Violenza sessuale ex art. 609 bis codice penale

L’art. 609 bis c.p. – “Violenza sessuale” – punisce con la reclusione da 5 a 10 anni chi, mediante violenzaminaccia o abuso di autorità, costringe taluno a compiere o subire atti sessuali (c.d violenza sessuale per costrizione).

Alla stessa pena soggiace anche chi induce taluno a compiere o subire atti sessuali abusando delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della vittima, ovvero traendo in inganno la stessa sostituendosi ad altra persona (c.d. violenza sessuale per induzione).

La violenza sessuale è un reato comune, potendo essere commesso da chiunque, senza la necessità che il soggetto attivo rivesta qualche particolare qualifica.

Dal punto di vista oggettivo, il delitto previsto dall’art. 609 bis è integrato da ogni costrizione o induzione a subire un atto sessuale, da intendere non esclusivamente come congiunzione carnale.

Nel concetto di atti sessuali deve invece ricomprendersi ogni atto comunque coinvolgente la corporeità della persona offesa e posto in essere con la coscienza e volontà di compiere un atto invasivo della sfera sessuale di una persona non consenziente. Anche un bacio o un abbraccio sono idonei a compromettere la libertà sessuale dell’individuo, qualora, in considerazione della condotta complessiva, del contesto in cui l’azione si è svolta, dei rapporti intercorrenti tra le persone coinvolte, emerga una indebita compromissione della sessualità del soggetto passivo.

In tale nozione vengono, pertanto, ricompreseidiverse tipologie di atti, che possono riguardare zone erogene differenti, dal momento che il legislatore ha adottato una definizione onnicomprensiva, sostitutiva di quella vigente in precedenza e che era incentrata sulla distinzione tra congiunzione carnale (intesa come qualsiasi forma di compenetrazione corporale che consenta il coito o un equivalente abnorme di esso), ed atti di libidine violenti (intesi come ogni forma di contatto corporeo diversa dalla penetrazione, che, per le modalità con cui si svolge, costituisca inequivoca manifestazione di ebbrezza sessuale).

Il delitto di violenza sessuale è a forma vincolata, posto che il fatto di reato consiste necessariamente nel compimento di atti sessuali in contrasto con la volontà del soggetto passivo, mediante:

  • costrizione, realizzata per mezzo di violenza, minaccia o abuso di autorità,
  • induzione, attuata mediante abuso delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa o mediante inganno, per essersi il colpevole sostituito ad altra persona.

Laddove manchi il dissenso e la persona sia consenziente viene meno la tipicità del fatto. Più in dettaglio, per poter parlare di rapporto sessuale lecito, il consenso deve perdurare per tutta la durata dello stesso e non solo all’inizio, integrandosi dunque il delitto in esame quando il consenso originariamente prestato venga meno a causa di un ripensamento o a causa della non condivisione delle modalità di consumazione del rapporto.

Dal punto di vista soggettivo, il delitto di cui all’art. 609 bis c.p. è punibile a titolo di dolo generico, essendo richiesta la consapevolezza di compiere atti sessuali costringendo o inducendo la vittima a subirli contro il proprio volere. È indifferente il fine specifico dell’aggressore: l’atto sessuale può essere compiuto per dare mero sfogo alla propria libidine, per vendetta, per un morboso innamoramento, etc.

Il reato di violenza sessuale è di mera condotta e si consuma nel momento e nel luogo in cui è compiuto l’atto sessuale. Configurabile il tentativo.

Nel caso di più atti sessuali, deve ritenersi che ci si trovi innanzi ad atti comunque distinti e uniti dal vincolo della continuazione, indipendentemente dal fatto che il contesto di azione sia unico.

L’ultimo comma dell’art. 609 bis prevede infine che “nei casi di minore gravità la pena è diminuita in misura non eccedente i due terzi” (circostanza attenuante ad effetto speciale ex art. 63 c.p.).

Al contrario, il reato è caratterizzato da una serie di aggravanti specifiche fissate nell’art. 609 ter c.p., il quale prevede che la pena sia della reclusione da 6 a 12 anni se il fatto descritto nell’art. 609 bis è commesso:

1) nei confronti di persona che non ha compiuto gli anni 14;

2) con l’uso di armi o di sostanze alcoliche, narcotiche o stupefacenti o di altri strumenti o sostanze gravemente lesivi della salute della persona offesa;

3) da persona travisata o che simuli la qualità di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio;

4) su persona comunque sottoposta a limitazioni della libertà personale;

5) nei confronti di persona che non ha compiuto gli anni 16 della quale il colpevole sia l’ascendente, il genitore anche adottivo, il tutore;

5-bis) all’interno o nelle immediate vicinanze di istituto d’istruzione o di formazione frequentato dalla persona offesa;

5-ter) nei confronti di donna in stato di gravidanza;

5-quater) nei confronti di persona della quale il colpevole sia il coniuge, anche separato o divorziato, ovvero colui che alla stessa persona è o è stato legato da relazione affettiva, anche senza convivenza;

5-quinquies) se il reato è commesso da persona che fa parte di un’associazione per delinquere e al fine di agevolarne l’attività;

5-sexies) se il reato è commesso con violenze gravi o se dal fatto deriva al minore, a causa della reiterazione delle condotte, un pregiudizio grave.

La pena è della reclusione da 7 a 14 anni se il fatto è commesso nei confronti di persona che non ha compiuto gli anni 10.

Il delitto di violenza sessuale è procedibile soltanto a querela di parte, da proporsi entro 6 mesi dalla commissione del fatto. La querela, una volta sporta, è irrevocabile.

Si procede invece d’ufficio:

1) se la violenza è commessa nei confronti di persona che al momento del fatto non ha compiuto gli anni 18;

2) se il fatto è commesso dall’ascendente, dal genitore, anche adottivo, o dal di lui convivente, dal tutore ovvero da altra persona cui il minore è affidato per ragioni di cura, di educazione, di istruzione, di vigilanza o di custodia o che abbia con esso una relazione di convivenza;

3) se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio nell’esercizio delle proprie funzioni;

4) se il fatto è connesso insieme ad altro delitto per il quale si procede d’ufficio;

5) se il fatto è commesso nei confronti di chi non ha compiuto nemmeno 10 anni.

Infine, sempre al fine di garantire la maggiore tutela possibile alle vittime di questo reato, la persona offesa può essere ammessa al gratuito patrocinio, anche in deroga ai normali limiti di reddito previsti dalla legge.

Pubblicato da Valeria Citraro

Laureata in Giurisprudenza con 108/110 presso l'Università degli Studi di Catania, con tesi in Diritto Processuale Penale dal titolo "La chiamata in correità. Struttura e Valutazione Probatoria". Abilitata all'esercizio della professione forense il 30/09/2016 con votazione 405/420.