La Cassazione esclude l’ammissibilità del deposito della lista testi a mezzo PEC

Con la sentenza n. 6883, depositata il 14 febbraio 2017 (ud. 26 ottobre 2016), la VI sezione penale della Suprema Corte di Cassazione ha escluso che il deposito della lista testimoniale di cui all’art. 468, comma 1, c.p.p., possa essere effettuato con modalità diverse da quelle previste a pena di inammissibilità. Di conseguenza, in assenza di norme derogatorie o che comunque lo consentano espressamente, al deposito non può procedersi per via telematica, trattandosi di modalità non contemplata dal codice di rito penale.

 La trasmissione della lista a mezzo posta elettronica certificata – si legge nella motivazione della sentenza – onera la cancelleria che la riceve della attività di stampa e materiale deposito dell’atto con modalità nemmeno temporalmente scandite, con conseguente possibilità di ulteriore abbreviazione del termine previsto dall’art. 468 c.p.p., comma 1. La lista testimoniale non è indirizzata solo al giudice, ma anche alle parti che possono chiedere di essere ammessi a prova contraria e devono essere messe in condizione di farlo. L’inesistenza, nel processo penale, di un fascicolo informatico impedisce alle altri parti di accedervi in tempo reale e consultare immediatamente gli atti depositati con modalità telematiche.

Il “deposito telematico”, inoltre, necessita dell’indicazione di regole precise in ordine alle modalità e tempestività dell’adempimento che, previste per il processo civile (D.L. n. 179 del 2012, art. 16 bis, comma 7, cit.), sono del tutto assenti in quello penale.

In termini generali, del resto, la Corte ha già affermato il principio che non è consentito alle parti, pubbliche e private, di effettuare comunicazioni o notificazioni a mezzo posta elettronica certificata, nè adempimenti previsti con modalità la cui osservanza è stabilita a pena di inammissibilità. Si è così sostenuto che nel processo penale alle parti private non è consentito proporre istanza di rimessione in termini a mezzo PEC dal difensore di fiducia dell’imputato (Sez. I, n. 18235 del 28/01/2015, Livisianu, Rv. 263189); nè è consentito proporre ricorso per cassazione o appello a mezzo PEC, perchè le modalità di presentazione e di spedizione dell’impugnazione, disciplinate dall’art. 583 c.p.p., sono tassative ed inderogabili e nessuna norma prevede la trasmissione mediante l’uso della posta elettronica certificata (Sez. IV, n. 18823 del 30/03/2016, Mandato, Rv. 266931). Analogamente, è stata ritenuta inammissibile l’impugnazione cautelare proposta dal P.M. mediante l’uso della posta elettronica certificata, in quanto le modalità di presentazione e di spedizione dell’impugnazione, disciplinate dall’art. 583 c.p.p., esplicitamente indicato dall’art. 309, comma 4, a sua volta richiamato dall’art. 310 c.p.p., comma 2, – e applicabili anche al pubblico ministero sono tassative e non ammettono equipollenti, stabilendo soltanto la possibilità di spedizione dell’atto mediante lettera raccomandata o telegramma, al fine di garantire l’autenticità della provenienza e la ricezione dell’atto, mentre nessuna norma prevede la trasmissione mediante l’uso della PEC (Sez. V, n. 24332 del 05/03/2015, Alamaru, Rv. 263900).

Fonti:

Pubblicato da Valeria Citraro

Laureata in Giurisprudenza con 108/110 presso l'Università degli Studi di Catania, con tesi in Diritto Processuale Penale dal titolo "La chiamata in correità. Struttura e Valutazione Probatoria". Abilitata all'esercizio della professione forense il 30/09/2016 con votazione 405/420.