Termini di custodia cautelare artt. 303 – 305 c.p.p.

La disciplina dei termini di custodia cautelare (di rilievo costituzionale, atteso che l’art. 13 comma 5 Cost. sancisce che “la legge stabilisce i limiti massimi della carcerazione preventiva“) è dal Legislatore racchiusa agli articoli 303 – 305 del codice di procedura e sottoposta al  principio della “segmentazione” in relazione alle diverse fasi procedimentali ed alla gravità dei reati per cui si procede.

Preliminarmente occorre distinguere i termini di durata della custodia cautelare in: termini “intermedi” (o “di fase”),  termini “complessivi” e termini “complessivi massimi” (o complessivo finale, che dir si voglia).

I termini di fase della custodia cautelare, come si desume dalla loro stessa denominazione, prevedono un termine per ciascuna fase del processo; sono autonomi e reciprocamente indipendenti tra loro, nel senso che – in linea generale – i termini non esauriti in una fase processuale non sono cumulabili con quelli della fase successiva.

I termini complessivi di durata della misura custodiale, invece, sono calibrati sull’intera durata del processo e per il loro computo si deve tenere conto di eventuali cause di sospensione  (v. art. 304 c.p.p).

Il termine complessivo “massimo” è invece il termine massimo di durata di una misura, che non può e non deve essere superato neppure in caso di sospensioni o proroga.

I termini (di fase, complessivi e massimi) variano a seconda del tipo di misura (coercitive custodiali, coercitive non custodiali, interdittive) e differiscono tra loro anche sulla base della tipologia e gravità del reato.

I termini di fase di custodia cautelare

Guardando ai termini di fase, l’art. 303 comma 1 dispone che la custodia cautelare perde efficacia quando:

a) (fase delle indagini) dall’inizio della sua esecuzione sono decorsi i seguenti termini senza che sia stato emesso il provvedimento che dispone il giudizio o l’ordinanza con cui il giudice dispone il giudizio abbreviato ai sensi dell’articolo 438, ovvero senza che sia stata pronunciata la sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti:

  1. 3 mesi, quando si procede per un delitto per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione non superiore nel massimo a sei anni;
  2. 6 mesi, quando si procede per un delitto per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione superiore nel massimo a sei anni, salvo quanto previsto dal numero 3);
  3. 1 anno, quando si procede per un delitto per il quale la legge stabilisce la pena dell’ergastolo o la pena della reclusione non inferiore nel massimo a venti anni ovvero per uno dei delitti indicati nell’articolo 407 comma 2 lettera a), sempre che per lo stesso la legge preveda la pena della reclusione superiore nel massimo a sei anni.

b) (fase del giudizio) dall’emissione del provvedimento che dispone il giudizio o dalla sopravvenuta esecuzione della custodia sono decorsi i seguenti termini, senza che sia stata pronunciata sentenza di condanna di primo grado:

  1. 6 mesi, quando si procede per un delitto per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione non superiore nel massimo a sei anni;
  2. 1 anno, quando si procede per un delitto per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione non superiore nel massimo a venti anni, salvo quanto previsto dal numero 1;
  3. 1 anno e sei mesi, quando si procede per un delitto per il quale la legge stabilisce la pena dell’ergastolo o la pena della reclusione superiore nel massimo a venti anni;

Qualora si proceda per i delitti di cui all’articolo 407, comma 2, lettera a), i termini di cui ai numeri 1), 2) e 3) sono aumentati fino a 6 mesi. Tale termine è imputato a quello della fase precedente ove non completamente utilizzato, ovvero ai termini di cui alla lettera d) per la parte eventualmente residua. In quest’ultimo caso i termini di cui alla lettera d) sono proporzionalmente ridotti.

b-bis) (fase del giudizio in caso di scelta dell’ abbreviato) dall’emissione dell’ordinanza con cui il giudice dispone il giudizio abbreviato o dalla sopravvenuta esecuzione della custodia sono decorsi i seguenti termini senza che sia stata pronunciata sentenza di condanna ai sensi dell’articolo 422:

  1. 3 mesi, quando si procede per un delitto per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione non superiore nel massimo a sei anni;
  2. 6 mesi, quando si procede per un delitto per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione non superiore nel massimo a venti anni, salvo quanto previsto nel numero 1;
  3. 9 mesi, quando si procede per un delitto per il quale la legge stabilisce la pena dell’ergastolo o la pena della reclusione superiore nel massimo a venti anni;

c) (fase dell’appello) dalla pronuncia della sentenza di condanna di primo grado o dalla sopravvenuta esecuzione della custodia sono decorsi i seguenti termini senza che sia stata pronunciata sentenza di condanna in grado di appello:

  1. 9 mesi, se vi è stata condanna alla pena della reclusione non superiore a tre anni;
  2. un anno, se vi è stata condanna alla pena della reclusione non superiore a dieci anni;
  3. un anno e 6 mesi, se vi è stata condanna alla pena dell’ergastolo o della reclusione superiore a dieci anni;

d) (fase ultima – ricorso in Cassazione) dalla pronuncia della sentenza di condanna in grado di appello o dalla sopravvenuta esecuzione della custodia sono decorsi gli stessi termini previsti dalla lettera c) senza che sia stata pronunciata sentenza irrevocabile di condanna, salve le ipotesi si proceda per i delitti di cui all’articolo 407, comma 2, lettera a). Tuttavia, se vi è stata condanna in primo grado, ovvero se l’impugnazione è stata proposta esclusivamente dal pubblico ministero, si applicano soltanto quanto i termini complessivi  individuati nel comma 4 dell’art. 303 c.p.p.

