L’assunzione della prova dichiarativa in dibattimento: esame incrociato

Le prove orali sono tutte assunte mediante esame incrociato. Tale istituto può definirsi come l’insieme di regole, con le quali le parti pongono direttamente ed oralmente le domande alla persona esaminate.

Il codice del rito si caratterizza per attribuire al Giudice un controllo penetrante sullo svolgimento dell’esame, avendo questi la funzione di assicurare la pertinenza delle domande, la genuinità delle risposte, la lealtà dell’esame e la correttezza delle contestazioni (art. 499, comma 6, c.p.p.).

L’esame incrociato si articola in tre momenti:

  • esame diretto;
  • controesame;
  • e riesame.

L’esame diretto è condotto dalla parte che ha chiesto di interrogare il testimone. Il controesame è eventuale, potendo le parti (diverse da quella che ha chiesto l’assunzione di tale mezzo di prova) porre al teste ulteriori domande, così come rinunciare a tale facoltà. Il riesame è, pertanto, doppiamente eventuale, presupponendo che si sia svolto il controesame e consistendo nella facoltà della parte che condotto l’esame diretto di porre ulteriori domande, una volta completato il controesame delle altre parti.

L’esame diretto tende, di regola,  a rappresentare i fatti conosciuti dal teste. Si presume che l’interrogante conosca già le informazioni che il teste fornirà in dibattimento. Per tale ragione sono vietate le domande suggestive nel corso di tale primo momento in cui si articola l’istituto in commento.

Il controesame può avvenire su fatti o sulla credibilità del testimone (o su entrambi) e tende a far cadere in contraddizione il testimone, e quindi a far perdere credibilità al medesimo, o di ottenere una spiegazione alternativa dei fatti. Diversamente da ciò che è prescritto per l’esame diretto, nel controesame sono ammesse le domande suggestive, avendo lo scopo di saggiare la reazione del testimone e di verificare se questo cada o meno in contraddizione.

La funzione del riesame è, invece, quella di consentire a chi ha introdotto la prova di recuperarne il contenuto atteso, dopo che il controesame ha cercato di metterne in dubbio la coerenza.

L’esame incrociato non può essere interrotto. Le parti, nel corso del suo svolgimento, possono solo presentare delle opposizioni, su cui il Giudice decide immediatamente e senza formalità.

Al termine dell’esame diretto e dell’eventuale controesame e riesame, il Giudice può porre d’ufficio al teste ulteriori domande. In tal caso, le parti, avendo il diritto di concludere l’esame, possono chiedere si rinnovi la sequenza prima esposta (esame diretto – controesame – riesame).

Durante l’esame, sono ammesse domande su fatti specifici, al fine di evitare che il teste venga a rendere in udienza una deposizione previamente imparata a memoria. Sono inoltre vietate le domande nocive, quelle che aggrediscono l’autodeterminazione del teste con evidenti ricadute negative sulla sincerità delle riposte (es. domande intimidatorie).

Il testimone ha l’obbligo penalmente sanzionato di dire la verità (v. art. 372 c.p.). Egli viene previamente invitato a rendere solennemente e pubblicamente una dichiarazione con la quale si impegna a dire la verità (la cui formula è indicata all’art. 497, comma 2). Dopodiché, il Giudice invita il testimone a declinare le proprie generalità.

Al testimone è riconosciuta la facoltà di non deporre:

a) su fatti dai quali potrebbe emergere una sua responsabilità penale (art. 198, comma 2, c.p.p.);

b) su fatti coperti da segreto professionale, d’ufficio o di Stato;

c) o, ancora, nei casi previsti dall’art. 199, quando il teste è prossimo congiunto dell’imputato.

Il codice prevede, all’art. 149 disp. att., una specifica disciplina, volta a far sì che l’esame del testimone avvenga in modo che nel corso dell’udienza nessuna delle persone citate a deporre possa, prima della sua deposizione, comunicare con le altre, con i difensori o consulenti, od assistere alle altre deposizione o all’eventuale esame delle parti del processo. Si tende cioè a tutelare la genuinità della prova.

Le parti sono sottoposte ad esame solo su loro richiesta o con il loro consenso (cfr. art. 208 c.p.p.). Esse non hanno l’obbligo penalmente sanzionato di dire la verità e possono rifiutarsi di rispondere alle domande, ma di ciò ne deve essere fatta menzione nel relativo verbale, posto che tale rifiuto può essere oggetto di valutazione del Giudice ai fini della credibilità del dichiarante.

Determinate deroghe all’esame incrociato sono previste – ex art. 498, comma 4, 4 bis, 4 ter e quater- con riferimento alla testimonianza delle persone vulnerabili, nei confronti cioè dei minorenni, degli infermi di mente o delle persone offese che versino in condizioni di particolare vulnerabilità (ex art. 90 quater c.p.p.).

Pubblicato da Valeria Citraro

Laureata in Giurisprudenza con 108/110 presso l'Università degli Studi di Catania, con tesi in Diritto Processuale Penale dal titolo "La chiamata in correità. Struttura e Valutazione Probatoria". Abilitata all'esercizio della professione forense il 30/09/2016 con votazione 405/420.