifiche esigenze processuali che possono determinare la scarcerazione dell’imputato o la prescrizione del reato. In tale caso il termine non può comunque essere inferiore a 24 ore (cfr. comma 2).

La previsione di cui all’art. 108 c.p.p.. costituisce norma di stretta interpretazione, dettata a tutela dell’imputato che abbia un solo difensore; ne consegue che essa non trova applicazione nel caso in cui l’imputato nomini, nell’immediatezza dell’udienza, un secondo difensore di fiducia, nominato in aggiunta al precedente.

La concessione del termine a difesa di cui all’art. 108 c.p.p. presuppone, inoltre, una specifica richiesta del difensore e qualora essa manchi non sussiste l’obbligo del giudice di disporla d’ufficio, considerato che, in tal caso, imprescindibili esigenze di buona organizzazione e di ragionevole durata del processo ne esigono la prosecuzione.

Si è, altresì chiarito, al riguardo, che nel caso in cui il nuovo difensore nominato il giorno prima dell’udienza in sostituzione del difensore revocato, faccia richiesta di termini a difesa, il provvedimento di diniego, posto in violazione dell’art. 108 c.p.p., integra una nullità a regime intermedio ai sensi dell’art. 178 lett. c) e 180 c.p.p., in quanto attiene all’assistenza dell’imputato, ma non deriva dall’assenza del difensore, sicché deve essere dedotta, a pena di decadenza, entro il termine di cui all’art. 182, comma 2, c.p.p. e, quindi, al più tardi, immediatamente dopo il compimento dell’atto nullo, costituito, nell’ipotesi data, dal provvedimento di diniego del termine in questione.

Pubblicato da Valeria Citraro

Laureata in Giurisprudenza con 108/110 presso l'Università degli Studi di Catania, con tesi in Diritto Processuale Penale dal titolo "La chiamata in correità. Struttura e Valutazione Probatoria". Abilitata all'esercizio della professione forense il 30/09/2016 con votazione 405/420.