Riprendere un rapporto sessuale all’insaputa dell’altro con telecamera nascosta: nessun reato per Cass. sez. V n. 22221/17

Riprendere un rapporto sessuale con una telecamera nascosta ed all’insaputa dell’altro è sicuramente un atto poco garbato e socialmente, oltre che moralmente, riprovevole. Tuttavia, non lo è da un punto di vista giuridico. Anzi, si tratta di un atto pienamente lecito. Lo ha affermato la V sezione penale della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 22221/2017, depositata lo scorso 8 maggio.

Del resto, la Corte ha già avuto modo di affermare in passato che «non integra il reato di interferenze illecite nella vita privata (art. 615-bis cod. pen.) la condotta di colui che, mediante l’uso di strumenti di ripresa visiva, provveda a filmare in casa propria rapporti intimi avvenuti con la convivente, in quanto l’interferenza illecita prevista e sanzionata dal predetto art. 615-bis cod. pen. è quella proveniente dal terzo estraneo alla vita privata, e non già quella del soggetto che invece sia ammesso, sia pure estemporaneamente, a farne parte; mentre è irrilevante l’oggetto della ripresa, considerato che il concetto di “vita privata” si riferisce a qualsiasi atto o vicenda della persona in luogo riservato» (Cass., Sez. V, n. 1766/2008 del 28/11/2007, Ra. Ch., Rv 239098).

I principi richiamati meritano ancora piena condivisione, atteso che la norma incriminatrice sanziona i soli comportamenti di interferenza posti in essere da chi, rispetto agli atti della vita privata che ne sono oggetto, risulti estraneo: ergo, chi partecipa, con l’assenso dell’offeso, alla scena in questione (sia essa domestica, intima, o comunque tale da non rendersi percepibile ad una generalità indeterminata di persone) non può essere soggetto attivo del reato.

Non può, essere, infatti conferita decisività alla particolare “privatezza” della scena ripresa: il discrimine tra l’interferenza e la condotta lecita non è dato dalla natura del momento di riservatezza violato, bensì – si ripete – dalla circostanza che il soggetto attivo vi sia o meno estraneo. Perciò, nella fattispecie concreta, il reato non sussiste non già perché le immagini carpite (e certamente non divulgate) riguardavano rapporti sessuali, ma perché l’avente diritto aveva ammesso l’imputato a quella sfera di intimità.

Nè rileva, peraltro, il luogo ove avviene la ripresa: nella propria casa o in quella dell’amante, nel domicilio comune di due conviventi o in una camera d’albergo, il confine tra il lecito e l’illecito non è né il luogo, né il tipo di contenuto della ripresa, ma il fatto che il soggetto che riprende prenda parte al rapporto sessuale. Diverso sarebbe se questi, invece, si limitasse a posizionare la telecamera per riprendere il rapporto tra altre persone, entrambe all’oscuro e non consenzienti.

Attenzione, però. Se riprendere un rapporto sessuale all’insaputa dell’altro non è reato, lo diventa però se il video viene mostrato a terzi o, peggio, diffuso su internet.

Pubblicato da Valeria Citraro

Laureata in Giurisprudenza con 108/110 presso l'Università degli Studi di Catania, con tesi in Diritto Processuale Penale dal titolo "La chiamata in correità. Struttura e Valutazione Probatoria". Abilitata all'esercizio della professione forense il 30/09/2016 con votazione 405/420.