Le Sezioni Unite chiariscono la nozione di privata dimora: non comprende i luoghi di lavoro

Nella nozione di privata dimora ex art. 624 bis c.p. sono ricompresi anche gli esercizi commerciali, gli studi professionali, gli stabilimenti industriali e, in generale, i luoghi di lavoro, specie ove l’azione delittuosa sia posta in essere in orario di chiusura al pubblico della sede lavorativa?

La giurisprudenza è divisa sul punto.

Secondo un primo orientamento, prevalente, per privata dimora deve intendersi qualsiasi luogo che serva all’esplicazione di atti della vita privata, compresi attività lavorative, professionali, culturali, politiche.

Secondo altro orientamento, invece, tali luoghi esulano dalla nozione di  privata dimora consentendo l’accesso al pubblico, ad eccezione dei locali annessi o accessori in cui l’ingresso è, appunto, inibito senza autorizzazione del titolare dell’esercizio.

Sullo sfondo è dato poi rilevare una serie di orientamenti “intermedi”, secondo i quali non rileva l’accessibilità al pubblico in astratto ma in concreto, dovendo farsi quindi riferimento al momento dell’azione delittuosa (se cioè questa è avvenuta durante l’orario di chiusura o meno).

A risolvere il suddetto contrasto sono, allora, intervenute le Sezioni Unite, giusta ordinanza di rimessione del 19 dicembre 2016 emessa dalla Quinta Sezione della Corte di Cassazione, le quali – con sentenza 23 marzo 2017 (depositata il 22.06.2017), n. 31345 – hanno dato al quesito emarginato in incipit risposta negativa.

La nozione di privata dimora non rileva solo nell’art. 624 bis c.p., ma anche in altre norme sia sostanziali (es. art. 614, 615, 615 bis, 628 c. 3 c.p.) sia processuali (es. art. 266 c. 2 c.p.p.). Secondo l’orientamento maggioritario, tale nozione è certamente più ampia di quella di abitazione, tale da potervi ricomprendere – secondo un’interpretazione estensiva – tutti i luoghi, non pubblici, nei quali le persone si trattengano per compiere, anche in modo transitorio e contingente, atti della vita privata. Si è così ritenuto configurabile il delitto previsto dall’art. 624 bis in ordine al furto commesso all’interno di un ristorante o di un tabacchi in orario di chiusura, in uno studio odontoiatrico, all’interno di un ripostiglio di un esercizio commerciale, etc.

Tuttavia, a parere delle Sezioni Unite, tale orientamento si pone in contrasto con la lettera e la ratio della norma. Non può dubitarsi che la nozione di privata dimora sia più ampia di quella di abitazione. Tuttavia, l’avere il Legislatore adoperato questa particolare espressione ha un indubbio valore sul piano interpretativo.

Dimora, secondo i dizionari della lingua italiana, è il luogo in cui una persona attualmente abita e permane. La parola deriva, infatti, dal latino morari, che implica il fermarsi, il trattenersi, il soggiornare.

Nella descrizione della fattispecie, inoltre, l’espressione “privata dimora” è preceduta dalle parole “in un edificio o in altro luogo destinato in tutto o in parte …”: deve quindi trattarsi di un luogo destinato a privato a dimora. Significativamente, la stessa rubrica dell’art. 624 bis è intitolata Furto in abitazione, in perfetta aderenza al significato sopra evidenziato.

Ne consegue che in tale nozione vanno ricompresi i luoghi che, ancorché non destinati allo svolgimento della vita familiare o domestica, abbiano comunque le caratteristiche dell’abitazione (che non possono essere quelle del mero svolgimento in esso di atti della vita privata, bensì quelle della riservatezza e di non accessibilità da parte di terzi senza il consenso dell’avente diritto).

Ebbene, venendo ai luoghi di lavoro, è indiscutibile che al loro interno il soggetto compia atti della vita privata. Ciò non è, tuttavia, sufficiente per affermare che tali luoghi rientrino nella nozione di privata dimora e che, per il reato di furto in essi commessi, trovi applicazione l’art. 624 bis.

I luoghi di lavoro sono, generalmente, accessibili a una pluralità di soggetti, anche senza il preventivo consenso dell’avente diritto. Non può pertanto parlarsi di riservatezza o di necessità di tutela della sfera privata dell’individuo.

La disciplina dettata dall’art. 624 bis c.p. è estensibile ai luoghi di lavoro soltanto se essi abbiano le caratteristiche proprie dell’abitazione; un accertamento, questo, riservato ai giudici di merito, caso per caso.

A conferma di ciò parrebbe militare anche il c. 3 dell’art. 52 c.p., nel quale si afferma che la disposizione di cui al comma secondo si applica anche quando il fatto sia avvenuto all’interno di ogni altro luogo dove venga esercitata un’attività commerciale, professionale o imprenditoriale. Se la nozione di privata dimora comprendesse, indistintamente, tutti i luoghi in cui il soggetto compie atti della vita privata, non vi sarebbe stata alcuna necessità di aggiungere tale terzo comma all’art. 52. Tale aggiunta è stata evidentemente ritenuta necessaria perché, secondo il Legislatore, la nozione di privata dimora non è comprensiva, in generale, dei luoghi di lavoro.

Deve, pertanto, affermarsi il seguente principio di diritto:

Ai fini della configurabilità del delitto previsto dall’art. 624 bis c.p., i luoghi di lavoro non rientrano nella nozione di privata dimora, salvo che il fatto sia avvenuto all’interno di un’area riservata alla sfera privata della persona offesa. Rientrano nella nozione di privata dimora di cui all’art. 624 bis c.p. esclusivamente i luoghi, anche destinati ad attività lavorativa o professionale, nei quali si svolgono non occasionalmente atti della vita privata, e che non siano aperti al pubblico né accessibili a terzi senza il consenso del titolare”.

Scarica la sentenza delle Sezioni Unite n. 31345/2017:

SEZ.UN._sentenza_31345_del_2017

Pubblicato da Valeria Citraro

Laureata in Giurisprudenza con 108/110 presso l'Università degli Studi di Catania, con tesi in Diritto Processuale Penale dal titolo "La chiamata in correità. Struttura e Valutazione Probatoria". Abilitata all'esercizio della professione forense il 30/09/2016 con votazione 405/420.