Detrazione false spese mediche: è dichiarazione fraudolenta per operazioni inesistenti

Portare in detrazione false spese mediche ai fini IRPEF integra il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 2 d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74). E’ quanto recentemente chiarito dalla III sezione penale della Corte di Cassazione (sentenza n.17126/2018).

Secondo la Cassazione rientrano, infatti, nella nozione di documenti “quelli aventi, ai fini fiscali, valore probatorio analogo alle fatture, tra cui le ricevute fiscali e simili, nonché quei documenti da cui risultino spese deducibili dall’imposta, come, per esempio, le ricevute per spese mediche o per interessi sui mutui e le schede carburanti”.

Inoltre, nel reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, precisano i giudici di P.zza Cavour, la falsità può essere riferita anche all’indicazione dei soggetti con cui è intercorsa l’operazione, intendendosi per “soggetti diversi da quelli effettivi“, ai sensi dell‘art. 1 lett. a), del citato d.lgs., coloro che, pur avendo apparentemente emesso il documento, non hanno effettuato la prestazione, sono irreali, come nel caso di nomi di fantasia, o non hanno avuto alcun rapporto con il contribuente finale.

In relazione al mezzo fraudolento di cui l’agente si avvale per l’indicazione di elementi passivi fittizi, la lettera dell’art. 2 d.lgs. n. 74 del 2000 si riferisce infatti a “fatture o altri documenti per operazioni inesistenti”, mentre l’art. 1, lett. a), dello stesso decreto legislativo specifica che tale locuzione inerisce a quelle fatture o documenti che sono emessi a fronte di operazioni in tutto o in parte inesistenti, o che indicano i corrispettivi o l’imposta sul valore aggiunto in misura superiore a quella reale, ovvero che riferiscono l’operazione a soggetti diversi da quelli effettivi.

Diversamente, la dichiarazione fraudolenta “mediante altri artifici” prevista e sanzionata dall’art. 3 d.lgs. n. 74 del 2000 è costruita invece, essenzialmente, come frode contabile, alla quale deve associarsi un quid pluris artificioso non tipizzato e diverso, pertanto, dall’uso di fatture o altri documenti falsi, integrante – come già detto – l’ipotesi di cui al precedente art. 2.

Pubblicato da Valeria Citraro

Laureata in Giurisprudenza con 108/110 presso l'Università degli Studi di Catania, con tesi in Diritto Processuale Penale dal titolo "La chiamata in correità. Struttura e Valutazione Probatoria". Abilitata all'esercizio della professione forense il 30/09/2016 con votazione 405/420.