Il 2 o 3 comma dell’art. 303 c.p.p. prevedono due specifiche ipotesi in cui i termini di fase riprendano a decorrere ab initio, ovvero quando:

  • l’imputato/indagato commetta evasione ai sensi dell’art. 385 c.p.: in tal caso il termine di fase ricomincia a decorrere dal momento in cui viene ripristinata la misura;
  • il procedimento regredisca a una fase o a un grado di giudizio diversi ovvero sia rinviato ad altro giudice: in questo caso il termine di fase ricomincia a decorrere dalla data del provvedimento che dispone il regresso o il rinvio.

I termini complessivi di custodia cautelare

I termini di durata complessiva della custodia cautelare (cioè calcolati sull’intero processo e non per fase), considerate anche eventuali proroghe (v. art. 305 c.p.p.), sono previsti al comma 4 dell’art. 303 c.p.p.; così individuati:
a) 2 anni, quando si procede per un delitto per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione non superiore nel massimo a 6 anni;
b) 4 anni, quando si procede per un delitto per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione non superiore nel massimo a 20 anni, salvo quanto previsto dalla lettera a);
c) 6 anni, quando si procede per un delitto per il quale la legge stabilisce la pena dell’ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a 20 anni.

I termini di durata massima complessiva li troviamo invece al comma 6 dell’art. 304 c.p.p., a tenore del quale la durata della custodia cautelare non può comunque superare il doppio dei termini previsti per ciascuna fase, mentre i termini complessivi stabiliti per l’intera durata del processo non possono essere aumentati di oltre la metà (o se più favorevole, di due terzi del massimo della pena temporanea prevista per il reato per cui si procede o ritenuto in sentenza.

Proroga dei termini di custodia cautelare

I termini di fase e complessivi possono essere, su richiesta del PM, prorogati dal Giudicecon ordinanza – ricorribile in Cassazione ex art. 311 c.p.p. -, per esigenze investigative o quando debba farsi luogo a una perizia per la capacità di mente dell’imputato (cfr. art. 305 comma 1 c.p.p.). La proroga è rinnovabile una sola volta e può essere disposta in ogni stato e grado del processo.

Cause di sospensione dei termini di custodia cautelare

Oltre l’istituto della proroga, a incidere sulla durata della custodia cautelare vi è anche la sospensione dei termini. Dispone l’art. 304 comma 1 c.p.p. che i termini previsti dall’articolo 303 (rectius termini di fase e complessivi) sono sospesi, con ordinanza appellabile a norma dell’articolo 310, nei seguenti casi:

a) nella fase del giudizio, durante il tempo in cui il dibattimento è sospeso o rinviato per impedimento dell’imputato o del suo difensore  ovvero su richiesta dell’imputato o del suo difensore, sempre che la sospensione o il rinvio non siano stati disposti per esigenze di acquisizione della prova o a seguito di concessione di termini per la difesa;

b) nella fase del giudizio, durante il tempo in cui il dibattimento è sospeso o rinviato a causa della mancata presentazione, dell’allontanamento o della mancata partecipazione di uno o più difensori che rendano privo di assistenza uno o più imputati;

c) nella fase del giudizio, durante la pendenza dei termini previsti dall’articolo 544 commi 2 e 3;

c-bis) nel giudizio abbreviato, durante il tempo in cui l’udienza è sospesa o rinviata per taluno dei casi indicati nelle lettere a) e b) e durante la pendenza dei termini previsti dall’articolo 544, commi 2 e 3.

A causa di queste sospensioni, i termini di fase possono essere raddoppiati e può essere superato anche il termine complessivo, fermo restando, in ogni caso, che questo ultimo termine non può essere superato in misura superiore alla metà.

Decorrenza dei termini di custodia cautelare

I termini o, come si legge nell’art. 297 comma 1 c.p.p., gli effetti della custodia cautelare decorrono “dal momento della cattura, dell’arresto o del fermo”, cioè dal momento in cui l’ordinanza ha materiale esecuzione. L’art. 297 comma 3 c.p.p. ipotizza il caso in cui nei confronti di un imputato vengono emesse nel medesimo processo più ordinanze per lo stesso fatto o per reati connessi ( il cosiddetto problema delle contestazioni a catena). In questo caso i termini decorrono dal giorno in cui è stata eseguita o notificata la prima ordinanza.

Pubblicato da Valeria Citraro

Laureata in Giurisprudenza con 108/110 presso l'Università degli Studi di Catania, con tesi in Diritto Processuale Penale dal titolo "La chiamata in correità. Struttura e Valutazione Probatoria". Abilitata all'esercizio della professione forense il 30/09/2016 con votazione 405/420.