Utilizzo indebito di carta di credito o di pagamento

Il delitto di utilizzo indebito di carta di credito consiste nel fatto di “chiunque,  al  fine  di  trarne  profitto  per sé o per altri, indebitamente utilizza, non essendone titolare, carte di credito o di pagamento,  ovvero  qualsiasi  altro documento analogo che abiliti al prelievo di denaro contante o all’acquisto di beni o alla prestazione di servizi”; o di chi, allo stesso scopo, “falsifica o altera carte di credito  o  di  pagamento  o  qualsiasi  altro  documento analogo che abiliti  al prelievo di denaro contante o all’acquisto di beni o alla prestazione di servizi, ovvero possiede, cede o acquisisce tali carte o   documenti  di  provenienza  illecita  o  comunque  falsificati  o alterati, nonche’ ordini di pagamento prodotti con essi” (Art. 55 comma 9 d.lgs. 231/2007).

Con l’entrata in vigore del d.lgs. 21/2018 con cui viene data attuazione al principio di “riserva di codice”, sono state “spostate” all’interno del codice penale una serie di fattispecie tra cui quella di indebito utilizzo e falsificazione di carte di credito e di pagamento, oggi collocata nell’art. 493-ter c.p.

Si tratta di un reato comune e di pericolo, posto a tutela del mercato finanziario e inserito nel titolo sui delitti contro la fede pubblica. La collocazione del reato presuppone che il bene giuridico tutelato sia proprio la fede pubblica, ossia la fiducia riposta dalla collettività in un determinato simbolo, atto giuridico o oggetto su cui si ripone il massimo affidamento per ipotizzare la certezza, sicurezza e rapidità dei traffici giuridici.

L’utilizzo è “indebito”  quando effettuato da chi non è il titolare della carta, in mancanza del consenso ovvero contro la volontà del legittimo possessore. Per quanto riguarda la falsificazione e l’alterazione, invece, potrà essere soggetto attivo anche il titolare medesimo della carta che ne modifichi dati fondamentali (come limiti quantitativi o temporali). È ugualmente punibile chi possiede, cede o acquisisce tali carte o documenti di provenienza illecita o comunque falsificati o alterati, nonché ordini di pagamento prodotti con essi.

Per consumare il suddetto delitto non è indispensabile il materiale possesso della carta di credito o di pagamento essendo anche solo sufficiente il possesso dei codici della stessa carta e dei codici personali utilizzati a fini di profitto personale od anche a vantaggio di terzi. Pertanto la condotta di chi effettui operazioni di pagamento mediante una carta di credito o di pagamento di cui non risulti titolare anche senza il materiale possesso della carta stessa ma utilizzando il numero ed i codici personali della medesima carta di cui è venuto illegittimamente in possesso integra il delitto utilizzo indebito di carta di credito o di pagamento (Cass. 55438/2018).

Il reato si consuma nel momento in cui vengono utilizzate le carte e, rispettivamente,  falsificate o cedute a terzi. Non è richiesto l’effettivo conseguimento di un profitto, purché venga accertato il dolo specifico. Si è così affermato che anche la digitalizzazione casuale di sequenze numeriche da parte di soggetto sprovvisto di codice PIN  di una carta di provenienza illecita integri la fattispecie (Cass. 17923/2018).

Il 2° comma dell’art. 493 ter introduce un’ipotesi di confisca obbligatoria delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato, nonché del profitto o del prodotto, in caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell’art. 444 c.p.p.; qualora non sia possibile, si procede alla confisca di valore o c.d. per equivalente.

La condotta punita presenta affinità con altre norme incriminatrici; oltre al delitto di ricettazione, possono infatti venire in rilievo il delitto di frode informatica o il di appropriazione indebita.

Sui rapporti tra l’art. 493 ter e l’art. 649 si rinvia a: Indebito utilizzo e falsificazione di carte di credito: punibili anche i congiunti conviventi?

Pubblicato da Valeria Citraro

Laureata in Giurisprudenza con 108/110 presso l'Università degli Studi di Catania, con tesi in Diritto Processuale Penale dal titolo "La chiamata in correità. Struttura e Valutazione Probatoria". Abilitata all'esercizio della professione forense il 30/09/2016 con votazione 405/420.