Sezioni Unite: il limite del triplo della pena più grave ex art. 81 c.p. si applica anche in executivis

Corte di Cassazione a Sezioni Unite

Sentenza n. 28659 ud. 18/05/2017 – deposito del 08/06/2017

Con sentenza depositata l’8 giugno 2017, le Sezioni Unite Penali della Corte di cassazione hanno affermato che in tema di applicazione della continuazione in sede esecutiva il giudice è tenuto, nella (ri)determinazione della pena, al rispetto del limite del triplo della pena stabilita per la violazione più grave previsto dall’art. 81, comma 2, cod. pen. e di quello fissato dall’art. 671, comma 2, cod. proc. pen., costituito dalla somma delle pene inflitte con ciascuna delle decisioni irrevocabili considerate.

Le motivazioni della sentenza n. 28659/2017

È innegabile – si legge nella motivazione della sentenza – che la ratio dell’introduzione dell’art. 671 nel codice di procedura penale vigente sia da rintracciare nell’esigenza di consentire l’applicazione dell’istituto a prescindere dalla sua ‘localizzazione processuale’, con l’ovvia conseguenza, anche solo per questo, dell’irragionevolezza – e quindi dell’incostituzionalità – dell’ipotesi della sottoposizione della disciplina del reato continuato in executivis a criteri di determinazione della pena diversi, e, in ipotesi, più sfavorevoli di quelli previsti in sede di cognizione.

La stessa esegesi dell’art. 671 c.p.p. (rubr. ‘Applicazione della disciplina del concorso formale e del reato continuato’) milita a favore della conclusione della volontà del legislatore di trasposizione integrale in executivis della disciplina della continuazione dettata dall’art. 81, primo e secondo comma, a fronte della quale è irrilevante il mancato richiamo espresso al limite di pena del triplo di quella relativa alla violazione più grave, essendo tale limite implicito nella previsione della possibilità del condannato – o del pubblico ministero – di chiedere al giudice dell’esecuzione l’applicazione di quella disciplina, sempreché non esclusa dal giudice della cognizione: condizione, quest’ultima, che ulteriormente convince che l’istituto è il medesimo, quale che sia il momento, antecedente o successivo al giudicato, della sua applicazione.

Né contrasta con la tesi sposata dalle Sezioni Unite il richiamo, nel comma 2-bis dell’art. 671, alle disposizioni dell’art. 81, quarto comma, che potrebbe ritenersi a sua volta superfluo se in sede esecutiva fosse in toto applicabile la disciplina ex art. 81 cod. pen.

L’applicazione della disciplina del reato continuato in executivis comporta, infatti, la trasposizione in quest’ultima sede dei primi due commi dell’art. 81 (che prevedono il limite del triplo della pena da infliggere per la violazione più grave), donde l’esigenza di richiamare, a conferma dell’indifferenza della fase processuale di applicazione dell’istituto, la deroga al tetto del triplo – quindi ex professo indicato come applicabile anche in executivis – quando i reati-satellite siano commessi da soggetti ai quali sia stata applicata la recidiva prevista dall’art. 99, quarto comma, cod. pen., caso nel quale l’aumento di pena – fermo il solo limite di cui, rispettivamente, al terzo comma dell’art. 81 e al comma 2 dell’art. 671 – non può essere comunque inferiore ad un terzo della pena stabilita per il reato più grave.

Il paventato rischio di sacche di sostanziale impunità è, peraltro, solo apparentemente un problema: da un lato, perché non è esclusivo dell’applicazione della continuazione in sede esecutiva, ponendosi anche nel caso del riconoscimento della continuazione nel giudizio di cognizione, in particolare laddove i reati-satellite siano numerosi e di una certa gravità; dall’altro, perché il sistema prevede addirittura forme di correttivi per ovviare al pericolo opposto, quello cioè di pene eccessivamente elevate, in contrasto con le finalità di rieducazione e di reinserimento sociale.

Ci si riferisce, ad esempio, ai criteri moderatori previsti, rispettivamente, dall’art. 78 cod. pen., inteso al temperamento del principio del cumulo materiale delle pene; dall’art. 66 stesso codice finalizzato a limitare gli aumenti di pena nel caso di concorso di più circostanze aggravanti; o ancora al limite di pena in caso di più circostanze aggravanti tra cui quelle per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa o ad effetto speciale (art. 63, quarto comma, cod. pen.). Finalità che ispira pure la previsione del limite degli aumenti in caso di conversione delle pene pecuniarie (art. 103 legge n. 689 del 1981).

Resta tuttavia da sottolineare come il riconoscimento della continuazione in executivis (non diversamente che nel processo di cognizione), debba necessariamente passare attraverso la rigorosa, approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori – quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spazio-temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita – del fatto che, al momento della commissione del primo reato della serie, i successivi fossero stati realmente già programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici di cui sopra se i successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea, di contingenze occasionali, di complicità imprevedibili, ovvero di bisogni e necessità di ordine contingente, o ancora della tendenza a porre in essere reati della stessa specie o indole in virtù di una scelta delinquenziale compatibile con plurime deliberazioni.

Principio di diritto

‘Il giudice dell’esecuzione, in caso di riconoscimento della continuazione tra più reati oggetto di distinte sentenze irrevocabili, nel determinare la pena è tenuto anche al rispetto del limite del triplo della pena inflitta per la violazione più grave, oltre che del criterio indicato dall’art. 671, comma 2, cod. proc. pen., rappresentato dalla somma delle pene inflitte con ciascuna decisione irrevocabile’.

Pubblicato da Valeria Citraro

Laureata in Giurisprudenza con 108/110 presso l'Università degli Studi di Catania, con tesi in Diritto Processuale Penale dal titolo "La chiamata in correità. Struttura e Valutazione Probatoria". Abilitata all'esercizio della professione forense il 30/09/2016 con votazione 405/420.