L’uso della violenza della maestra d’asilo, se non occasionale, integra il più grave delitto di maltrattamenti

L’uso della violenza da parte di una maestra d’asilo nei confronti dei bambini, se non occasionale, rientra nel gravissimo reato di maltrattamenti in famiglia e non è mero abuso di mezzi di correzione.

La Corte, prima di dare al fatto una diversa qualificazione giuridica rispetto a quella del giudice del gravame, rileva come tale possibilità, sancita dall’art. 521 c.p.p. in ordine alla correlazione fra accusa e sentenza, deve rispettare i princìpi del contraddittorio anche ai sensi dell’art. 6 della C.E.D.U., come interpretato dalla Corte di Strasburgo e, prima ancora, dall’art. 111 della Costituzione, affinché tale difforme inquadramento giuridico non avvenga “a sorpresa”, ma dando all’imputato ed al suo difensore, nella fase di merito, la possibilità di interloquire in ordine al contenuto dell’imputazione, anche attraverso l’ordinario rimedio del gravame.

Trattandosi, nel caso di specie, del ripristino dell’originario inquadramento giuridico dei fatti ascritti dal giudice del primo, proprio perchè conforme all’iniziale contestazione, non comporta alcuna lesione del diritto di difesa, che sul punto ha avuto ampiamente modo di far valere le proprie ragioni.

Tanto premesso, la Corte rileva come la giurisprudenza di legittimità ha da tempo avuto modo di affermare e ribadire che “L’uso sistematico della violenza, quale ordinario trattamento del minore, anche lì dove fosse sostenuto da animus corrigendi, non può rientrare nell’ambito della fattispecie di abuso dei mezzi di correzione, ma concretizza, sotto il profilo oggettivo e soggettivo, gli estremi del più grave delitto di maltrattamenti” (così, da ultimo, Sez. 6, sent. n. 53425 del 22.10.2014, Rv. 262336 e n. 36564 del 10.05.2012, Rv. 253463). “Con riguardo ai bambini il termine correzione va assunto come sinonimo di educazione, con riferimento ai connotati intrinsecamente conformativi di ogni processo educativo. In ogni caso non può ritenersi tale ‘uso della violenza finalizzato a scopi educativi: ciò sia per il primato che l’ordinamento attribuisce alla dignità della persona, anche del minore, ormai soggetto titolare di diritti e non più, come in passato, semplice oggetto di protezione (se non addirittura di disposizione) da parte degli adulti; sia perchè non può perseguirsi, quale meta educativa, un risultato di armonico sviluppo di personalità, sensibile ai valori di pace, di tolleranza, di connivenza, utilizzando un mezzo violento che tali fini contraddice. Ne consegue che l’eccesso di mezzi di correzione violenti non rientra nella fattispecie dell’art. 571 c.p. (abuso di mezzi di correzione) giacchè intanto è ipotizzabile un abuso (punibile in maniera attenuata) in quanto sia lecito l’uso” (così Sez. 6, sent. n. 4904 del 18.03.1996, Rv. 205033).

Nè, del resto, potrebbe correttamente ipotizzarsi il difetto del requisito fondante dell’abitualità della condotta vessatoria alla stregua del limitato numero di violenze di cui ciascun bambino, singolarmente considerato, è stato fatto oggetto: a tale ultimo riguardo occorre infatti considerare che ciascuna delle azioni poste in essere dall’agente costituisce un singolo segmento, un elemento della serie che, complessivamente riguardata, integra la condotta tipica delineata dalla norma incriminatrice. In siffatta ipotesi, le angherie e le violenze consumate in danno del singolo individuo si ripercuotono necessariamente anche nei confronti degli altri componenti della medesima comunità, accomunati dall’identità della loro posizione, così generando quello stato di disagio psicologico e morale, a sua volta causativo di una condizione di abituale e persistente sofferenza, che costituisce l’in sè della nozione di “maltrattamenti” e che il minore non ha alcuna possibilità, nè materiale nè morale, di risolvere da solo.

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Pubblicato da Valeria Citraro

Laureata in Giurisprudenza con 108/110 presso l'Università degli Studi di Catania, con tesi in Diritto Processuale Penale dal titolo "La chiamata in correità. Struttura e Valutazione Probatoria". Abilitata all'esercizio della professione forense il 30/09/2016 con votazione 405/420.